Via Zucchi variante BiBi

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«When a blind man cries, Lord, you know he feels it from his soul.» I tornanti verso i piani dei Resinelli scorrono ad ogni curva sotto il ritmo calmo ed intenso dei Deep Purple. La mente corre attraverso la roccia esplorando la giornata che sarà. Per Bruna questa è la prima volta su una via classica della Grignetta: salvo quelle fatte insieme ai Corni e quelle con Ivan questa è la sua prima vera via in ambiente (e che ambiente!).

Dai Resinelli saliremo attraverso i torrioni della Direttissima per poi alzarci tra le rocce rotte del canalone di Val Tesa: un’immersione nella storia e nel cuore della Grignetta. Poi sul Pilone Centrale lungo la via Zucchi superando i centottanta metri di dislivello che portano alla Cresta Segantini, da lì guadagneremo la cima ed il sentiero della Cermentati per la discesa.

Una gran “cavalcata”, forse troppo. Acquieto i dubbi ma su tutto pesano un mazzo di scomode certezze: Bruna non è indipendente e non ha mai usato quello che adorabilmente chiama il “bicchierino”, io non conosco la via e curiosamente è la prima volta che ne tiro una da primo in Grignetta. Staremo a vedere…

Superiamo la direttissima e la ghiaia della val Tesa arrampicando sulle placche levigate dall’inverno. La nebbia si abbassa, ingoia la nostra meta e nasconde la nostra via. Mi alzo dritto e raggiungo il Pilone della Finestra inseguendo linee logiche che aggirano brutta roccia gialla. Pascolo alla base per un po’: «No Bruna, il nostro pilone è il prossimo» Dall’alto le faccio l’occhiolino e passiamo oltre: ce la farò a non sbagliare montagna?!

L’attacco, quello vero, è ben chiaro e rimarcato da una scritta ed un curioso mazzo di fittoni appesi con il filo di ferro. Li guardo e mi domando: “Vuoi vedere che qualcuno ha fatto pulizia ed ora la via è nuda! Sarebbe una bella presa per il culo da parte del Karma!” Lego Bruna, rinvio sul primo fittone e supero il primo muretto.

Cerco di imparare e capire la chiodatura. Il primo tiro non è difficile ma è protetto solo nei punti più delicati. Dubbioso sulla distanza dei fittoni aggiungo un paio di fettuccie in clessidra perchà la linea, compiendo una doppia esse, espone il secondo di cordata al concreto rischio di pendolare. Fin dal primo passaggio ci si perde di vista e Bruna, comprensibilmente, sembra intenzionata a tirarmi giù imbrago e mutande anzichè darmi corda. Mi lasco a mano la corda e proseguo in mezza conserva sorridendo: “Imparerà, non c’è problema”.

In sosta la chiamo a voce. Ci cordianiamo e finalmente parte. Senza vederla la seguo ascoltando la corda. “Vendono” la Zucchi come una facile via di IV, ma a ben guardare fin dal primo tiro si capisce che è tutt’altro che banale. Gente che approda qui dalle falesie o dalla plastica rischia di prendere sonori calci in culo ed è veramente scorretto che questo non sia palesato a chiare lettere.

Bruna appare nella nebbia e sono contento di osservare il modo in cui tasta la roccia evitando di smuovere sassi. Ma forse mi preoccupo troppo, ha poca esperienza ma quella poca se l’è fatta aprendo vie “full trad” con me ed Ivan.

Le mostro un paio di trucchi per stare più comoda in sosta e riparto. Mi alzo sulla destra ed osservo un diedro che termina in un piccolo tetto. Non vedo chiodi o fittoni e nella mia mente si forma un pensiero “Non fare il figo sparando su dritto! E’ una via facile, quindi segui la linea più logica e semplice!”. Così mi alzo ancora verso destra seguendo un traverso appoggiato e puntando a raggiungere il crinale dove un diedro sembra offrire un buon passaggio. Mentre salgo un altro pensiero mi assale “Va bene fare i fighi sul facile, ma una protezione potevano anche metterla, giusto per scrupolo e coscienza…” Con pazienza continuo, raggiungo il diedro ed inizio a risalirlo. “Bhe, non è complicato ma non mettere nessuna protezione comincia ad essere un po’ da scriteriati! Non si fa!” Poi mi rendo conto che il passaggio non è certamente un 4a e che la mia ultima protezione è quindicimetri più sotto, un metro davanti a Bruna. La nebbia sotto di me si dirada ed appare l’abisso: “Birillo ti sei fatto fottere e come uno sfigato sei finito fuori via!!”.

