Morfologia di un ghiacciaio

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Certo, nel Lario i ghiacciai si sono “estinti” da parecchio tempo e nonostante tutto le previsioni del tempo non sono così pessime da suggerirne la ricomparsa. Tuttavia i ghiacciai sono un’ambiente davvero speciale e tipico delle  le nostre Alpi. Per tanto credo ogni appassionato di montagna dovrebbe conoscerne le nozioni fondamentali.

Sul territorio italiano i ghiacciai più vicini a noi  sono il Ghiacciaio del Ventina ai piedi del Disgrazia, la Vedretta della Spianata sulla sommità del pizzo Tambò in Vallespluga ed  il Ghiacciaio dei Forni in alta Valtellina.

Un ghiacciaio si forma grazie ad un lungo processo di trasformazione di quella che possiamo considerare neve perenne, ossia quella neve che non si scioglie o sublima durante l’estate ma che riesce a perdurare nel tempo. Questa neve, per effetto del gelo e della compressione, si trasforma attraverso stati intermedi fino a diventare ghiaccio vivo nell’arco di un centinaio d’anni.

Descrivere tutti i complessi processi che caratterizzano un ghiaccio richiederebbe davvero uno spazio molto abbondante e per tanto iniziamo definendone la morfologia e le caratteristiche principali.

Innanzitutto un ghiacciaio si divide in due zone principali: il bacino collettore, dove si accumulano le precipitazioni nevose e dove avviene la trasformazione della neve in ghiaccio, ed il bacino ablatore, o di erosione, dove questa massa di ghiaccio defluisce principalmente per effetto della gravità. Un ghiaccio è infatti da considerarsi in costante movimento e la velocità di questo moto dipende da numerosi fattori esterni ed interni.

Ciò che di questo lento traslare interessa maggiormente gli alpinisti  è l’effetto che esso crea sulla sua superficie del ghiacciaio. Le tensioni dovute alle diverse velocità di deflusso causate dai cambi di pendenza, strozzature, ostacoli e accidenti del letto di scorrimento provocano nella massa di ghiaccio in movimento delle spaccature più o meno profonde. Tali spaccature sono definite comunemente crepacci e rispetto alla loro posizione all’interno del ghiacciaio si distinguono in:

  • crepacciate terminali ovvero spaccature più o meno ampie situate nella parte alta del ghiacciaio al limitare del bacino di alimentazione. Separano la parte in movimento del ghiacciaio da quella parte di ghiaccio che rimane fissa sulle pareti delle montagne che circondano il bacino di alimentazione.
  • crepacci marginali situati nella parte laterale del ghiacciaio a contatto con le pareti del letto di scorrimento del ghiacciaio.
  • crepacci centrali situati appunto nella zona centrale della lingua ghiacciaio.
  • crepacci frontali situati sulla fronte della colata del ghiacciaio.

Esistono due principali tipologie di crepacci: quelli a forma di “V” (a volte detti anche a “Y”)  sonofenditure più o meno larghe in superficie ed in progressivo restringimento verso il fondo,  oppure i crepacci a forma di “campana”, ossia più o meno stretti in superficie hanno le pareti interne che si allontanano scendendo verso il fondo.

Quando il letto di scorrimento si affaccia su di un brusco cambio di pendenza, dovuto ad una scarpata o ad un dirupo, nel ghiaccio si producono delle fratture molto più marcate ed evidenti che provocano la formazione di blocchi di ghiaccio accavallati. Questi crolli e queste fratture danno luogo ad un paesaggio caotico e tormentato di crepacci e blocchi di ghiaccio che prende il nome di seraccata.

Crepacci e seracchi, essendo provocati dalle cause sopracitate, si vengono a trovare sempre nello stesso posto e sono normalmente segnalati nelle carte topografiche.

Potremmo ancora dilungarci sul deflusso dell’acqua all’interno del ghiacciao o affrontare la diversa tipologia di ghiacciaio (alpini, himalayani, pirenaici, scandinavi, ecc) o sulle diverse tipologia di morena, tuttavia credo che per ora questa introduzione possa bastare per aiutare i neofiti ed abbastanza concisa per non far cadere sulla mia testa aspre critiche da pate degli esperti.

Resta chiaro per tutti che il ghiacciaio è per la sua natura selvaggia e mutevole uno degli ambienti più difficili e pericolosi e, come tale, non dovrebbe mai essere affrontato da soli e privi delle nozioni e dei materiali necessari a garantire una progressione in sicurezza.

Davide Valsecchi

[Ringrazio la Sezione Escursionisti Milanesi del Club Alpino Italiano (http://www.caisem.org) per le dispense da cui ho attinto l’immagine del ghiacciaio e parte dei testi]

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