Escursioni Luglio 2021 (2a Parte)
Noturna al Sentiero Geologico Alto
Serate di luglio trascorse nella quiete delle nostre montagne: il sole illumina l’erba, verdissima ed agitata dal vento, mentre luci ed ombre rimarcano i profili delle rocce bianche dell’isola senza nome. Mille metri di fatica per intensi attimi di grande pace e soddisfazione!!
Rongio – Manavello – Rifugio Rosalba
Al via le escursioni “In montagna Lunedì”, una serie di impegnative salite da affrontare nel giorno in cui i monti sono meno affollati. Prima tra queste il lungo crinale che da Rongio risale al Manavello, allo Zucco Pertusio e quindi al Rifugio Rosalba: quasi 1500 metri di dislivello per un itinerario che scorre tra boschi di faggio e pinnacoli rocciosi offrendo uno scorcio vertiginoso sull’azzurro del lago. Raggiunto il Rifugio, dopo esserci ampiamente rifocillati, abbiamo iniziato la nostra discesa lungo la parte bassa della Val Scarettone, ammirando prima le guglie della Cresta del Giardino e poi la fresca oscurità della Grotta Ferrera. Il maestoso spettacolo del Grignone, del Sasso Cavallo, del Sasso di Sengg e dei Carbonari ci ha accompagnato, con prospettive sempre diverse, lungo tutto il percorso. Un escursione impegnativa, sia fisicamente che in alcuni tratti tecnicamente, decisamente appagante!!
Notturna San Pietro al Monte
Nelle intenzioni doveva essere un’escursione rilassante, una semplice salita diretta al Santuario di San Pietro al Monte. Il gruppetto però aveva voglia di zingarare, di far girare le gambe. Così, dalla Valle dell’Oro ci siamo ritrovati sulla vecchia strada romana per Suello ingaggiando verso il Priel. Dopo un arrembante serie di sali e scendi nel labirinto di sentieri del Cornizzolo abbiamo deciso di riportare la nostra rotta verso San Pietro dove, finalmente, ingollare i curiosi – e terribili – panini al salmone di Luca. La millenaria Abbazia ci ha accolto con i suoi silenzi mentre il sole lasciava posto ad una luna ormai quasi piena. Riguadagnando il crinale al Dosso della Guardia siamo scesi a valle mentre il lago di Annone brillava nelle luci della notte. Una birretta “Da Edo” per concludere un viaggio attraverso una bellezza solo apparentemente semplice!
Notturna Boschi di Valbrona
Quando il caldo si fa opprimente bisogna giocare d’astuzia, rimandare le salite più impegnativa concedendosi anche qualche piacevole passeggiata tra i boschi. Così, partiti da Maisano – frazione centrale di Valbrona – ci siamo spostati verso Visino lungo il sentiero che, attraverso i prati, raggiunge il laghetto di Ponte Castello. Poi, puntando verso la Coletta dei Corni, abbiamo girovagato quasi senza meta tra i mille sentieri del bosco che, riconoscente per la visita, ci ha premiato con abbondanza di lamponi!! Disertata la Val Cerrina, già visitata salendo ai Corni, abbiamo deviato per i Prati di Piazzo prima di risalire verso Oneda lungo il sentiero del Criarolo. Nella quiete serale delle baitelle dei Corni ci siamo imbattuti in sorpresi caprioli, in un cinghialetto solitario ed in una lepre. Una piacevole passeggiata attraverso luoghi sconosciuti, ricchi di boschi ed acqua, per un totale di quasi 10 km e 384m di dislivello.
Belasa o non Belasa?
