La Linea del Tramonto

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Stavo guardando “Fight Club”: per l’ennesima volta Tyler Durden fuggiva in mutande dal commissariato di polizia inseguendo i propri fantasmi interiori, affrontando la follia che aveva saputo trascinare alla luce le sue qualità migliori, trasformandolo nel suo “io” peggiore. Ascolto i deliri di Tyler mentre cerco di cucinare sulla piastra di ghisa un paio di petti di pollo. La testa mi sembra esplodere e lo stomaco è in subbuglio, ma se voglio tuffarmi nell’abbraccio soffice ed accogliente del paracetamolo devo mandar giù qualcosa. Il mio corpo si ribella, forse mi tradisce o forse sono io a tradirlo. Forse è la malaria, forse è la deriva, o la bonaccia, che alle volte afferra la mia vita. Forse mi serve una grande battaglia o forse solo una pace che sia veramente tale.

“Siamo i figli di mezzo della storia, non abbiamo né uno scopo né un posto. Non abbiamo la grande guerra né la grande depressione. La nostra grande guerra è quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita. Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinti che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock star. Ma non è così. E lentamente lo stiamo imparando. E ne abbiamo veramente le palle piene!”

Cerco di cucinare ma sono distratto, quando la testa si inceppa tutto smette di funzionare come dovrebbe. I miei pensieri sembrano in fuga, sbattono contro il mio cranio come lemmings che si lanciano contro un gong. Ogni pensiero batte e rimbalza come una vibrazione instabile. Come un animale vorrei immergermi in una pozza d’acqua buia, abbandonarmi al silenzio, all’oblio.

Mina, la gatta più giovane, salta baldanzosa sul davanzale della finestra: siamo al secondo piano, non è raccomandabile un tuffo verso il giardino. Ma è ancora piccola, curiosa, intraprendente. Le piace esplorare e prima o poi la porterò a spasso per i monti. Lascio che il petto di pollo sfrigoli sulla piastra insieme al mio mal di testa, mi avvicino alla finestra per agguantare la gatta: è allora, è quello il momento, quando il sole cala con i suoi raggi obliqui e crea ombre illogiche piegando la luce come non forse non dovrebbe accadere.

“Dio mio che bella!” Abito qui da quasi due anni, e passo davanti a questa finestra migliaia di volte. Ho fotografato il sorgere della luna, la nascita dell’alba, la neve ed il temporale. Con il cannocchiale ne ho studiato le forme, ricostruito le linee immaginarie su cui ho arrampicato. Eppure, eppure non l’avevo mai vista. Eppure era sempre stata lì. “Quella cresta, quello spigolo verticale è stupendo!”. La mia mente ricorda quel “dente”, quello scorcio dolomitico che si innalza dal canalone Comera, quella roccia che ho visto e toccato tanto da fuori e quanto da dentro. “E’ una linea meravigliosa, qualcuno deve averla vista. Qualcuno deve averla per forza vista! Non è possibile ignorarla!”.

Afferro la macchina fotografica, il pollo è ormai abbandonato a sé stesso mentre i pensieri sembrano riordinarsi. Ricordi, frasi, schegge di informazioni riemergono dall’inverno trascorso. Quando ero in forma, o mi sentivo tale, quando dietro ad una coppia di vecchiacci inesauribili calcavo la roccia di quelle bastionate due volte a settimana. “Sì, deve essere lei, ma da sotto non appariva così bella, così logica, così elegante, così attraente!”. 1932 – Mario “Boga” Dell’Oro compie la prima ascensione della Punta Stoppani per lo spigolo sud-ovest con G. Riva. Che sia lei?

Davide “Birillo” Valsecchi

Ma la realtà spesso si infrange sulla fantasia e quella linea che dalla mia finestra appare così continua e slanciata in realtà è forse un illusione. Lo spigolo della Stoppani, visto dalle placce di Onda d’Ombra, si mostra assai diverso mentre la memoria ricorda i racconti ed i dettagli ascoltati. Ecco la cengia erbosa verso cui si riemerge e più a sinistra, la linea elegante ed ingannevole della Bonatti. Però, accidenti, quanto è bello il Resegone con la sua roccia terribile.

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