Mari Rubati

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Purtroppo sono ancora “in panchina” ed il mio piede è ancora in riparazione. Forzatamente a riposo mi trascino qui e là fantasticando mestamente sul futuro. A complicare le cose spesso ci si mette persino il caso. Qualche giorno fa sono stato infatti all’aquario di Milano, era una visita improvvisata sul momento e per fare qualche foto ai “pescetti” ho dovuto farmi prestare la macchina fotografica da “Lex”.

Mi piacerebbe dirvi che sono un fulgido esempio di maschio moderno ed emancipato ma purtroppo, sebbene solo nel profondo, ancora non riesco a digerire che una donna “mi bagni il naso”. Già perché Lex, figlia di un pioniere della subacquea, ha un “curriculum di viaggio” terrificante con cui spesso fatico a rapportarmi. “Ma smettila, sei stato in un sacco di posti bellissimi e terribili. Io per lo più passo il tempo in barca e sott’acqua: tu vai su e giù per le montagne!”. Ogni suo tentativo di rabbonire il mio orgoglio ferito spesso sortisce effetti anche peggiori!

Scaricando le fotografie fatte all’acquario mi sono ritrovato davanti, sempre con il piede malinconicamente bloccato, le sue foto degli ultimi tre anni. Inchiodato mestamente alla mia sedia ho spaziato dal Perù all’Indonesia, dai draghi di Komodo alle iguane delle Galapagos, il tutto condito da squali, balene ed altre meraviglie del mare.

Io ho il brevetto Open Water fino a 18 metri ma la mia esperienza come sub è praticamente nulla.  Il mare è davvero la mia terra di confine, l’ambiente sconosciuto e misterioso dove tre quarti delle mie conoscenze diventano ininfluenti: Lex mi ha insegnato a nuotare quando avevo 24 anni ma nonostante questo ancora oggi cerco di “aggrapparmi” all’acqua.

Con il piede scassato però davvero non mi dispiacerebbe concedermi una bella nuotata nell’acqua calda. Quindi le ho “rubato”  (sì, sì rubato!) un po’ di foto e mi sono goduto, almeno con la fantasia, qualcuno dei suoi viaggi.

Davide Valsecchi

Farsi bagnare il naso: l’origine dell’espressione è piuttosto brutta! Nelle antiche scuole torinesi, il maestro chiamava il discepolo più bravo perché bagnasse, col dito intinto nella saliva, il naso del compagno che aveva commesso un grave errore.

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