Zanzibar History X

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“Dov’è il tuo socio?” mi chiese. Con fare divertito lo guardai fisso negli occhi scandendo la risposta:“Quale? A chi ti riferisci?”. Inclinando la testa mi squadrò di traverso e con voce ferma continuò:”Quello che è scappato in Africa”.

Appoggiandomi alla poltrona riempii il bicchiere con altra birra. C’era un cane spelacchiato che gironzolava tra la polvere. Lo guardai incuriosito prima di rispondere. “Mmm, quello dici. Bhe, non siamo più soci da parecchio. Se lo vai cercando non è da me che avrai informazioni: non ne ho e non ne cerco”.

Mi venne quasi da ridere ripensando alla quantità di persone che il mio vecchio socio, con quella bocca larga, era riuscito a tirarsi dietro. In Tibet ci rimisi 100 dollari perchè, «l’esperto in pietre», si era fatto fregare da un kashmiro con un paio di zaffiri di nessun valore. In Egitto ci rimisi altri 50 dollari per corrompere una guardia all’aeroporto e lasciare che una vertebra di balena arricchisse il suo ego da rigattiere-artista.

Ma posso dire che mi sia andata ancora bene. In Tanzania, anni fa, un suo compagno di bevute dovette rimediare ad un casino ben più grosso quando il “genio” cercò di comprare della tanzanite al mercato nero. Il risultato fu che un paio di gangster locali si presentarono armati dal suo amico,  come uno sciocco rimasto in mezzo, pretendendo che anzichè le pietre acquistasse un sacchetto di polvere d’oro di ignota qualità e provenienza. Il poveretto, che forse se l’era anche cercata fidandosi di quel chiacchierone, ci aveva rimesso mille dollari in cambio di una buona dose di paura.

In Russia la polizia gli ha “ricamato” la faccia per “marchiarlo” per ciò che è. Lo hanno pestato in ogni viaggio tranne quando ero io a fargli da spalla: questo è un mio piccolo vanto.

Ci provò anche con me a mettersi nei casini con un guardia-marina su un pontile in Tanganica al confine con il Congo. Dispersi nel nulla africano sfiorai la rissa con gli scaricatori del porto per tiralo fuori dai guai ma, alla fine, rimisi ogni cosa a posto trascinando quello che voleva fargli la spunta davanti al Capitano del Liemba. Decisamente altri tempi…

“Mi hanno detto che ora fa il ruffiano su un’isola, che se ne va in giro con le sue svastiche sbiascicando ordini come se fosse un autoproclamato gerarca totalitario: insulta i locali chiamandoli ‘negri’ senza rendersi conto che è lui ad essere il ‘negro’ laggiù“.

Io ero distratto nei ricordi ed il tipo continuava a raccontarmi cose per cui avevo perso interesse da tempo: davvero non sapevo dove quel mediocre imbroglione troppo pieno di sè fosse finito. Rigirai i miei pensieri nel bicchiere:”No mister, non ho informazioni su di lui e non ne cerco”.

Il tipo si appoggiò alla seggiola, estrasse un pacchetto di sigarette, una marca straniera che non conoscevo. La accese e tirò una lunga ed avida boccata “Vuoi sapere perchè lo sto cercando?” Risi divertito “Per niente!” e poi aggiunsi “Un tempo eravamo grandi amici, almeno da parte mia. Credevo di trovare qualcosa di buono in lui ma temo di essermi sbagliato: ho seminato in un campo arido raccogliendone frutti amari. Ora il solo accostare il suo nome al mio è motivo di fastidio ed imbarazzo: non abbiamo nulla a che spartire, non è alla mia porta che devi bussare per lui”.

Il tipo restò pensieroso a fumare, poi spense la sigaretta ed appoggiandosi ai braccioli si tirò sù. “Capisco” disse “Purtroppo per me non è ancora così. Ma lo sarà presto”. Mi divertì la luce nei suoi occhi e così gli diedi un consiglio: “Ricorda amico: ad andare con i pezzenti prendi solo le pulci. Fatti un bagno e lasciati il fango alle spalle: non ne vale la pena”. Onestamente speravo intensamente che non mi desse retta…

Davide Valsecchi
Tratto da “Racconti nel mazzo”

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