Mondi Impossibili Milano

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Forse è colpa dei Flaghéé dello scorso anno, forse aver attrersato le nostre montagne dormendo all’aperto durante tanti giorni di  pioggia mi ha cambiato. Ora adoro le nuvole gonfie d’acqua, adoro attendere l’arrivo del temporale, sentire l’aria caricarsi, farsi instabile mentre il cielo si trasforma in un tripudio di colori e trasformazioni. Mi fondo nell’attimo che precede la tempesta, nell’attimo che annuncia il cambiamento diventando io stesso parte del mutamento.

Magnifico: essere parte del tutto e sentirsi distinto da ogni cosa osservando le nuvole ed il mondo sciogliersi in un tutt’uno. Sentirsi vivo e saldo nello scontro tra terra e cielo.

Camminavo per Milano, aspettavo che una ragazza finisse il proprio lavoro bighellonando attraverso le vie del centro intorno al Duomo. Era ormai pomeriggio ma il tramonto era ancora distante e le strade erano piene di turisti, di gente a passeggio.

Un flusso omogeneo di persone distratte e vocianti affollava ogni dove, poi la prima goccia. Mi sono fermato immobile nel mio peregrinare solitario ed ho iniziato a guardarmi intorno, ad ascoltare ed osservare. La pioggia sottile sembrava avere sorpreso l’umanità indaffarata e svagata nelle proprie faccende, il cielo ricordava loro di essere vivo e questa inaspettata riscoperta agitava in modo disordinato la massa che gremiva la piazza.

Erano solo poche goccie, un cortese e delicato preambolo di ciò che il cielo può liberare ma la gente già cercava un riparo, affrettava il passo borbottando. Io ho alzato la sguardo, ho gardato oltre le sagome dei palazzi ed ho ammirato le nuvole aspettando immobile la loro benedizione: “Se vuoi trovare l’arcobaleno devi saper tener testa alla pioggia.”

Davide Valsecchi

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