Fabrizio Crippa: un anno dopo…

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Fabrizio Gigio Crippa
Fabrizio "Gigio" Crippa

Prima di partire per un viaggio di solito mi affretto a scrivere quello mi dispiacerebbe non essere più in grado di dire, una mezza scaramanzia. Così con un paio di giorni d’anticipo voglio ricordare Fabrizio “Gigio” Crippa.

Era la sera del 7 Dicembre e Fabrizio non era tornato più a casa. Scoparso, scappato dicevano, per lo più dimenticato. Ricordo quelle giornate sotto la neve, i suoi cugini, io, Enzo e Max a cercarlo per i boschi che poteva aver attraversato tornando a casa, tornando a Gemù, frazione di Asso. Ricordo il freddo, il fango che si ghiacciava pungnete sui vestiti umidi, ma ricordo anche le male lingue che altezzose e sprezzanti blateravano sciocchezze al caldo di un bar.

Io quasi non lo conoscevo, lo avevo abbracciato una volta tirandolo fuori da un frigor dei gelati ad una festa che avevo organizzato, lo avevo tenuto stretto mezzo ubriaco con la paura che avesse preso freddo. Due giorni dopo sarebbe morto congelato, precipitato in una trappola di rovi e rami a pochi metri da dove un auto pirata l’aveva investito mentre tornava a casa alle sei di una domenica  pomeriggio d’inverno.

Ci vollero 13 giorni perchè Asso ritrovasse l’orgoglio, perchè si attivasse e mostrasse la dignità di cercare uno dei suoi. Per ironia di un destino crudele o brutalmente banale toccò a me trovarlo, azzittire le malelingue. Gli ero passato vicino tante volte ma il destino non aveva voluto che lo trovassi fino a quel giorno. C’era qualcosa che ancora andava compreso, c’era ancora un tributo da pagare.

Dopo un anno mi chiedo se avrà imparato qualcosa la nostra Asso? Se sia ancora chiusa nella viscida mentalità di un paese che bisbiglia immobile criticando tutto ciò che la propria arrogante ignoranza non riesce a comprendere. Perchè se quel sabato mattina un gruppo di assesi non si fosse presentato, se non avessimo riportato a casa uno dei nostri ragazzi, se avessimo lasciato che a farlo fosse la primavera, che razza di paese saremmo mai stati?

L’automobilista, un vecchio che giura e spergiura di non essersi accorto di nulla, fu preso pochi giorni dopo dal Maresciallo Melchiorre. Il paese aveva un colpevole, aveva un capro espiatorio, aveva una scusa anche per quegli infiniti 13 giorni d’inverno. Qualcosa di nuovo di cui sparlare con il bicchiere in mano. Io l’ho cercato, ho scritto, ho chiesto, ho sperato ed alla fine l’ho trovato. Forse è per questo che spetta a me portarne anche il peso del senso di colpa. Sarebbe stato diverso se fossi stato io quella sera a non tornare a casa? Avrei avuto anche io i miei 13 giorni di silenziosa agonia?

Fabrizio, forse il più umile tra gli assesi, ha dato una lezione importante a tutti noi. In 13 giorni è stata messa a nudo l’anima di un paese, di cosa siamo fatti al di là delle parole, al di la delle facili critiche. Si è mostrato chi fa la differenza da queste parti. Questo è quello che scrissi qualche ora dopo che lo trovai, prima di infilarmi sporco ed infreddolito in un vasca calda per chiudere gli occhi su una storia troppo lunga: Ciao Gigio….Questo è quello che scrissi il giorno dopo per ringraziare tutti coloro che aiutarono in quei giorni difficili: …come stai oggi Birillo?.

Bene, quello che dovevo dire l’ho detto. Ora posso partire. Ciao Asso, ciao Gigio…

Davide “Birillo” Valsecchi

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