Rat-Racer

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La sveglia suonava ormai da un’ora e Fabrizio sarebbe magicamente apparso al cancello nel giro di qualche minuto. Dovevo spicciarmi: emergere dal letto, trovare i pantaloni e fingere sfacciatamente di essere sveglio da un pezzo.  Il sole stava iniziano a sorgere alle spalle del Cornizzolo ma una cappa di nuvole cupe avvolgeva ogni cosa in quell’alba buia: «Fa schifo! Ormai però non faccio più in tempo ad avvisarlo: se si è svegliato sarà già partito…»

Sconsolato inizio a preparare il caffè ma, prima ancora di aver caricato la moka, la macchiana di Fabrizio fischia nel parcheggio. Apro il cancello e lancio una nuova occhiata al cielo: le nuvole si sono tinte d’oro e dove tutto era cupo è improvvisamente azzurro: «Di sicuro non tiene ma vale la pena uscire». Incredibile quanto, tempo e umore, sappiano cambiare in fretta!

Fabrizio varca la porta di casa, parto all’attacco seguendo una strategia preventiva: «Accidenti sei in ritardo!!» in realtà non lo era affatto ma tant’è…

In trance salgo in macchina, ascolto la musica e parlo a vanvera fino al parcheggio del cimitero di Valmadrera. Quando i miei scarponi toccano di nuovo terra inizia finalmente la mia giornata. Il piano era semplice: SanTomaso, Ferrata del Corno Rat, Corno Orientale, Moregallo e discesa attraverso il forcellino ed il sentiero numero 6 nella valle a destra della Cresta Osa. In realtà il cielo sembrava non volerci concedere abbastanza tempo per fare tutto: non restava che provare.

Anziché risalire da SanMartino mi sono improvvisato una variante tra le case in cerca del sentiero del ceppo. Scivolando tra improbabili camminamenti lungo le recinzioni dei nuovi condomini ho finalmente trovato il vecchio sentiero ciotolato che sbuca a sinistra della Falesia di Corna Rossa.

I mi sentivo in gran forma, avevo voglia di esplorare, di seguire ogni traccia che mi incuriosisse. Preso da questa smania avevo dato al passo un ritmo indemoniato ed il povero Fabrizio, un po’ fuori esercizio, aveva lo sguardo stravolto già a San Tomaso: «Scusa mi sono fatto prendere la mano!» «Scherzi?! Non chiedo di meglio: sono settimane che aspetto che spiova!» (a breve si sarebbe forse pentito di quelle parole: ero un folletto agitato!!)

Di nuovo a tutta forza puntiamo all’attacco della ferrata: imbrago e via! L’attacco della trentennale Osa sa sempre farsi rispettare ma ormai siamo di casa anche qui. Superata la prima parte, il Sasso GG.OSA, mi allungo sotto la roccia esplorando la partenza delle vie d’arrampicata sul Corno Rat: “Parenti Serpenti”, “Belciribi”, “Mambo”, “Rataplan” e la famosa via “Darvino e Pierino Dell’Oro” con il passaggio aereo che nel 1940 fu risolto “lanciando” la corda! (Falesia Corno Rat).

Guardando dal basso il primo tiro sembra facile ma oltre il tracciato raggiunge gradi di difficoltà fino al 7+. Per chi non fosse avvezzo con i gradi posso parafrasarlo in questo modo: “Birillo, manco con i calci in culo passi su di lì!!”. Toccando la roccia mi chiedevo se prima o poi avrei potuto provarci seriamente …chissà, di certo non solo.

Prima dell’attacco della seconda parte della ferrata devio ancora il mio percorso: «Fabbrì, aspettami qui che vado a vedere l’Anfiteatro». Sulla sinistra infatti una serie di stretti terrazzi inclinati sembra creare un percorso a zig zag nella valletta. Semi-nascosta dalla vegetazione c’è una corda fissa attrezzata con fix che risale prima in un caminetto, poi in un traverso obliquo e poi in un altro camino verticaleggiante.

DSCF6951-002Gli ancoraggi sono ottimi ma la corda è ormai marcia e c’è “da segnarsi” caricandoci il proprio peso. Superata la fissa ci si ritrova nell’anfiteatro da dove partono altre vie sul lato sinistro del Corno:  qui il terreno è tremendamente franoso ed instabile mentre la roccia è buona. Mi sono alzato ancora verso sinistra superando gli ultimi sbalzi fino alla cresta: teoricamente si può uscire anche dall’alto ricongiungendosi al sentiero che scende dall’uscita della ferrata ma credo che tra poco meno di un mese tutta quella zona sarà brutalmente invasa dai rovi.

