Il Paradosso del Cane

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«Tu hai sempre dei cicli depressivi fasici, ma questo sta diventando più lungo del solito» Avere una moglie che è operatrice della riabilitazione psichiatrica spesso si rivela uno specchio fin troppo impietoso in cui osservare le proprie inquietudini. Sono ormai due settimane che l’influenza mi tiene prigioniero: non posso uscire e non sono abbastanza lucido per lavorare ai miei progetti, passo il mio tempo avvolto in una coperta guardando documentari sui soldati in Afghanistan e sulle truffe bancarie perpetrate contro la middle-class nel 2009. Bene, ma non benissimo insomma.

Così, in uno slancio suicida, ho infilato gli scarponi, due maglioni e sono uscito di casa. Più o meno all’altezza di “GianVacca” mi chiama Bruna al telefono: «Sei uscito?» «Sì – rispondo con il fiatone – ho fatto cento metri ed ansimo come un vecchio! Ho anche litigato con i cani!» Bruna dubbiosa «Come con i cani!? Quali cani?!» «No, no. Non per davvero: in modo metaforico, un paradosso della società contemporanea. Poi ti spiego, ora devo camminare: sembro una lumaca asmatica!» Bruna era un po’ perplessa, ma io avevo un sacco di passi ancora da mettere in linea.

Già, il paradosso dei Cani. Normalmente, quando sono in forma, i cani si guardano bene dall’abbaiarmi contro, specie quando sono solo. Credo sia l’odore o l’atteggiamento, qualcosa sentono di sicuro. In alcuni casi, con tanto di testimoni, è bastato che modulassi la voce in un certo modo per metterli in fuga spaventati. Deve essere qualcosa che ho sviluppato studiando Karate e passando tanto tempo da solo in montagna. Credo sia una forma di “presenza mentale” che a volte funziona persino con gli esseri umani ostili: ci ho vinto delle gare ed evitato persino qualche rissa.

Oggi però, una coppia di pastori tedeschi, ha sentito che ero malato e debole lanciandosi furiosi e vocianti contro la recinzione che costeggiava il sentiero. All’inizio la cosa mi ha infastidito, poi mi ha incuriosito e fatto riflettere. Quella recinzione serve a definire una proprietà dando ai cani la libertà di correre senza rappresentare un pericolo per chi passa: è una convenzione sensata, che dovrebbe tutelare tutti, padroni, cani, passanti, ma questi due idioti a quattro zampe non trovano di meglio che aggredirmi per divertimento. Già, perchè anche se sono malato, senza quella rete a proteggerli non avrebbero di certo avuto quell’atteggiamento tanto spavaldo.

In natura difficilmente gli animali diventano aggressivi senza motivo, quando lo fanno, anche in modo dimostrativo, hanno sempre uno scopo preciso. La natura non fa sprechi. Al contrario gli animali domestici, quelli “civilizzati”, quelli più umani, spesso lo diventano solo per noia o divertimento. Io stavo solo passando, non ero una minaccia nè per loro nè per la proprietà, perchè ribadire in modo tanto aggressivo la loro posizione, perchè utilizzare la recinzione per “spingersi oltre” a scapito mio?

Questa era la metafora della società contemporanea: cani che passano il proprio tempo al sole, con la ciotola piena e nessun problema, pronti a scattare contro chi si avvicina ai possedimenti su cui sono arroccati, a sfruttare tutele che dovrebbero essere reciproche per “spingere oltre” la propria aggressività, il proprio dominio. Tu puoi solo arretrare, perchè diversamente dovresti litigare con il cane, con il padrone, i suoi avvocati ed un esercito di integralisti animalisti. Tu stavi solo facendo la tua strada, senza pretese, ma devi stare in silenzio mentre quelli ti urlano contro, protetti dalla rete che dovrebbe proteggere te. Anzi se provi a rispondere finirai per certo nei guai. 

Non credete sia così? Guardatevi intorno: è pieno di cani che abbaiano nascondendosi dietro artificiose recinzioni! Il referendum doveva spazzare una classe politica quasi abusiva, li sentite come abbaiano minacciosi protetti dietro la loro inavvicinabile recinzione? E le banche? Hanno imbrogliato i risparmiatori, sono fondamentalmente dei ladri che hanno abusato della propria posizione dominante.  Hanno fatto una scommessa pericolosa, opportunista ed egoista, ed hanno perso.  Ma saranno i cittadini a salvarle, poco importa la crisi e le mille emergenze. Non importa neppure che la loro scommessa fosse dichiaratamente contro il bene comune e la nostra pelle: i soldi per le banche li hanno trovati subito, direttamente nelle nostre tasche. Provate ad opporvi: non li sentite ora abbaiare mentre in silenzio, a testa bassa e spaventati, arrancate come meglio potete sul vostro sentiero?

