Sgretolasso, la Zabetta e le false promesse

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Squilla il telefono, ancora un po’ addormentato rispondo, è una voce di donna che riconosco: “Ciao, scusa il disturbo, ho scritto un’appello su La Provincia ma nessuno sembra darmi risposta: io sono caduta due anni fa sopra al Punt di Gubit quando cedeva la strada…”. Rimetto insieme i pezzi ed ascolto, perchè è soprattutto di essere ascoltate che le persone hanno bisogno: “Io mi sono fidata, ho creduto a quello che mi hanno detto. Avevano promesso che la loro assicurazione mi avrebbe risarcito e dopo tutto quello che ho passato il loro legale si è pronunciato dicendo che è stata colpa mia perchè dovevo guardare dove mettevo i piedi…”

Piano piano ricordo tutto: quasi due anni fa la piccola stradina pedonale che risale dal Punt di Gubit iniziò a deformarsi, a contorcersi e a riempirsi di crepe ed avvallamenti. Il fenomeno era così intenso e repentino che passando giorno dopo giorno se ne poteva osservare l’evoluzione.

Ad Asso era un periodo caldo dal punto di visto politico e c’erano discussioni e polemiche quasi tutti i giorni (i cedri, il supermercato, le alluvioni). In tutto questo trambusto una signora cadde proprio in quel tratto di strada e, purtroppo, si fece seriamente male. L’Amministrazione comunale si fece subito avanti contattando la signora direttamente in ospedale e dicendosi pronta a far intervenire la propria assicurazione per risarcirla ed aiutarla nelle cure mediche. Rassicurata dalle continue promesse la signora, in buona fede, non portò avanti nessuna azione legale nei confronti del Comune aspettando che fossero le assicurazioni a mettersi d’accordo: “Mi hanno sempre detto che era solo una questione di tempo ma che non c’erano affatto problemi”.

Al telefono mi racconta la sua storia, la ribilitazione, la fisioterapia, il disagio. I medici le hanno riconosciuto un 10% di invalidità permanente provocato dall’incidente ma la sua voce si fa triste ed afflitta quando mi racconta quella che è stata la risposta dell’avvocato del Comune ai suoi solleciti: “Mi hanno sempre promesso, mi hanno sempre sorriso e dopo due anni mi sento dire dal loro avvocato che è colpa mia, che avrei dovuto sapere, che avrei dovuto fare più attenzione a dove mettevo i piedi. Ed ora cerco di guarire ma mi sento stupida, angosciata. Ho dato fiducia ed ora mi sento presa in giro, ingannata e tradita senza motivo: perchè mentirmi e poi rispondermi in questa maniera? In quei giorni, per quieto vivere, avevo dato credito alle loro parole. Non volevo creare un caso. Oggi so che avrei dovuto rivolgermi da subito al mio avvocato. Io non me l’aspettavo, sono persone che conosco da tanto tempo. Che tristezza, Davide…”

Per esperienza so sulla mia pelle cosa si prova nello scoprire che la propria fiducia è stata mal riposta e so cosa significa scontrarsi con le istituzioni locali. La ascolto pensando tra me e me “Perchè non pagano? I soldi sono del comune, dell’assicurazione, non certo loro. Perchè farsi scrupoli? Perchè crearsi rogne risolvibili ancora una volta con soldi altrui, magari facendo anche gli splendidi?”

C’è solo una risposta che mi appare palusibile:“Perchè la responsabiltà non è solo amministrativa ma anche individuale e probabilmente penale”. Il Comune è responsabile dell’incolumità dei cittadini e la strada è rimasta a lungo disagiata e priva di transenne o indicazioni (ed è documentato). Se dovessero ammettere il risarcimento sarebbero chiamati a rispondere anche di questo. La soluzione più semplice, come sempre accade, è cavarsela sulla pelle degli altri: fare la voce grossa e dire “è colpa tua” cercando così di nascondere le colpe proprie.

Se la signora, a botta calda, avesse chiesto al proprio avvocato di inviare dei periti per i rilievi intentando da subito causa al Comune oggi sarebbe stato tutto diverso: basta guardare le foto che raccolsi giorno dopo giorno per rendersi conto della situazione di quella strada.

“Guardare dove si mette i piedi”: un ottimo consiglio, una sottile minaccia, un grosso errore. Da chi non prova vergona per la propria opportunistica ipocrisia non ci si può aspettare nè compresione nè buon senso. Sono stanco di tollerare gente simile.

Questa signora in cerca di aiuto si è rivolta prima ad un legale, alla legge, poi al più diffuso quotidiano della nostra provincia, alla comunità, ed infine ha chiamato me: qualcosa su cui riflettere e di cui essere onorato. Publio Virgilio Marone, poeta latino amante del Lario, una volta scrisse “Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo”:  se non posso muovere i Celesti, smuoverò gl’Inferi. Bene, andremo fino in fondo ancora una volta e ad oggi non si è mai perso.

Nessun assese deve essere lasciato solo: se accadesse questo saremmo un gregge di pecore che si nascondono e non una comunità. Chi dovrebbe guidarci e tutelarci si è dimostrato negli anni la causa dei problemi che affliggono il paese: ancora una volta siamo chiamati a dimostrare se vi è orgoglio nell’essere di Asso o se davvero siamo i “peggiori” della valle come spesso si sente dire.

“Cima”, così come spero i suoi lettori ed i mei concittadini, si farà carico di seguire tutta questa storia cercando di fare chiarezza, anche davanti al giudice se necessario. Lungo la strada verso la giustizia nessuno deve sentirsi tradito dal proprio paese o ignorato dalla propria gente.

“Vi sono momenti nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre.” Domani potreste essere Voi ad avere bisogno: vediamo di che pasta è fatta la gente di Asso.

Io ho parlato: ora tocca a Voi raccontare la Vostra e diffondere perchè tutti sappiano.

Davide Valsecchi

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