Belasa o non Belasa? Sabato sera, mentre ci addentravamo nella valle Inferno lungo il Sentiero delle Vasche, una maliziosa pioggerellina rendeva viscido ed incerto ogni appoggio. L’obiettivo dell’uscita era il Belasa, farsi però sorprendere da un temporale estivo nel Canalone Belasa è davvero una pessima idea ed ogni bollettino meteo o proiezione radar sembrava urlare all’imminente funesto nubifragio. Così con il mio piccolo gruppo, già ridotto dalle preoccupate defezioni, dovevo decidere sul da farsì. Temporeggiando, in attesa che il cielo mostrasse finalmente le proprie intenzioni, abbiamo bighellonato al “Casotto degli Sbadati”, allo “Spaccasassi”, al “Crotto del Funzi”, trasformando un’escursione dall’intenso impegno fisico in un’esplorazione storico/culturale/naturalistica. Giunti alla fontanella di Sambrosera non restava che scegliere: Belasa o non Belasa. I “marchingegni digitali” di tutti i presenti profetizzavano pioggia e sciagura. L’unica certezza, nella mente della guida, è che una volta nel Belasa, se arriva il temporale di notte, puoi solo tentare di uscire verso l’alto sperando di avere fortuna e che tutto fili liscio. “Se tua madre ha deciso di risposarsi, o il cielo di far piovere, tu non ci puoi fare proprio nulla” recita un curioso proverbio cinese. Il tempo è il ritmo di tutte le cose, tanto come fenomenologia meteorologica quanto come continuità di eventi connessi tra loro. In montagna bisogna avere ritmo: quando la musica cambia bisogna essere pronti a cambiare il ballo. Così, continuando la nostra camminata, ci siamo allungati verso la Valle Due Pile, la Forcellina, il sentiero del Luisin, il sentiero Elvezio e quindi il Sasso di Preguda. Alla fine della serata, poco prima di mezzanotte, non avevamo fatto il Belasa ma non era neppure giunto il previsto diluvio, avevamo fatto il doppio dei chilometri previsti e la metà del dislivello, ma nella Valle Dell’Oro, con una birra in mano sotto un cielo stellato dominato da una luminosa luna piena, abbiamo brindato e riso tutti insieme. Sull’Alto Lago brillavano minacciosi lampi, ma ormai non aveva più importanza: direi bene anche così!
Notturna Palanzone
“La mia guida è differente”. La notturna al Palanzone è una classica, forse ormai anche troppo conosciuta: dalla Colma partono sempre più spesso improvvisate comitive allo sbando nella notte. “Vi va se cambiamo? Se saliamo da Caglio anzichè dalla Colma? E’ un po’ più dura ma…” Così dal Santuario di Campoè ci siamo inoltrati nella valle nel Torrente Rezzago per poi salire alla Bocchetta di Vallelunga. Qui, nei boschi sfoltiti di recente, abbiamo avuto modo di osservare diversi caprioli al pascolo nella quiete del crepuscolo. Poi sù, verso “Cà della Volta” e più in alto, lungo il crinale che separa Caslino da Caglio raggiungendo la Cima. Una “cresta” erbosa che si staglia contro l’orizzonte, ben visibile ed inconfondibile quando si sale lungo la Vallassina. In cima l’orizzonte bruciava ad occidente mentre il buio iniziava ad avvolgere l’oriente. La “Piramide” era ancora curiosamente deserta, ma solo per poco. Prima un gruppetto “sperduto” in cerca del Rifugio Riella (deve essere caduta la palina ed al buio non sapevano più dove andare) poi un orda di “sfollati” che, disperatamente aggrappati alle racchette da montagna, slittavano sul fango con le “mojito” (scarpette basse da passeggio con la suola drammaticamente liscia!) mentre venivano incalzati da “runners” attrezzati come power ranger ma ormai già senza fiato. Io e le mucche abbiamo osservato la scenetta con una certa divertita curiosità. Guardare invece il mio piccolo gruppo mi ha strappato un compiaciuto sorriso: i suoi membri, che avevano nelle gambe il doppio del dislivello ed il doppio dei chilometri, erano decisamente differenti, tanto nell’equipaggiamento quanto nell’atteggiamento. Per me è una grande soddisfazione riuscire ad insegnare come vivere la montagna senza scadere nel turismo modaiolo oggi tanto in voga. Dopo aver lasciato sfilare il “trenino” abbiamo superato la Bocchetta di Caglio immergendoci nuovamente nel bosco e nei suoi segreti. Il sentiero, sdrucciolevole ma piacevole, ci ha riportato prima al Belvedere Segantini e poi al Santuario. Quasi tutti i partecipanti erano già stati al Palanzone in precedenza, spesso di notte o con la neve: nessuno però aveva mai percorso quei due sentieri e tutti erano felici di aver scoperto luoghi sconosciuti. La magia è trasformare un’escursione semplice in un’esperienza speciale: ieri sera sono stato una buona guida!
