Au cœur de la terre

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Nella parte alta della Pediatria, vicino all’ingresso e all’ambulatorio, anni fa è stato scavato un pozzo che potesse integrare il flusso d’acqua pompato a forza dal fondo della valle di Maciuco.

Prima di partire avevo avuto modo di vedere le fotografie della festa con cui venne celebrata l’apertura di questo nuovo pozzo: nelle immagini i bambini giocavano allegri ballando sotto il getto d’acqua che fuoriusciva dalla perforazione.

Purtroppo da queste parti, anche quando si crede di averla spuntata, ci si trova spesso a dover affrontare un imprevisto dopo l’altro:  tempo fa, infatti, la pompa del nuovo pozzo è precipitata al suo interno adagiandosi sul fondo rendendolo inutilizzabile ed ostruito.

Per superare quest’ennesima difficoltà ora serve un’ulteriore dose di perseveranza ed una certa quantità d’ incoscenza. Al pozzo oggi infatti lavorano in tre operai: due all’esterno ed uno calato al suo interno alla profondità di venticinque metri. Si scava con una piccola zappa ed il terriccio viene issato  fuori dal pozzo un secchio alla volta. Man mano lo scavo avanza ed allarga il foro originario man mano affondano i tubi in cemento che vengono via via sovrapposti all’esterno.

Venticinque metri sono davvero un altezza spaventosa quando si è chiusi nella stretta sezione di una condotta di cemento. Laggiù, nella profondità della terra, c’è un piccolo uomo che scava al buio per rimpire un secchiello mentre il mondo esterno appare come un piccolo e minuscolo foro lassù in alto, inarrivabile sopra di lui. Più scava e più sprofonda fino al momento in cui raggiungerà la pompa e riporterà l’acqua alla Pediatria.

Da queste parti sembra  che il coraggio e l’incoscienza siano la miglior dote per mettersi al servizio degli altri: buona fortuna intrepido scavatore, riportaci l’acqua e torna alla luce!

Davide Valsecchi

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