I Fratelli della Valle Madre

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roberto_e_gianni_mandelliLa scorsa mattina ero nella sede del Cai di Valmadrera, ero passato per incontrare Gianni Mandelli e ritirare alcune copia della nuova Guida dei Corni da portare agli amici di Asso. La fortuna ha voluto che anche Roberto, fratello di Gianni, fosse presente in quel momento: non avevo mai avuto occasione di incontrarlo sebbene sia una delle personalità di Valmadrera che più mi abbiano colpito.

Gianni e Roberto: due fratelli, entrambi fortissimi arrampicatori. Io ho iniziato a conoscerli attraverso i loro scritti su “L’isola Senza Nome”: molte delle scoperte e delle esperienze che ho fatto ai Corni sono il frutto delle loro parole, dei discreti ma preziosi messaggi che hanno saputo lasciare. Inoltre sono affascinato da quanto, nei loro racconti, appaiano simili ma al contempo riescano ad essere assolutamente diversi. Trovandomeli davanti, finalmente insieme, non ho resistito alla tentazione di scattare loro una foto!

Anche io ho un fratello più piccolo e questo probabilmente rende ai miei occhi ancora più importanti le loro differenze e le loro similitudini. Come fratello maggiore, avendo quasi sedici anni in più, mi accorgo delle somiglianze e di come a volte tenti di imitarmi. Allo stesso tempo osservo, con stupore ed affetto, come le sue scelte, spesso diverse e persino più coraggiose e difficili di quelle che avrei fatto io, lo stiano rendendo una persona che mi assomiglia ma che al contempo è assolutamente unica e speciale. Due facce della stessa medaglia che per quanto differenti non sono opposte, ma in armonia ed indossolubilmente legate.

“Adesso ho capito. Tu sei Davide, l’amico di Ivan!” Già, è stato Ivan Guerini a raccontarmi, con stima ed affatto, molte delle attività e delle idee di Roberto. Ero davvero felice di incontrarlo e di sapere che anche Ivan gli ha parlato di me. Quando sono rientrato a casa, per la contentezza, ho inviato la foto ad Ivan: la sua risposta non si è fatta attendere.

Ivan mi ha infatti inviato un suo articolo per l’Annuario del Club Alpino Accademico di quest’anno incentrato proprio su Roberto Mandelli ed i Sassi degli Elfi: “Eccoti quindi la versione raffinata de: La Storia dei Sassi degli Elfi di Roberto Mandelli, che ho curato personalmente per l’ultimo Annuario Accademico. Dal momento che hai fatto di quelle rocce una tua “seconda Scarenna”, roccaforte a misura delle tue capacità di “perenne neofita” (come mi sembra ami definirti) da condividere coi Tassi Neofiti la apprezzerai certamente. Pubblicala liberamente sul tuo sito”.

Eccovi quindi il testo dell’articolo ed il Pdf completo della versione realizzata da Ivan e completa di tutte le sue note e delle immagini che ha scelto. (Guardar per vedere: scarica versione originale)

GUARDAR PER VEDERE – La scoperta dei Sassi degli Elfi – Roberto Mandelli
Dall’Annuario del Club Alpino Accademico 2015 a cura di Ivan Guerini

Roberto Mandelli sà arrampicare, scrivere, disegnare e insegnare la spontaneità della scalata, assieme a suo fratello Gianni e altri amici, ha aperto un certo numero di vie ai Corni di Canzo così come ne ha ripetute parecchie nelle Alpi spesso in giornata. Ci porta una propria testimonianza sull’argomento Boulder, in particolare dell’area degli Elfi, situata nei boschi sopra Valmadrera e da lui esplorata assieme a figli e amici, sassi dove non sono stati indicati i  percorsi e nei disegni che li rappresentano non sono state indicate le difficoltà. Una metafora anche ironica, lontana dai volteggi sulle prese microscopiche delle prestazioni atletiche. Vorrebbe semmai: “far guardare il Bouldering con gli occhi di chi naviga nelle tranquille acque dell’arrampicata più o meno tradizionale e, per caso o per curiosità, si ritrova a cimentarsi con la caratteristica disciplinare del Bouldering”. Non è facile, perché, indipendentemente da un punto di vista orientale o pragmatico, tutti sappiamo quant’è difficile focalizzare il senso formativo di una attività, di là dal considerarla né più né meno che un mezzo per muoversi. Una “filosofia della spontaneità” assolutamente genuina, scaturita dall’intelletto d’amore di una passione De-intellettualizzata. I.G

