Nel Segno della Tradizione

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Corni di Canzo: 26 Settembre 2015. Gli intensi occhi azzurri che mi fissano sono quelli di Giorgio Tessari, uno dei leggendari “Cinque di Valmadrera”. Solo Dio e pochi altri possono sapere quanta roccia e quanta montagna hanno visto quegli occhi ormai settantenni. I suoi modi sono decisi e diretti come sempre, ma questa sera traspare evidente una grande gioia. Mi porge una penna ed una copia della Guida delle vie dei Corni di Canzo: la sala del rifugio Sev è affolata, la prima pagina di quel suo piccolo libro si sta affollando con le firme degli oltre settanta presenti. Firmare è un gesto semplice, ma carico di grande emozione.

Poco più di due settimane fa ero in questa stessa sala a festeggiare il mio matrimonio. Ora, sempre in compagnia di mia moglie, sono nuovamente qui per un evento storico, per rendere omaggio al 50° di Fondazione della Scuola Attilio Piacco, per festeggiare le nostre montagne.

Per l’occasione il Cai di Valmadrera ed il Cai di Oggiono hanno dato vita ad una “due giorni di arrampicata” invitando alpinisti ed arrampicatori. Nel pomeriggio numerose cordate hanno affrontato le vie classiche dei Corni e del Moregallo ed ora, seduti attorno ad un tavolo, non sembra vero ascoltare le salite degli amici e raccontare le proprie.

Dennis Redolfi, il giovane direttore della Scuola, ringrazia felice i presenti e la parola passa poi ai vari Presidenti sezionali e finalmente a Gian Maria Mandelli. Gianni è raggiante: si è dato un gran da fare sia per il meeting che per la realizzazione della nuova guida. Vederlo felice è una gioia: è il custode dei Corni, per molti di noi sono stati i suoi scritti la prima traccia con cui iniziare la propria avventura tra queste pareti: ”Finora, su queste piccole montagne, ognuno ha potuto cercare l’alpinista nascosto in sé”.

Le luci si spengono ed un proiettore trasforma la grande sala da pranzo in un piccolo cinema. Sul telone scorrono le immagini delle nostre montagne, i volti ed i nomi di coloro che le hanno amate ed affrontate nella loro verticalità. Il racconto, puntuale attraverso le generazioni, parte da dagli inizi del ‘900 e risale fino ai giorni nostri: descrive gli stili e tecniche diverse rimarcando come nel tempo la “tradizione” sia rimasta immutata accomunandoci tutti. Non è la celebrazione dell’Attilio Piacco o degli arrampicatori di Valmadrera, è un trascinante tributo carico di affetto ed orgoglio che abbraccia tutta la storia dell’alpinismo nell’Isola senza Nome.

In un silenzio riverente scorrono i grandi del passato, le leggende, i patriarchi. Poi scatta qualche applauso quando appaino le foto di gioventù dei “veterani”. Alla fine, quando i più giovani iniziano a riconoscersi, partono gli sgnignazzi e le pacche sulle spalle. Ci siamo tutti, ognuno ha il suo posto, per un istante siamo tutti la stessa cosa. Il filmato si conclude in uno scroscio di applausi emozionati.  

Brindo con gli amici, vecchi e nuovi, famosi o quasi sconosciuti. Brindo alle nostre montagne, alle avventure passate e a quelle future. Rido felice. Per un istante mi guardo intorno, per un istante mi blocco, stringo la mano di Bruna per frenare il cuore che cerca di tradire gli occhi: “No, noi non seguiamo la tradizione: noi apparteniamo alla tradizione. Esiste gioia più grande per un Alpinista?”.

Mos!

Davide “Birillo” Valsecchi

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