Per scendere, visto che non mi fidavo della fissa (che forse ormai andrebbe sostituita), ho tirato fuori dallo zaino i miei trenta metri di statica da combattimento ed ho steso due doppie da 15 metri. Scendere è stato come camminare sulle uova: in quella valletta si muove ogni cosa e quello che cade finisce diretto sull’attacco del secondo tratto della ferrata (Attenzione!!)

Quando abbiamo ripreso a salire sulla ferrata ho lasciato che Fabrizio procedesse per primo: così non può copiare! Il mio socio, accusando un po’ la primavera e la fatica, si è girato sbuffando in dialetto siciliano: «Possibile che questa ferrata mi freghi sempre!? Mi sento impacciato come la prima volta!!». Forse è fuori esercizio ma lo spirito è sempre quello giusto!!

Facciamo sosta e ridiamo un po’. Il cielo si è di nuovo rabbuiato e non abbiamo più l’urgenza di correre: ormai ha vinto lui (come sempre tra l’altro…).

Quando raggiungiamo l’uscita della ferrata le nuvole hanno avvolto i Corni ed il Moregallo: «Hey Fabbrì: pizza dagli egiziani?!». Una pacca sulla spalla, una stretta di mano ed iniziamo a scendere:  ogni tanto mi intrufolo nel bosco per affacciarmi oltre la cresta e riguardare le pareti del corno. “Guarda lì! guarda là! Lo vedi quel punto?”: oggi ero davvero un bambino in cerca di cose nuove.

Poco sotto ci imbattiamo in un bivio: un sentiero nuovo di pacca, marchiato con bolli di colore blu, si stacca dal sentiero che porta a San Tommaso piegando nuovamente verso il corno. Il rumore scrociante di una cascata sancisce che quel percorso ignoto è la nostra nuova strada!

Più avanti incontriamo infatti un fiume, lo stesso che a valle si attraversa salendo a San Tomaso. La mia cartina riporta “Val Gatton”: credo che quello sia il nome anche  del fiume e credo che l’acqua del Fo sia uno dei suoi affluenti se non addirittura la sua sorgente.

Tra gli alberi si vedevano due grandi salti d’acqua e il rumore scrosciante non lasciava dubbi: «Fabbrì, aspettami qui un attimo che vado a vedere la cascata!». Pazientemente il mio socio si è rassegnato ad tenermi d’occhio a distanza.

Felice come un bimbo arrampico tra le rocce del fiume aggrappandomi ad ogni cosa non cedesse allo sforzo: come “arrampicatore” riconosco i miei limiti ma come “ravanatore” sono imbattibile!

Quando raggiungo la cascata lo spettacolo è magnifico: formata da due grandi salti di una decina di metri ciascuno frammezzati da due vasche in parete, pozze nella roccia raggiungibili probabilmente solo calandosi dall’alto.  Se è davvero l’acuqa del Fo sgorga ai piedi di un gigantesco faggio monumentale, è la più buona della valle ed è magnifica vederla così viva in quei salti.

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(…certo è che se non mi avesse riempito d’acqua l’obbiettivo forse avrei anche potuto fare degli scatti che gli rendessero giustizia!!)

Guardando più in basso Fabrizio iniziava ad agitarsi per la mia assenza, così sono salito su una grande roccia dove potesse vedermi chiaramente: l’ho salutato indicandogli il percorso che avrei seguito scendendo.  Poco dopo eravamo di nuovo insieme proseguendo la nostra esplorazione del “sentiero azzurro”.

Per evitare di percorrere un lungo tratto sull’asfalto mi sono sbizzarrito tagliando a mezza costa tra i sentieri e sbucando poi, quasi magicamente, a San Martino ed all’attacco del sentiero delle vasche. Riguardando il tracciato GSP sembra la gincana di un folle ma la nostra odierna “Rat-Racer” è stata densa di soddisfazioni!!

Davide Valsecchi

PS: Fabrizio, nell’ultimo mese hai beccato solo sfortunati giorni di pioggia. Io, in grotta, non mi sono mai fermato. Non ti preoccupare, in due settimane ti rimetto in pari: ho progetti!

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