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I tre amici si erano sentiti la sera prima: messaggini, risposte e promesse; poi la solita febbre, (quella del sabato sera) risultato? il primo a presentarsi è il solito Davide, che dopo sonore scampanellate fa comparire anche gli altri due, Simo e Cris, buttati fuori casa da chissà chi con: zaino in spalla e corredo vario in braccio.
Mentre Davide guida, gli altri due, si danno da fare per “ripigliarsi” inforcando le calzature e facendo l’inventario del bagaglio a mano così, dopo circa un’oretta, si ritrovano sul sentiero che si inerpica sopra degli ultimi tetti dell’abitato che domina la nebbiosa Brianza, per poi inoltrarsi nel bosco.
Una figura li precede a poca distanza, meglio così, seguono il personaggio senza farsi troppe domande, visto che la singola reattività non è ancora a regime. Ora però cominciano a guardarsi intorno, la segnaletica è sparita e il sentiero va scomparendo, mentre il tipo che li precede procede spedito e sembra vaghi per il bosco senza mèta. Di comune accordo si lanciano all’inseguimento, che si conclude trovando uno zaino a terra e il tipo abbarbicato su un masso. Uno sguardo a 360 gradi e si accorgono che il bosco ora è conteso tra gli alberi e grossi massi slanciati, sembra anche loro, alla ricerca della luce. Lo strano paesaggio li incuriosisce e come se fossero entrati in un mondo virtuale, si aggirano tra i massi toccandoli rispettosamente, intanto il tipo si accorge di loro, e li invita al gioco. ”Perché non provate a salirci” risposta unanime: “Non siamo attrezzati e non ci siamo mai arrampicati“, ”Nemmeno io sono attrezzato“, in effetti il tipo porta delle semplici scarpe da ginnastica come le loro.
”Per quanto riguarda il lato pratico dell’arrampicare, questi massi sono fatti per provarci, tenendo conto che, come dicono gli orientali, ogni azione è preceduta da una non-azione, che serve a preparare l’azione successiva, più si prolunga la non-azione più si scopre ciò che ci sta di fronte, questo vale per qualsiasi attività, è uno dei principi dello Zhan Zhuang, è roba cinese” ”Vai a capirli questi orientali” commenta Simo. Cris intanto è già seduto sopra un masso e se la ride dei due che si stanno arrabattando su quelli più levigati ”Ma di lì si sale facile” sbotta Davide ”Cosa intendi per facile?” interviene il tipo ”Senza fatica” ribadisce. Non è necessariamente difficile o faticoso arrampicarsi, soprattutto su dei massi, che ti danno la possibilità di scegliere in tutta libertà la tua dimensione. Chi ha cominciato a frequentare questo posto, lo ha fatto solo cercando di mettere in pratica i primi rudimenti dell’arrampicata a cui era stato avviato, cercando il proprio equilibrio e la scoperta del movimento verticale.
C’è chi definisce questi posti La Fabbrica del Gesto e si racconta di un famoso alpinista che si arrampicava su un masso che aveva fuori casa. Io penso, che se non avesse trovato in quel masso, osservandolo, sempre qualcosa di nuovo, non sarebbe mai diventato tanto bravo. Oggi i praticanti di questa disciplina, chiamata Bouldering, sono degli autentici atleti che si allenano duramente e fanno cose stupefacenti, ma secondo me i più bravi sono coloro che riescono “con l’osservazione”, ad “entrare in simbiosi” con il masso, partendo magari inconsapevolmente proprio dal concetto di non-azione, questa “piccola magia” che si può sviluppare anche sulle difficoltà che possono sembrare banali, basta “sapersi ascoltare”. I ragazzi ascoltano e i loro movimenti “inconsciamente rallentano”, non c’è più la smania di superare il masso, ma la ricerca del GESTO GIUSTO.
Il sole è ormai allo zenit e i “giovani stomaci” borbottano, ci si ritrova tutti seduti su quel che può sembrare un muretto, ognuno con la testa affondata nello zaino, nonostante la fretta, questa mattina sono riusciti ad arraffare qualcosa di commestibile, è ora di dar fondo alle provviste. Intanto ne approfittano per fare altre domande, tutti e tre vogliono sapere se ci sono altri posti simili, il tipo cerca di soddisfare la curiosità per renderli magari ancor più curiosi: ”Ci sono posti storici dove questa disciplina ha preso corpo penso ai massi del Remenno, patria dei famosi Sassisti dove ho trascorso con gli amici delle giornate di autentico spasso”, forse perché non conoscevamo il valore di quello che facevamo, non avendo mai indagato sulle effettive difficoltà, per noi erano solo massi più o meno difficili più o meno insuperabili, perché, salire un masso o superare una piccola struttura, a quei tempi serviva esclusivamente per raggiungere una parete o togliersi dagli impicci su terreni poco praticati.
La scoperta di un posto come questo, è dovuta semplicemente al fatto che questi blocchi di calcare sono stati guardati con occhi diversi, nonostante fossero coperti da edere e rovi e ci si fosse passati davanti svariate volte. Sono stati un paio di ragazzi come voi a innescare la miccia, poi si è cercato di portarli alla luce, belli o brutti, facili o difficili, nel rispetto dell’ambiente circostante.
I massi contano tutti, facili e difficili, perché in principio ci si allena lavorando sul proprio fisico per superare il passaggio mentre col passar degli anni si ricercherà il passaggio più “adatto al proprio fisico”. Fatto lo spuntino i ragazzi si rimettono in campo e la loro curiosità li porta a cimentarsi su qualsiasi struttura gli si pari davanti. Questo gioco li fa tornare bambini, come quando la loro statura non gli permetteva di vedere al di là di un ostacolo. Così, riducendo i primi titanici approcci e cercando il compromesso tra il masso e le proprie possibilità, si divertono a passare da un masso all’altro .”Ragazzi qui sta calando il sole” Fa notare Davide. E il tipo? sparito. Raccolti gli zaini si avviano per una traccia nel bosco che porta a valle e, svoltati dietro un grasso masso, trovano un vecchio cartello che illustra la zona e reca in alto la scritta: AREA BOULDERIG: ROCCE DEGLI ELFI.

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