Ocone e Camozzera
Le preoccupanti previsioni meteo per la serata rendevano impensabile la prevista notturna al Monte Due Mani. Così, contattando un po’ di “habituè” dalla comprovata capacità, ho fatto loro una proposta alternativa: partire la mattina da Carenno, Passo del Pertus, Monte Ocone, Monte Camozzera, la Passata e ritorno sulla DOL. Il risultato è stato una appassionante e suggestiva “cavalcata” sulla parte più orientale del Sentiero delle Creste al Resegone. Partiti alle nove eravamo novamente a Carenno alle tre del pomeriggio, ampiamente in tempo per sfuggire ai nubifragi previsti per le diciotto. É però sufficiente una rapida incursione come questa per rimanere affascinati dalla bellezza, unica nel suo genere sul Lario, del Monte Resegone. Monte Spedone, Monte Ocone, Cima Camozzera, Cima Quarenghi, Cima Piazzo, i Solitari, Pizzo Brumano, Pizzo Daina, Torre di Valnegra, Cima Resegone, Punta Stoppani, Punta Manzoni, Dente, Cima Pozzi, Pan di Zucchero, Pizzo dei Galli, Pizzo Morterone: ecco il Sentiero delle Creste nella sua stupefacente interezza. Il crinale tra l’Ocone ed il Camozzera, con i suoi passaggi impegnativi e spesso tecnici, mostra anche quanto sia necessario possedere esperienza, passo fermo e preparazione fisica per affrontare un “viaggio” simile. La cresta dal Monte Ocone al Camozzera, un’escursione riservata solo ad escursionisti esperti, è intensamente affascinante: con il gruppo giusto conto di tornarci anche in autunno, magari aggiungendo qualche altro “dente” prima dell’arrivo della neve.
Escursioni Luglio 2021 (1a Parte)
Notturna ai Funghi di Rezzago – Croce Pizzallo
Dopo aver riunito il gruppo ad Asso siamo saliti a Rezzago, attraversare il centro storico del piccolo paese, per risalire poi la Valle dei Morti dove, accanto ad un grosso masso erratico, fu costruito un lazzaretto. Lungo la Val di Balcon abbiamo osservato i due grandi “Funghi di Terra”: le “piramidi di erosione” sono imponenti strutture nate dal connubio geologico tra gli “erranti” – trasportati per centinaia di chilometri dal ghiacciaio – e l’erosione ad opera della pioggia dei terreni morenici – anch’essi frutto del passaggio del ghiacciaio. Ci siamo quindi inoltrati tra i grandi castagni di Enco per guadagnare la cima della Croce Pizzallo passando da Piazza Dorella. Il panorama circostante, avvolto nelle luci del tramonto – abbracciava tutto il triangolo lariano spingendosi ad Est oltre il lago, raggiungendo le due Grigne, il Resegone ma anche il distante Legnone. Scendendo verso dosso mattone ci siamo imbattuti in sei grossi cinghiali. Con la dovuta prudenza, senza attirarne l’attenzione, siamo riusciti ad avvicinarci abbastanza per osservarli in sicurezza, raggiungendo al contempo anche la sommità del Dosso Mattone. Abbiamo poi proseguito la nostra escursione verso i “tre sassi” e l’alpe del Ginestrino facendo ritorno a Rezzago dalla strada di Enco. Lucciole e stelle hanno accompagnato il nostro cammino fino ai caratteristici lampioni arancioni che illuminano le strette viuzze delle medioevali Corti di Rezzago.
