Il ritorno dell’africano laghéé

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Fuori piove, un clima davvero inclemente con chi è ormai abituato al sole africano. Forse invece è stato proprio lui a mettere in valigia i monsoni tanzani portando qui tutta questa dannata pioggia. Comunque sia è tornato e, credetemi o meno, quella mattina prima di rincontrarlo sapevo che c’era qualcosa di diverso nell’aria.

Lui chi? Bhe Lui è il più famoso e famigerato dei miei soci e dei miei compagni d’avventura: il 50% della folle ed incosciente squadra che erano “I due di Asso”. Dalla neve delle montagne himalayane ai serpenti della giungla africana, recitava lo slogan: sembra di parlare di un’altra vita.

Bhe, è tornato. Ci siamo ritrovati senza preavviso in trattoria e, come avviene da due anni a questa parte, non ci siamo rivolti la parola o il saluto. Sulle pareti della sala ci sono storici ritagli di giornale con le fotografie dei nostri viaggi e noi, seduti quasi fianco a fianco, con attenzione rivolgevamo la faccia altrove schivando gli sguardi.

Perché? Il perché è complicato, all’epoca eravamo una “cellula d’assalto” straordinaria ma per evolverci era diventato necessario separarsi, dividersi, ognuno per la propria strada. Purtroppo il processo di “mitosi cellulare” non è così indolore come si possa credere.

Ci siamo presi cura l’uno dell’altro nei posti più terribili ed ora sembra che ci si stia mettendo lo stesso impegno nell’ignorarsi: tuttavia “litigati” è decisamente meglio che “indifferenti” ed io, dopo averlo ascoltato quasi tutti i giorni per quattro anni, forse un po’ di “silenzio” me lo merito!!

C’è stato solo un episodio curioso: guardandolo mi è uscita una domanda quasi d’istinto “Ma hai perso uno degli orecchini?” e lui, quasi di riflesso, mi ha risposto “Mi si è rotto qualche giorno fa”. So quanto ci tiene a quei vecchi orecchini d’argento e se si è semplicemente rotto troverà il modo di aggiustarlo. Tuttavia, consapevoli di esserci involontariamente parlati, siamo subito ripiombati nelle proprie trincerate posizioni. Questo è quanto ci siamo detti negli ultimi due anni: piuttosto zen…

Io sono il tipo di persona che con un piede gli terrebbe ben ferma la testa sul ceppo del boia, così come sarei pronto a menar le mani per salvarglielo quello stupido collo se solo rivedessi la scintilla dell’amicizia che è stata. Lui al contrario, più anziano di me di quasi 11 anni, è un vecchio gufo egocentrico che nonostante le buone qualità preferisce mostrare la parte più arrogante, presuntuosa ed “artistica” di sé: difficilmente farebbe il primo passo.

Così oggi mi va di spezzare una lancia a suo favore, di raccontarvi ancora qualcosa di lui. Normalmente non so quasi nulla di quello che combina salvo che vive e “traffica” (nel senso buono del termine) sull’isola di Zanzibar. Voci di corridoio mi hanno raccontato come abbia allestito una mostra a Como ora che è qui.  Mi sarebbe piaciuto partecipare all’inaugurazione, specie perché non sarei stato ospite gradito, ma il destino vuole che la stessa sera abbia una riunione dei Club Alpini del Triangolo Lariano: niente Ok Corral, quindi.

Se non ho capito male è una mostra dedicata alle cinotipie, un metodo di stampa che in questi anni  ha imparato a padroneggiare con una certa maestria, di vecchie cartoline comasche inviate per posta dall’Africa: MailArt, credo si chiami. Onestamente, se finalmente mi è concesso essere critico sull’artista, mi aspettavo qualcosa in più: sei stato via due anni in Africa e mi torni con le cartoline di casa degli anni ’30?! Forse un po’ troppo retorico e pretestuoso da parte di chi ha lasciato il campo per un posto al sole…

Tuttavia credo che la sua “nostalgia” per quei luoghi sia sincera e quando il mio vecchio socio si concede la “debolezza” di essere “autentico” ha sempre avuto qualcosa di importante da esprimere e da cogliere.

La storia si è sviluppata in modo curioso. Mi piace pensare che quando saremo ormai troppo vecchi per essere offesi faremo un’ultima grande avventura insieme, fino ad allora daremo battaglia ognuno per proprio conto.

Salutatemi quel vecchio gufo: parte delle piume che ancora conserva mi appartengono!

Davide Valsecchi

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