La “Direttissima” del Moregallo

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Domenica mattina di luglio: un caldo terribile. Il paradosso è vivere ad un chilometro in linea d’aria dal Lago e tecnicamente non riuscire a sfruttarlo. La costa che risale da Parè, frazione di Valmadrera, fino ad Onno, frazione di Oliveto Lario, è infatti “logisticamente” un problema su cui continuo ad “incartarmi”. Il tratto di strada, la provinciale SP583, che collega le due frazioni è lungo 11 chilometri ed attraversa due nuove e lunghe gallerie. La prima di 1,7 chilometri, la seconda di 2.3 chilometri. La vecchia strada statale, che correva lungo la riva del lago, è oggi chiusa e quasi completamente impraticabile, nel senso che il primo tratto di strada è diventato privato ed è solidamente recintato. Neppure “ravanando” è possibile aggirare questo blocco lungo la riva: forse solo a nuoto, tenendosi ben lontani dal cantiere navale, si riesce a passare!

Curiosamente la parte “insensatamente” privatizzata appartiene al comune di Valmadrera mentre il resto della vecchia strada, oggi in abbandono ma praticabile a piedi, appartiene al comune di Mandello del Lario che, sebbene sulla riva opposta del lago, vanta storici diritti sui territori del Moregallo.

Le due nuove gallerie impongono quindi di accedere alla sponda orientale solo a Parè, prima della prima galleria; in località Moregallo, tra le due gallerie; alla spiaggia delle Moregge, dopo la seconda galleria. Purtroppo a queste limitazioni se ne devono aggiungere altre due: la prima è un cronico affollamento estivo di tutta la zona, la seconda è la scarsa possibilità di parcheggio, oggi anche a pagamento. Anche volendo affrontare due chilometri di provinciale chiusi dentro una trafficata galleria, una camera a gas, sarebbe comunque impossibile: la galleria, per problemi all’impianto di illuminazione, è interdetta tanto ai pedoni quanto alle biciclette. Quindi la macchina ed il parcheggio a pagamento sono l’unica soluzione diretta.

Tutto il versante Est del Moregallo è caratterizzato da grandi pareti verticali e, come se questo non bastasse, ci sono ben quattro cave che “aranano” i già difficili fianchi della montagna. Per questo motivo non vi è un sentiero che corre a mezza costa da sud a nord. Al momento l’unica soluzione possibile e ufficiale è il sentiero 50° Osa che dalla bocchetta di Sambrosera, a 1192m di quota sulla cresta del Moregallo, compie una lunga discesa superando la Parete Nord e raggiungendo il lago tra il Rapanui e l’Avalon. Quindi, solo andata, sono oltre 1000 metri di dislivello ed oltre 6 km di sviluppo per ovviare ad un impraticabile strada di 2 chilometri pianeggiante a bordo lago!

Inevitabilmente tutta quella zona, osservabile solo dall’altra sponda del lago e quindi lontana da occhi indiscreti, è territorio di “saccheggio”: quando in cava, il 6 marzo 2015 si sono lasciati prendere la mano con le mine, per il boato che ne è derivato se la sono fatta sotto anche a Lecco. Così, giusto per dire… (LeccoNotizie: Boato sul lago, tanta paura)

Le alternative al 50° sono poche, selvatiche e spesso non offrono alcun vantaggio se non quello di “pericolare” negli angoli più fieri del Moregallo. C’è infatti il “Sentiero della Teleferica” (un’avventura!), quello “del casotto dal lago” (un’altra avventura!) e più a nord tracciati dei mufloni e dimenticati sentieri sulla sinistra orografica della valle delle Moregge. In ogni caso è necessario raggiungere la cresta del Moregallo oltre i 900 metri per poi poter scendere.

Nello scorso inverno, agli inizi di Dicembre, mi sono avventurato ad esplorare una possibile soluzione che, più o meno a quota 400, riuscisse a vincere gli ostacoli attraversando orizzontalmente tutto il versante. La prima parte della mia esplorazione è stata vertiginosa ma di successo: molti “sentieri” tracciati dagli animali attraversano orizzontalmente fino a raggiungere la cresta a quota 400: il sasso Preguda è a quota 630, quindi questa linea è decisamente “bassa” ma sufficientemente alta per accedere all’anfiteatro roccioso che “ospita” la cava al di sopra della sua linea di scavi.

