Inseguendo l’alba

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Io e “SilverHorse” non ballavamo insieme da oltre dieci anni. La mia meravigliosa “vintage” MountainBike mi fu regalata quando avevo 19 anni, più o meno nel ’95 e quindi quasi vent’anni fa. Era una delle prime biciclette con il telaio in alluminio e per questo esibiva una magnifica livrea argentea.

Tecnologia del passato, telaio rigido senza ammortizzatori, ma con lei all’epoca avevo affrontato tutte le salite che oggi sono considerate “classiche”: una compagna d’avventura incredibile!  Quando poi mi trasferii a Milano per l’Università le occasioni divennero meno e piano piano “SilverHorse” iniziò a prendere polvere. Mio padre e mio fratello la usarono qualche volta per passeggiare ma riuscirono solo a demolirne il cambio anteriore: ferita ed abbandonata sembrava destinata ad essere dimenticata.

Tuttavia le vecchie glorie sanno esserci quanto conta e così, quasi al buio, io e “SilverHorse” siamo di nuovo insieme inseguendo l’Alba. Per liberare la catena ho letteralmente tolto il cambio anteriore ed ora posso cambiare la corona davanti solo manualmente. In pratica ho due cambi: salita e discesa. Ma non importa, non importano neppure i copertoni screpolati e consumati o il ghiaccio che brilla nella luce della frontale: due vecchie glorie cavalcano ancora insieme dando battaglia all’Inverno!

Arranco sui pedali con gli scarponi cercando di non far sbandare lo zaino: risaliamo da Oneda e dobbiamo sbrigarci, dobbiamo arrivare prima dell’alba e dobbiamo fare ritorno in tempo per essere in ufficio in orario a Lecco. Pedala Birillo! Pedala!

Poi raggiungo la neve ed il cielo inizia ad schiarirsi. Appoggio “SilverHorse” e proseguo a piedi sul manto bianco piacevolmente gelato.  Rimonto il promontorio ed il mio sguardo si allarga sul Ceppo della Bella Donna e sulle Grigne oltre il lago. Sono le Sei e Trenta del Mattino: inizia lo spettacolo.

Con il cavalletto e la macchina fotografica mi butto nella neve sporgendomi oltre il dirupo che precipita nella valle delle Moregge. Ogni istante che passa cambia i colori, le sfumature, la forma delle nuvole. Il mondo si trasforma oscillando tra il grigio, il rosso e la luce. La magia dell’alba tra le vette innevate e le increspature del lago.

Poi inizia a diventare tardi. Sono le sette, poi le sette e un quarto, poi le sette e venti. “Devi andare! Devi andare! Non puoi più restare!”  A malincuore ripongo la macchina fotografica nello zaino e scendo di corsa nella neve. Sistemo il sellino di “SilverHorse” ed inizio a scendere.

I freni sono entrambi tirati al massimo, fischiano e stridono, ma riescono solo a rallentare la bicicletta che leggera e veloce corre tra i tornanti inseguendo il fondo asciutto: “Arriveremo fino in fondo?” Mentre sono aggrappato alle leve due caprioli mi attraversano correndo la strada. Vorrei tentare di fotografarli ma lasciare le mani dal manubrio non è un opzione: “Quei due sono solo per me, solo per i miei occhi…”

Una doccia, poi via in superstrada, in galleria, nel parcheggio sotterraneo e quindi in ufficio. Alle nove varco la soglia: “Buongiorno Davide”. Già davvero un buon giorno.

Davide “Birillo” Valsecchi

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