Il ritorno di Tasso Selvaggio

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dscf5692Quando ero sbarbatello il mio maestro di Karate mi chiese “Birillo, secondo te è più pericoloso un avversario che ha provato 4000 calci differenti o uno che ha provato solo un calcio, ma quattromila volte?” Queste sono domande dannatamente strane, uno cerca di ignorarle ma rimangono appese e rimbalzano tra i pensieri per anni. Qualche giorno fa Ivan mi ha chiesto invece: “Biriz, secondo te è più forte uno che risale un tiro estremo o uno che risale 1000 tiri diversi di quarto?” Curiosamente questa domanda era diametralmente opposta alla prima e forse, finalmente, avevo la soluzione per entrambe.

Stavo risalendo verso Sambrosera puntando alla Crestina Osa: un giretto in solitaria per festeggiare l’arrivo dell’autunno. Ed ecco la soluzione. “Birillo, sei un pollo! Pesa più un chilo di ferro o un chilo di piume?” Già, la soluzione è semplice: “non è nè più forte nè più pericoloso, possono solamente essere la stessa persona”.

Un karataka, ammesso che non sia un decelebrato che pedissequamente ripeta gesti in modo meccanico, studiano un singolo calcio, anche il semplice calcio frontale, finirà inevitabilmente per esplorare tutti i suoi scenari d’impiego. Avanzando, indietreggiando, di lato, schivando, girando le anche, dandogli una piccola o una grande rotazione, cambiando la posizione d’impatto del piede. Senza rendersene conto le sue 4000 prove gli insegneranno 4000 calci. Anzi, questo è il solo modo in cui qualcuno può davvero imparare 4000 calci.

Un arrampicatore che chiude 1000 tiri diversi di quarto esplorerà roccia di tipologia e forme diverse, posizioni e movimenti diversi, imparerà a muovere il proprio corpo adattandosi alle diverse sfumature della difficoltà. Esplorerà emozioni diverse e formerà tanto il suo corpo quanto la sua mente: questo è il solo modo in cui qualcuno può davvero affrontare e superare un singolo tiro estremo. Certo …ammesso che il tipo del tiro estremo non l’abbia imparato a memoria cadendo mille volte sugli spit come si usa oggi.

Così mi sono chiesto se ripetere la bellissima Crestina Osa mi avrebbe dato quello che stavo davvero cercando. Forse il caldo, forse il vento, ho pensato che potesse essere più interessante curiosare alle base delle pareti. Volevo solo fare qualche foto ma poi, piano piano, ho iniziato ad alzarmi, a curiosare tra le rocce. “Purtroppo” mi ero ormai alzato troppo e non restava che proseguire 🙂

Un biacco ozioso mi è sfilato davanti bello pacifico, ricordandomi che la vera stagione esplorativa al Moregallo inizierà solo tra qualche settimana. Nonostante la foglia ancora alta ho visto grandi pareti e piccoli passaggi di boulder bellissimi, roccia saldissima nascosta tra le piante.

Mi sono alzato ed ho iniziato a seguire la cresta ovest riemergendo da un canale al buio. Fin quando non si supera in altezza i Pilastri del Moregallo (Grissino, Floreanna, ecc) si può scollinare nel canalone Belasa. Superati in altezza i Pilastri il fianco sinistro del Belasa diventa quasi impraticabile in discesa e, per uscire, non resta altro che puntare verso l’alto.

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Una spaccata su un canaletto verticale inquadra la mia situazione “Ecco Birillo, ora siamo in quella parte della giornata in cui se sbagli muori: quindi vedi di non sbagliare”. Per risalire si seguono le tracce dei mufloni abbandonandole per muretti di roccia buona quando queste si inoltrano per canali e terreni poco solidi. Man mano si sale il passaggio diventa sempre più obbligato e, prima del tratto finale di cresta, si deve sgusciare in una serie di diedrini erbosi a rimbalzo tra loro. Ero un po’ preoccupato di infilarmi in un “coul de sac” ma con un po’ di pazienza ho trovato gli incastri giusti. Purtroppo più si sale e più peggiora la qualità dei diedrini che, sebbene molto corti, iniziano ad essere decisamente fragili. Quelli rivolti verso il Belasa a volte sono parzialmente franati e sopratutto nei punti esposti questo non è rincuorante. Forse con una cordata si può rimontare direttamente alcune di queste strutture rocciose.

L’ultima parte di cresta è in comune con l’uscita della via di Ginetto Mora che esce dal Cep della Stria. Contavo quella fosse la mia linea d’uscita ma, immerso nelle piante, ormai potevo solo puntare verso l’alto: trovare finalmente il fittone della Crestina mi ha permesso finalmente di tirar fiato. Bagai!!

Più che una via o un itinerario è una ravanata: una salita nell’ingoto densa di difficoltà forse contenute ma da non sottovalutare. Qualche belle spaccata e qualche movimento delicato, specie sui terreni fragili, richiede qualche brivido. Bisogna fare grande attenzione a quello che si tocca e a quello che si muove.

Mi piace arrampicare, ma per me questo è il massimo: un’esplorazione su “misto verde” di quasi trecento metri di dislivello lungo tutta la cresta. Magnifico!! Alle volte fantastico su come potrebbe essere intensa una salita simile ad una quota maggiore, su creste costellate di grandi rocce incrostate di ghiaccio. Chissà, forse lì i miei 80 chili e la mia testa dura potrebbero trovare il loro ambiente naturale. Chissà, forse è tempo di curiosare anche altrove. Per il momento eccovi il Moregallo Occidentale in tutto il suo splendore!

Davide “Birillo” Valsecchi

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