Quella zona è bellissima e probabilmente, al di sopra della cava, è assolutamente “vergine” del tocco umano. Ci sono un paio di linee che, attraverso la roccia a strati ed i prati strapiombanti, può essere inseguita per raggiungere la cresta opposta, dove corre il sentiero del casotto. Il prossimo autunno, quando l’erba sarà seccata ed i serpenti avranno smesso di pascolare per prati, ho intenzione di continuare la mia esplorazione. Ovviamente serviranno corde e chiodi per riuscire a raggiungere l’altro lato ma, se mai ci riusciremo, avremo superato i primi due grossi ostacoli: la prima cava e la prima galleria. Da quel punto, attraverso il sentiero del Casotto e quello della Teleferica si potrebbe proseguire orizzontalmente fino al grande (e temibile) canalone che scende a valle a sinistra della parete del Tempo Perduto. Se anche questo secondo “problema” fosse risolto il nostro viaggio potrebbe continuare in orizzontale fino alla base della Parte Nord.

Mentre rifletto sulle possibilità e sulle difficoltà non posso che pensare ad Eugenio Fasana, il grande alpinista che stato il capostipite degli arrampicatori dell’Isola Senza Nome. Sua è infatti la prima storica via d’arrampicata sull’omonima parete del Corno Centrale realizzata il 30 Giugno del 1910. Pensavo a Fasana perchè fu sempre lui, nell’Ottobre del 1911 , a tracciare l’avventurosa linea su cui oggi corre la celebre Direttissima che in Grignetta collega i Resinelli con il rifugio Rosalba. Quella linea avveniristica, tra canali repulsivi ed allora inesplorati, oggi è uno dei sentieri più noti e frequentati della Grignetta. Certo, oggi ci sono cavi in metallo, pioli, scale e probabilmente ben pochi si rendono conto di cosa possa significare affrontare quel percorso senza tutte quelle “correzioni” umane che furono introdotte dal Cai Milano nel 1923.

La direttissima di Fasana e la mia esplorazione attraverso il Moregallo per certi versi si assomigliano molto: un’avventura ed un’esplorazione “diversamente” alpinistica. Ma quale potrebbe essere il suo futuro? Per quanto io sia contrario ai cavi metallici, alle catene ed al trapano non è possibile negare il ruolo dell’attuale direttissima nello scenario della Grignetta. Il Moregallo però è aggredito da quattro cave, qualcosa che ha decisamente un impatto esponenzialmente più violento delle mie consuete remore etiche. Un sentiero attrezzato, fosse anche con passaggi da vera e propria ferrata, segnerebbe un limite invalicabile alla salita della cave ed una maggiore frequentazione permetterebbe una maggiore vigilanza. Spalancare le porte di un mondo segreto o lasciare che sia consumato in silenzio? Forse il compromesso è accettabile, di certo avrebbe un senso ed uno scopo forse più nobile di molte altre ferrate “ludiche” del territorio lariano. (A partire da Gamma1 fino alle nostrane Belasa, Venticiquennale Canzo e Trentesimo Osa…)

Così, mentre attendo il ritorno dell’autunno, fantastico su cosa potrebbe essere fatto. Cosa accadrebbe se le avventate esplorazioni dei Tassi del Moregallo riuscissero a raccogliere il sostegno delle storiche realtà dell’Isola: la OSA, la SEV, il Cai di Valmadrera così come quello di Canzo ed Asso. Forse persino i Corvi di Mandello, a cui appartiene ufficialmente quella zona, potremmo esserne interessati. Chissà, forse unendo tutte le forze e tutti i talenti, si potrebbe creare la nostra direttissima, chiudere il cerchio attorno al Moregallo e presidiare una parte del nostro territorio spesso abbandonato.

Davide “Birillo” Valsecchi

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