Notturna nelle Moregge
Le previsioni meteo oscillavano compulsive tra “pioggerellina leggera” e “Allerta Gialla!”. La Valle delle Moregge, una delle valli più selvatiche e meno antropizzate di tutto il Lario, è davvero un pessimo posto per farsi sorprendere da un violento temporale. Ad aumentare le incertezza anche un imprevisto: l’uscita dalla vecchia galleria del Melgone è stata nuovamente bloccata – lo abbiamo scoperto solo al secondo cancello – rendendo impossibile un giro ad anello sfruttando il “sentiero della scaletta”. Abbiamo provato a rimontare sul “sentiero della finestra”, ma due alberi abbattuti rendevano ulteriormente complessa una linea di salita già impegnativa ed esposta a precipizio sull’acqua. Respinti dal rischio e dalle difficoltà non abbiamo potuto altro che ritornare sui nostri passi e ripiegare sul Sentiero del 50° OSA. L’afa, dopo un scroscio di pioggia, era soffocante rendendo ulteriormente gravosa la già ripida salita tra l’erba alta. Partiti da quota 200 – la riva del lago – abbiamo raggiunto quota 550 sotto l’imponente Parete Nord del Moregallo. Prima di abbandonare il sentiero per immergersi completamente nella valle delle Moregge, viste le facce e l’incertezza del tempo, ho indetto una votazione: 9 voti su 9 – il mio compreso – hanno optato per un fresco bagno nelle acque del lago ed una bicchierata al Rapanui! In montagna non sempre si vince, l’importante è non perdere: un’escursione densa di imprevisti e magra di conquiste si è rivelata una serata tra le più divertenti e piacevoli da trascorrere tutti insieme. Il Moregallo non regala mai nulla, ma il gruppo è stato ottimo!
Notturna al Corno Orientale
Il fascino del giorno che incontra la notte, vissuto tra le montagne, è riuscito – almeno in parte – a resistere al richiamo della Nazionale di calcio impegnata nella semifinale degli Europei. Con un piccolo gruppo abbiamo risalito, avvolti nel placido silenzio che avvolge al tramonto i vecchi castani, la val Cerrina. Giunti quasi al suo culmine siamo stati accolti da un capriolo maschio che fieramente rivendicava il proprio primato sul territorio: “Ma abbaia?” Sì il capriolo “abbaia”, emette un suono cupo e roco che ricorda quello del cane. Il termine corretto è “scrocchio”, in parte è un segnale d’allarme ed in parte un “chivalà” che l’animale lancia verso chi entra nel suo territorio. Giunti poi a Pianezzo, mentre le nuvole grigie si tingevano di arancione, ci siamo diretti alla Parete Fasana ed alla Forra dei Corni. La profonda ”trincea di roccia” che separa la Parete Fasana dal Gruppo dei Pilastri è una piccola meraviglia sorprendentemente poco nota a molte delle persone che sono già salite in precedenza ai Corni. Dalla cima del Corno Orientale, dopo i saluti di rito e qualche pezzo di focaccia farcita, ci siamo goduti la notte ed il brillare delle luci sottostante. Verso le undici e mezza, rientrando alle macchine tra le strade di paese, abbiamo potuto ascoltare – dalle finestre aperte e dalle televisioni a tutto volume – anche lo svolgersi dei Calci di Rigori e la vittoria della Nazionale. Sembra che le nostre notturne portino fortuna anche agli azzurri!
Notturna al Monte Oriolo
L’Oriolo, con i suoi 1101 metri, è il meno conosciuto e probabilmente frequentato dei tra i monti che circondano la conca di Crezzo (Megna, Oriolo e Castel di Leves). Tuttavia offre la possibilità di un percorso ad anello inaspettatamente suggestivo e panoramico. Si può infatti attraversare i boschi del versante Est, abbondanti di grandi alberi e grossi massi erratici di granito, per poi percorrere da Sud verso Nord il lungo crinale: solitarie radure offrono scorgi insoliti, per via della posizione dell’Oriolo, sulle montagne e le valli circostanti. L’itinerario, impegnativo ma non particolarmente faticoso, permette poi di allungarsi verso il Castel di Leves prima di fare ritorno alle sponde del Laghetto di Crezzo da cui si è partiti. Le fotografie, con la fioca luce di questi piovosi giorni di luglio, non rendono giustizia al panorama. Un’escursione interessante da riproporre nelle diverse livree stagionali.
