Via del Cojote sull’albero

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Ivan Guerini, Giancarlo Bolis, Paolo Console, Bruna Galli e Davide “Birillo” Valsecchi: se questo fosse il cast di uno “spaghetti western” alla Sergio Leone, Ivan vorrebbe di sicuro la parte di Clint Eastwood ma quel ruolo è inequivocabilmente di Gianka!

Tuttavia questi non sono i componenti di un film ma la curiosa cordata “a cinque” che Sabato è tornata alla “Valle Proibita” in cerca di roccia vergine da esplorare. Special Guest della giornata la nostra Bruna che, curioso a dirlo, fino ad oggi ha percorso solo due vie, entrambe in apertura, entrambe “trad”.

Già, Ivan voleva farle fare un po’ di esperienza pratica e così, mentre lui tracciava da primo, era lei a fargli sicura e assisterlo nella progressione. Paolo, Gianka ed io chiudevamo la cordata con un paio di mezzecorde.

Roccia fantastica, lavorata e relativamente solida. Ivan supera a friend un godurioso strapiombino e fa sosta su una pianta. Bruna lo segue, libera la sua corda e fissa ai rinvii quella di Paolo. Una volta in sosta recupera Paolo che si fa carico di portare a Ivan il materiale tirando in sosta anche la mezza corda a cui siamo legati io e Gianka. Uno schema che ripetiamo per quattro appaganti lunghezze.

Siamo piuttosto lenti ma la giornata vuole essere rilassante ed istruttiva per Bruna che, diligentemente, segue Ivan ascoltando i suoi insegnamenti. Noi, appesi alle soste, non possiamo far altro che sopportarli mentre, ridendo come matti, ci prendono in giro dall’alto. Il sole è caldo, la giornata luminosa e tutti insieme stiamo davvero godendocela arrampicando sereni nell’ingoto.

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Nei momenti di attesa si chiacchiera allegri, poco importa se siamo a penzoloni nel vuoto attaccati ad una pianta. Giancarlo è un personaggio assolutamente incredibile ed arrampicare con lui è un privilegio ed un vero spasso. «Perchè l’Ivan quando era l’Ivan non aveva bisogno di corde per arrampicare, ma non credere sia sempre stato così. Io l’ho conosciuto quando era davvero giovane e la prima volta che l’ho incontrato è stata quando sua mamma mi ha mandato al tramonto a recuperarlo all’uscita del Medale perchè aveva fatto tardi!». Giancarlo racconta la storia infarcendola aneddoti e di spassose espressioni bergamasche. Anche Ivan ride di gusto davvero divertito: «Sì, Davide, anche questa è una bella storia che dovresti raccontare!» L’amicizia che lega questi due pezzi da novanta è trascinante!

La via che non esiste si forma piano piano, man mano che che la roccia si mostra a noi che la risaliamo. «Anche di là si potrebbe salire. Guarda che bella roccia rugosa e che clessidre! In qualche modo ricorda l’Angelone, ma senza spit». All’inizio arrampicare in questo modo mi sembrava impossibile, ora invece mi appare come la cosa più naturale. Nonostante le difficoltà date dall’ambiente e dall’ignoto per certi versi mi sembra il modo più sicuro e rilassante.

Tempo fa ho chiesto a Giancarlo come facesse a non essere in ansia quando Ivan provava passaggi difficili e sconosciuti, lui mi ha semplicemente risposto «Mica è stupido! Se non riesce a passare cambia strada o torna indietro: è così che si arrampica.» Ivan e Gianka hanno fatto cose assolutamente incredibili: lo stupore che mi assale ogni volta che Giancarlo mi offre una risposta ovvia rende l’idea di quanto la cultura moderna abbia incasinato il nostro modo di concepire l’arrampicata.

Giunti sulla cima della cresta raggiungiamo un ripiano erboso che scende ripido, ma agevole, verso la valle. Ci stringiamo la mano, ci abbracciamo ridendo, riponiamo il materiale negli zaini e ripartiamo alla volta della birreria: già, forse sto finalmente imparando qualcosa di importante su come si arrampica!

Davide “Birillo” Valsecchi

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