Di contro, come reazione, anche noi cerchiamo di diventare a nostra volta cani: spaventati cerchiamo una recinzione, anche traballante, dietro cui nasconderci per poter abbaiare a nostra volta. Avete presente quanto ridicoli siano certi cani di piccola taglia che ruggiscono nascondendosi dietro un niente? Ecco, quelli siamo spesso noi. Un ciclo che si ripete all’infinito in un latrato senza fine. Questa è la cosa più triste, perchè non ci rendiamo conto che quelli chiusi in gabbia sono loro, che senza quella recinzione, che serve ormai più a loro che a noi, sarebbero solo degli stupidi ed inutili cani viziati che abbaiano contro dei leoni. Vorrei proprio vederli aprire bocca senza quella recinzione garantista…

Già, il paradosso del cane: visto che mi sento come Van Gogh in procinto di tagliarsi un orecchio, credo che la febbre abbia iniziato a risalire. La situazione poi si è fatta ancora più grave perchè, nonostante tutti i buoni propositi, ho lasciato il sentiero infilandomi nel bosco ed al momento sono guidato dal suono di un pianoforte che vibra tra i miei pensieri. Bene, ma non benissimo in effetti….

Forse però è questo che cerchiamo nella montagna, non la libertà, ma l’onestà di cui siamo privati. Se provi ad abbaiare alla montagna nascondendoti dietro un effimera recinzione questa, con i suoi tempi, finirà immancabilmente per prenderti a calci in culo. E’ fatta così, brutalmente onesta, mai equa, pesa il tuo cuore ad ogni passo: ma forse è questa la libertà. “Vieni a me, così come sei…”

Io, ormai fradicio di sudore, arranco su pendii gelati inseguendo effimere cascate di ghiaccio. «Birillo, è tutto ghiacciato, il sole se ne è andato e non tornerà fino a domani. Se combini qualche casino, qui, ti addormenti per sempre! Sei ancora mezzo malato e ti metti a far canali di ghiaccio con una vecchia racchetta da neve?» La mia coscienza è il compagno di viaggio più petulante e fastidioso che mi potesse capitare! Sebbene non a piena forza, il mio motore sembra girare bene. Il mio giudizio, se non proprio lucido, è adeguatamente allineato.

Il ghiaccio è affascinante, anche se praticamente non ho quasi nessuna esperienza in materia. Certo, nel 1985 avevo gradinato con martello e scalpello la cascata di ghiaccio dietro casa e mio padre, sebbene avessi nove anni, era pronto a farmi sicura dal pollaio con la corda per la legna se mia madre non si fosse opposta quando ero più o meno a quattro metri da terra. Tuttavia non posso definirmi un’esperto di cascate di ghiaccio, forse è per questo mi sono limitato ad arrampicare sulla roccia accanto….

Un grosso boccione è volato di sotto rimbombando, certo, ma in linea generale la roccia era curiosamente solida e lavorata. Il ghiaccio però non sembrava “legarla” abbastanza da ignorarne la fragilità: posto decisamente curioso e selvaggio. Per raggiungere la base della cascata più grande dovevo risalire un muro roccioso incrostato di ghiaccio ed erba, avevo individuato il punto in cui riuscire a passare con pochi passi ma la coscienza continuava a protestare.

«Tu accampi solo scuse per tirarti indietro. Io dico che si passa e da lì, dal boschetto appena sopra, è tutta dritta fino al cuore della gola»
«Scuse!? Ma quali scuse!! Scemo, guardati intorno! Dovevi andare in cima al Corno Rat seguendo il sentiero, una passeggiata per anziani: come accidenti abbiamo fatto a finire qui?! Ammesso che tu riesca a salire senza cadere, come farai a scendere? Sei ancora mezzo malato, se finiscono le batterie prima che finisca l’ingaggio? Non c’è assolutamente modo di uscire da sopra e siamo su un pendio di paglione gelato che precipita in un canale buio e pieno di ghiaccio. Vuoi che faccia l’elenco di tutti i “modi brutti” in cui puoi lasciarci la pelle oggi?»

La mia coscienza ha un’aggressività latente davvero disdicevole.
«Sì, vabbè, però ormai son qui…»
«Certo! Ma davvero ti lasciano uscire da solo?! Sei un pericolo! Dovrebbero rinchiuderti e lasciarti abbaiare dietro una recinzione!»

Oilà, questa era buona e paradossale allo stesso tempo!

Okay, non sono tanto fulminato da avere amici immaginari con cui andare a passeggio, ma l’economia generale dei miei pensieri era più o meno quella. Così, visto che davvero le mie batterie iniziavano a scaricarsi e l’impegno era significativo, ho girato i tacchi e piano piano mi sono riportato tra la civiltà, sogghignando felice…

Forse è solo una coincidenza, una fortuita casualità, tuttavia sono ripassato davanti a quei due idioti a quattro zampe: sono corsi come dei forsennati verso la recinzione ma, curiosamente, si sono ben guardati dall’aprire bocca questa volta. Cosa era cambiato? Niente, è bastato guardarli con occhi diversi. Già, divertente: forse ho ancora l’influenza ma tutto sommato credo di essere guarito.

Davide “Birillo” Valsecchi

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