Calendario Notturne Agosto 2021
“Il giorno è abbagliato; la notte è dei sogni e solo i crepuscoli sono chiaroveggenti per gli uomini.” (Pirandello). L’idea di andare in montagna di notte è nata dall’opportunità di evitare il caldo estivo, così come dalla volontà di fuggire al fresco dopo una lunga giornata di lavoro. Poi però si è trasformata in qualcos’altro, in un’esperienza inaspettatamente più profonda. Quando il rossastro orizzonte del tramonto lascia spazio ai colori sempre più tenui del crepuscolo si riesce a percepire tutta la magica complessità del passaggio tra il giorno e la notte. Scritta così, in un articolo per il web, può sembrare una banalità ma quei momenti, vissuti sulle montagne, hanno davvero un inconsapevole ma importante impatto sul nostro agire, sul rapporto con ciò che ci circonda. Il tramonto è un momento di festa, di saluto, il sole infiamma il cielo e gli spiriti. Quando poi sparisce il mondo si acquieta, le piante – dai girasoli alle più primitive felci – reclinano il capo, gli uccelli ammorbidiscono il proprio canto, ogni creatura vivente sembra cambiare lentamente il proprio equilibrio. Anche osservando i membri del gruppo appare evidente come, senza apparente ragione, persino i più caciaroni e chiassosi diventino più quieti, maggiormente predisposti all’ascolto anzichè al fiume di parole e pensieri che li ha accompagnati fino a quel momento. Perchè il crepuscolo non è nè giorno nè notte, non è neppure tramonto, ormai passato. Ciò che accade subito dopo lo scomparire del sole è ciò che fotografi e poeti chiamano l’ora blu: conservando il ricordo del giorno anticipa, lentamente ed in modo sfumato, ciò che accadrà durante la notte. Gli animali più grandi lasciano il proprio riparo nel bosco e si mostrano ai margini dei prati, dei pascoli o delle radure. Pur un momento possiamo sbirciare nel buio senza bisogno di altra luce se non il tenue riflesso che solo gli occhi, dopo millenni di evoluzione, sanno cogliere. Sospesi in un territorio di confine che percepiamo inaspettatamente familiare. Poi inizia la notte e tutto cambia nuovamente: il cielo si riempie di stelle ed i prati di lucciole, il bosco si anima di rumori, suoni, versi, movimento. La notte è viva, caotica e agitata più di quanto si sarebbe portati a credere! La notte modifica ancora il nostro modo di rapportarci con il mondo circostante: può sembrare assurdo ma con il buio la nostra percezione della fatica cambia, in meglio! Nonostante il percorso sia lo stesso e sia necessario uno sforzo aggiuntivo nel gestire e controllare i propri passi, il nostro incedere diventa più leggero e deciso, meno faticoso e più appagante. Qualcosa di atavico si sveglia, vibra, rendendoci parte di quel mondo oscuro e tenebroso che ci circonda. Nel corso di qualche ora si è quindi travolti da un turbine continuo di cambiamenti, tanto nel mondo circostante quanto nel nostro modo di essere. L’itinerario più semplice, quello apparentemente più banale nella brutale luce del sole, si trasforma in un viaggio elettrizzante, denso di incertezza e meraviglia.
Il calendario delle uscite di Agosto punta quindi ad amplificare questo tipo di esperienza proponendo tre escursioni settimanali (Martedì, Giovedì e Sabato) prevalentemente nel Triangolo Lariano, un territorio dove montagne e lago vivono uno speciale equilibrio simbiotico. Le escursioni durano tra le quattro e cinque ore, iniziano con il sole e si concludono con il buio. L’impegno fisico varia a seconda delle mete, solo in alcuni casi è severo, nella maggior parte degli itinerari basta un minimo di presenza fisica ed esperienza per partecipare. Scarpe buone, una luce affidabile e tanta voglia!!
