Camino Fasana – Torre Desio

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“Un’altra via di Fasana ed un altro capolavoro di tecnica, estetica e coraggio. Il camino della Torre Desio è una di quelle arrampicate che lascia impressionati i ripetitori, le difficoltà sono nettamente superiori a quelle che Fasana aveva espresso a suo tempo (IV+). Ultimamente, dopo aver piazzato un paio di fix del camino, si è arrivati a valutare i passaggi fino al VI+. Più realisticamente si possono valutare i passaggi più difficili un grado in più, certo non deve mancare la predisposizione all’arrampicata in camino e non dovrebbe mancare un briciolo di coraggio ai ripetitori.“ Questa è la descrizione che accompagna la via sulla guida “L’isola senza nome”, la bibbia alpinistica dei Corni.

Dopo la normale al Pilastrello questa è la seconda via di Fasana che affronto, la prima che porta il suo nome. La Torre Desio è un pilastro di sessanta metri che svetta a margine del versante sud-ovest del Corno Centrale. A battezzarla con tale nome fu proprio Eugenio Fasana che per primo la scalò nel maggio del 1931.

Mattia ed io ci ritroviamo alla base della torre dopo aver superato la Via del Camino sul Pilastro Minore. Il versante Nord Est del Corno Centrale è buio e freddo, il versante Sud Ovest è invaso dal sole: due facce della stessa medaglia, simili ma opposte come il giorno e la notte.

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L’attacco della via è romboante. Spalle al camino ci si innalza di una decina di metri in “opposizione violenta” fino al primo chiodo. Poi tocca girarsi, uscire sul lato sinistro ed innalzarsi per superare la prima grande pietra incastrata tra le due pareti. Un momento “duri e cattivi o non passi”, un attimo in cui incastrato tra la roccia con il torace cerchi qualcosa a cui aggrapparti per guadagnare il metro che ti serve fuori dal camino. Quando le scarpette scivolano nel vuoto ed è solo l’aria nei polmoni a difenderti dalla gravità capisci cosa intendessero per “coraggio”!

Poi finalmente la prima sosta. Un fix del dieci, un vecchio moschettone arancione ed un cordino in una clessidra su di un terrazzino colmo di sassi instabili. Mattia, che ovviamente è primo di cordata, è stato bravo a non far cadere sassi ma il materiale che si accumula in quei terrazzini è da tenere d’occhio, specie muovendo le corde. Si muove tutto lassù, occhio sotto.

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Oltre la sosta appare in tutta la sua bellezza la grande spaccatura in cui si apre il camino, uno squarcio nella rocca che divide la torre dalla parete del Corno Centrale. Io avrei volentieri riparato dentro la spaccatura ma Mattia, che è un purista, segue il proseguo del camino puntando sulla successiva roccia incastrata.

La roccia spancia e costringe ad uscire oltre i bordi del camino. Sulla carta è un V+ ma per passare oltre sputo l’anima ingollando una buona dose di strizza sugli appigli lisci della roccia dei Corni: “Ma come cazz ….oh ooooh cazzo!!”. Dall’alto Mattia mi sfotte: “Soffi e sbuffi come una che sta per partorire!!” Ed è la sacrosanta verità!!

Un po’ cotto supero il masso successivo arrampicando sui gomiti e, finalmente, sono sullo spigolo finale della cima. Sulla sommità della Torre Desio c’è un terrazzo in leggera pendenza che domina una valle di un verde abbagliante.

Attrezziamo la doppia usando entrambe le corde da sessanta ed uno alla volta iniziamo il nostro viaggio nel vuoto lungo l’abisso dello spigolo Palferi.

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Ancora una volta è sorprendente vedere cosa fossero in grado di compiere i “grandi” nei “tempi eroici”. Su di un libro ho visto una rara foto di Eugenio Fasana a torso nudo mentre si allena: sembra Bruce Lee con i baffi e la barbetta tanto era in forma! Faceva paura!

Ma non solo erano atleti prima ancora che l’arrampicata fosse una disciplina, non era solo una questione fisica, in quel camino ho scorto non solo il coraggio ma anche il talento che contraddistingueva quegli uomini. Con scarpette di stoffa e corde ragguardevoli hanno fatto cose che ancora oggi, con tecnologia spaziale, fatichiamo a ripetere. Non possiamo che rendere loro omaggio e ringraziali per la “via” che hanno tracciato per noi.

Grazie Maestro Fasana!

Davide “Birillo” Valsecchi

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