Nel dubbio… Karate!

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Superata la Torre Marina buttiamo gli zaini a terra ed iniziamo ad imbargarci all’attacco della Cresta del Cinquantenario. Cerco di infilarmi le scarpette ma un dolore alla spalla mi blocca. Sorpreso da quella fitta mi siedo per terra e piano piano finisco di equipaggiarmi. Conosco quel dolore e mi ruba un sorriso quasi divertito. Con me ci sono Gabriele e Ruggero: loro si prendono cura di me, io mi prendo cura di loro. Ruggero si è presentato a casa mia, all’alba, in bicicletta: i due sono in grande forma ma ne combinano davvero una più di Bertoldo… specie con le corde! Mancano di esperienza ma abbondano in talento e determinazione. Io sono invece un rottame. La caviglia mi da il tormento ed ho l’agilità di un manico di scopa spezzato. Di fatto, per come mi sento, la cresta del Cinquantenario sarebbe fuori dalla mia portata senza di loro (…anche se poi  si dimenticheranno di farmi sicura sul qualche tiro!!!). Le gambe, il fegato, la schiena, il lavoro, la Nana, il sonno mancato… sono uno abituato ad inventarsi ottime scuse, ma questa volta mi toccano solo giustificazioni più che reali. Povero me. Sono un rottame ma per come è andato l’ultimo anno è inevitabile io lo sia, quindi bene. Anzi benissimo. Poi questi due “giovinastri” (e lo dico con affetto) si occupano di me ed io mi occupo di loro: l’equilibrio vince ogni cosa. Però quel dolore alla spalla è diverso, quel dolore lo conosco e nel tempo gli ho dato anche un nome: paura. Io vivo una certa simbiosi con il mio corpo (quando non siamo litigati!) e quel dolore è il modo in cui fisicamente cerca di comunicarmi che non siamo preparati. Perchè, francamente cos’è la paura se non impreparazione?

Così mi è venuta in mente una frase del Maestro Funakoshi “Il karate è come l’acqua: si raffredda solo quando smetti di scaldarla”. Superata la cresta del Cinquantenario e la successiva bevuta nella mia cucina, ho preso a mano un vecchio libro. “Secondo me, ci sono tre specie di disturbi che affliggono un essere umano: le malattie che causano febbre, le disfunzioni del sistema gastrointestinale e le ferite fisiche. Quasi sempre la causa di un’infermità è radicata in una condotta di vita malsana, in abitudini irregolari, ed in una circolazione povera. Se un uomo con la febbre pratica il karate, fino a che comincia a sudare, egli presto troverà che la sua temperatura si è abbassata e che la malattia è stata curata. Se un uomo con disturbi gastrici fa lo stesso, il suo sangue circolerà più liberamente ed allevierà la sua sofferenza. Le ferite sono, naturalmente, un’altra cosa, ma anche molte di queste possono essere evitate da un uomo ben allenato che si esercita con attenzione e cautela. Il Karate-do non è semplicemente uno sport che insegna come colpire e calciare; è anche una difesa contro le malattie e gli acciacchi.”

Ho fatto leggere il passaggio a Bruna che, da esperta massofisioterapista, ha confermato che ho tutte le tre patologie. Tuttavia cercava di contraddire con la sua esperienza medica l’idea che bastasse praticare Karate per guarire dai tre disturbi. Così ho cominciato a prenderla in giro rispondendo ad ogni sua domanda con “Karate!” come in uno spettacolo dei Monty Python. Hai bisogno di dimagrire? Karate! – Hai la pressione alta? Karate! – Devi portare fuori l’immondizia? Karate! Può sembrare ridicolo, ma è la verità: il Karate, nella giusta accezione, è sempre la risposta.

“Studia come un principiante, in seguito potrai stare in modo naturale.” Ora, due volte al giorno, come un politraumatizzato in riabilitazione fisioterapica, mi alleno per circa 40 minuti. Non crediate che danzi in un tripudio di calci volanti (potrei morire tentando di nuovo qualcosa di simile!!!), mi esercito in movimenti che ai più potrebbero apparire ridicoli ed inutili. Piccoli, ma densi. Tuttavia ogni restauro inizia dai dettagli e, finalmente, confido di poter tornare presto a giocare con i miei compagni sulle rocce del Moregallo.

Curiosamente, dopo anni di indisciplinato e piacevole castigo, il mio Maestro mi conferì la cintura nera proprio per meriti alpinistici, perchè nel mio andare per monti avevo dato prova di aver davvero compreso il significato del Karate-Do, la via della mano vuota. Forse questi due credono di imparare qualcosa da me, ma la realtà è che sono io ad imparare, e molto, da loro.

Ora, se vi riesci di allestire una sosta decente e chiudere queste benedette ghiere, possiamo ricominciare a salire! 😉

Davide “Birillo” Valsecchi    

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