Davide “Birillo” Valsecchi
Accompagnatore di Media Montagna Collegio Guide Alpine Lombardia
Data | Meta | Partenza | Difficoltà |
---|---|---|---|
Martedì 3 Agosto | Valbrona – Corno Orientale da Oneda e Cerrina | 19:30 | Intermedia |
Giovedì 5 Agosto | Valbrona – Anello Caprante – Sasso della Cassina | 19:30 | Facile |
Sabato 7 Agosto | Onno – Sentiero degli Ulivi n°7 | 16:00 | Impegnativa |
Martedì 10 Agosto | Barni – Giro del Castel Di Leves | 19:30 | Intermedia |
Giovedì 12 Agosto | Brogno – Nuvolone | 19:30 | Intermedia |
Sabato 14 Agosto | Crevenna – Sentiero delle Scale – Valle Bova | 16:00 | Intermedia |
Martedì 17 Agosto | Canzo – Val Ravella ed il Fö | 19:30 | Intermedia |
Giovedì 19 Agosto | Civate – San Pietro al Monte dal Buco della Sabbia | 19:30 | Intermedia |
Sabato 21 Agosto | Somana – Anello Zucco Sileggio | 16:00 | Impegnativa |
Martedì 24 Agosto | Lasnigo – Monte Megna da Crezzo | 19:30 | Intermedia |
Giovedì 26 Agosto | Sormano – Palanzone dalla Colma | 19:30 | Intermedia |
Sabato 28 Agosto | Caslino – Monte Puscio e Croce Pessina | 16:00 | Intermedia |
Martedì 31 Agosto | Rezzago – Funghi di Terra e Croce Pizzallo | 19:30 | Intermedia |
Le escursioni sono organizzate e condotte da un membro abilitato del Collegio delle Guide Alpine di Lombardia. Il costo è di 20€ per escursione a persona. E’ possibile attivare un abonamento anticipato di 100€ per partecipare a tutte le uscite del mese (compatibilmente con le proprie capacità). Obbligatoria la prenotazione.
Per informazioni o dettagli potete contattarmi via Telegram, via WhatsApp o via Email. Per essere costantemente aggiornati sulle attività di LarioTrek.it è ora disponibile un nuovo gruppo Telegram: “[ʎ]LarioTrek: Le notturne del Tasso”
Aggiornamenti dal Bosco
Nella nuova “casetta nel bosco” ancora non abbiamo una connessione stabile, quindi posso scrivere poco e pubblicare ancor meno (ancora per un po’!). Tuttavia la mia fototrappola, notte dopo notte, “cattura” momenti di vita raccontando quello che spesso non riusciamo a vedere nel bosco. In particolare tendo il mio tecnologico agguato nei passaggi obbligati che si creano sulla scogliera del Sasso della Cassina tra i boschi di Garavina ed i prati di Caprante. A valle della scogliera il passaggio è bloccato dal Lago e dalla Statale Lariana, per questo gli animali devono crearsi vere e proprie strade sfruttando le “debolezze” delle strutture rocciose. Strade comuni che uniscono animali di taglia e forma spesso differente. Ho infatti osservato cinghiali, mufloni, caprioli ma anche animali più piccoli come la faina.
Ecco un capriolo maschio, con delle belle corna, che esce dal bosco dopo una notte di intensa pioggia.
Ecco invece una bella coppia di mufloni maschi che, quasi guardando in camera, ci offre un ottimo primo piano delle corna e del pelo ormai quasi completamente cambiato.
Berto il cinghiale! Credo che questo giovane esemplare sia uno dei cuccioli in cui mi sono imbattuto il passato febbraio. Praticamente mi sono immprovvisamente ritrovato ad un metro da una “nidiata” di cuccioli: in quell’occasione la mamma di Berto, fortunatamente, non si è fatta vedere (o forse mi ha visto correrre via con tanta foga che ha desistito dal caricarmi!!).
Infine una scattante faina ripresa mentre corre a terra in un passaggio ben segnato dagli zoccoli di un ampia varietà di animali.