“Asta che siento el click”. I Deep Purple continuano a suonare mentre il mio assetto mentale cambia: i motori si accendono e la mente si libera. La relazione diceva “inutili dadi, friends e chiodi”. Fanculo, io un paio di friend ed un paio di nat li ho all’imbrago ma, aspettandomi un bel fittone, sono già troppo fuori per mettermi a proteggere. “Arrampichi ai Corni, sei compagno di cordata di Mattia ed allievo del Guero: passa fuori di qui senza rompere le palle e combinare casini!”

Apro i piedi in spaccata lavorando in compressione. Non ho idea di quanto la roccia “regga”, lavoro di spinta senza andare troppo in trazione. Lascio che il baricentro diriga l’orchesta e passo oltre leggero e fluido. Rimonto e comincio a guardami intorno: trovo una clessidra e piazzo una fettuccia.

Non sono agitato sebbene la mia mente comprenda ogni aspetto della situazione. Sono piacevolmente presente, non si tratta più di seguire una via a fittoni. Ora devo superare la montagna e proteggere il mio compagno: curiosamente tutto mi appare più semplice.

Devo categoricamente fare sosta, organizzarmi con qualcosa di davvero solido prima di decidere come proseguire. Mi guardo intorno valutando le possibilità, poi in alto a destra brillano nella luce opaca i due fittoni gemelli. “Ecco il richiamo della civiltà…”.

Mi alzo ed arrivo in sosta. Guardo oltre ed osservo mesto una serie di comodi gradoni che risalgono a sinistra della sosta: “Forse per una volta conveniva fare il figo e sparare su dritto!”.

Purtroppo anche Bruna dovrà farsi il giretto imprevisto ed ancora una volta non posso seguirla con lo sguardo. La sento avanzare con calma e finalmente la vedo spuntare oltre il piccolo dierdo aggettante (…che di certo non è un 4a). Spunta il viso ed un sorriso: «Non ho idea di dove attaccarmi! Dichiaro ufficialmente di essere in difficoltà!» Le parlo, la metto in tiro e le spiego come passare. Con calma supera il passaggio, raggiunge la clessidra e mi si affianca in sosta.

Forse non dovrei dirle nulla ma l’onestà è una tentazione troppo forte: «Hai visto che cosa curiosa? In questo tiro non c’era nè magnesite nè fittoni…» Lei, per nulla preoccupata mi risponde «Già, in alcuni punti mi sono chiesta come hai fatto a passare da primo: non c’era nulla…» Con fare distratto le indico con il pollice alle mie spalle «Non so, forse perchè la via saliva da qui…» lei ride e non si arrabbia come forse sarebbe giusto: «Avevo capito che ne stavi combinando una delle tue!»

Guardo verso l’alto ed inquadro il primo fittone. Tiro un respiro e riparto promettendo a me stesso:“Birillo, basta stravaganze!”. I tiri successivi scorrono morbidi, facili ma assolutamente non banali. Solo quando raggiungiamo la Segantini la nebbia si apre mostrandoci l’azzurro del cielo e la cima della Grigna.

Infilo una delle due corde nello zaino, accorcio la nostra conserva e recupero Bruna ogni quindici o venti metri. Nei salti la calo con un mezzo barcaiolo e la seguo con tranquillità arrampicando in discesa. Curiosamente questa è la seconda volta che percorro la cresta, la prima senza neve. La mia è una formazione davvero strana ed è per questo che, nonostante alcune scelte possano apparire irriverenti, le Grigne mi incutono una profonda soggezione e rispetto.

Scendendo dalla Cermenati suona il telefono. Ivan, che forse era preoccupato per l’intensità complessiva dell’uscita, vuole parlare con Bruna e sapere come è andata:«Spicciatevi! Noi vi aspettiamo qui in birreria a Lecco!».

Raggiungiamo Paolo ed Ivan, seduti dietro un paio di birre ascoltiamo il racconto di Bruna: Ivan, per la contentezza, le morde il naso! Tutti insieme ridiamo godendoci il “fine giornata”. Poi dopo una profonda sorsata mi faccio avanti e dico la mia: «Ivan, con sta storia dei resinati vendono la Zucchi più facile di quanto realmente sia. Questo è ciò che alla fine rischia di renderla potenzialmente pericolosa, specie per chi ha poca esperienza. I “ragazzi del trapano” non mi fregheranno un’altra volta: mai più sulle Grigne senza martello!»

Davide “Birillo” Valsecchi

Al nostro primo giro insieme in Grignetta abbiamo tirato una variante: non so, forse siamo dei fighi o forse più semplicemente dei tremendi sfigati. Sono davvero contento che tutto sia andato bene e che la giornata sia stata piacevole. Sono felice di aver arrampicato con te.

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