Nota a margine: il trasloco è concluso, quindi ora posso finalmente organizzare meglio il mio tempo e pianificare il calendario per le prossime escursioni. A presto!
Davide “birillo” Valsecchi
Il Triangolo Lariano e le sue montagne
Il Triangolo Lariano, o penisola Lariana, è dove sono nato e cresciuto: un territorio di montagna circondato dal Lago di Como e dai laghi minori. Uno spazio unico che, racchiuso nell’immaginario triangolo tra Como, Lecco e Ballagio, sale dalle ghiaiose sponde del lago fino alla verdeggiante vetta del San Primo.
Nel cuore di questo triangolo scorre il solco della Vallassina e nasce il Lambro che da qui fluisce verso sud e la pianura fino a raggiungere il Po dopo oltre 130 chilometri.
La morfologia del territorio e le sue montagne sono tali da rendere spesso i Comuni che compongo questa regione difficilmente legati tra loro: ad esempio i paesi della costa ovest, come Nesso e Lezzeno, o alcuni paesi di montagna, come Zelbio e Veleso, sono più facilmente raggiungibili percorrendo la strada costiera, la provinciale Lariana SS583, che attraverso la Vallassina e la SP41. Oltre a questo il territorio del Triangolo Lariano è stato suddiviso dal 1992 tra la Provincia di Como e la Provincia di Lecco.
Attraverso le montagne è possibile raggiungere questi paesi percorrendo dorsali e vallate spaziando su un’ampissima gamma di itinerari: spesso il modo migliore di godere di questo territorio è proprio partire dal lago, usufruendo del servizio traghetti, per inalzarsi sulle sue vette raggiungnedo gli alpeggi ed i numerosi rifugi presenti.
Il gruppo montuoso della Catena del Triangolo Lariano, sotto gruppo delle prealpi Comasche, si trova tra le Alpi Orobie ad oriente e le prealpi Luganesi e le Alpi Lepontine ad occidente.
Sul nostro territorio si distinguono cime che sono di riferimento per i sotto gruppi che formano la Catena. Eccole, in ordine di altitudine, le principali cime oltre i 1000 metri di quota: il San Primo (1.682 m), il Palanzone (1.436 m), i Corni di Canzo (1.373 m), il Bollettone (1.317 m), il Rongaglia (1297 m), il Moregallo (1.276 m), il Monte Rai (1.261 m), il Cornizzolo (1.241 m), il Boletto (1.181 m), il Nuvolone (1.079 m), l’Oriolo (1.076 m), il Barzaghino (1.068 m) e Megna (1050 m). Tra le più piccole merita menzione, per la sua posizione isolata, il Monte Scioscia (950 m).
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Panoramica della Catena del Triangolo Lariano dal Monte Croce (foto Stefano Caldera):
Davide “Birillo” Valsecchi
Buongiorno Birillo
Stamattina mi sono svegliato durante un sogno: ero in un videoclip color seppia dove correvo attraverso la giungla con al mio fianco Elio de Le Storie Tese che, con un microfono a forma di banana, cantava “Sono nato a Castelmarte” mentre ci inseguiva un Tirannosauro.
Ora io non so bene cosa pensare: Elio non ha in repertorio una canzone come “Sono nato a Castelmarte” ed inoltre l’ultima volta in cui sono stato inseguito da un tirannosauro vivendo una tale disperazione nella fuga indossavo i succinti vestiti e le formose curve di Lara Croft nella sua seconda romboante avventura del ’95, più o meno tra l’esame di Algoritmi e quello di Programmazione.
Cosa avrà voluto dirmi il mio subconscio? Forse è tempo che mi rassegni ad accettare il fatto che “Utopia” è molto più dura da realizzare di quanto credessi e che in fondo, in questo mondo, ognuno alla fine deve pensare anche a se stesso.
Probabilmente a Settembre, dopo la prossima Missione Flaghéé, proverò a cambiare aria per un po’, ad esplorare qualche posto nuovo, a respirare più leggero.
Avrei voglia di andare in un posto interessante dove fare qualche lavoretto semplice e mal pagato ma a contatto con la gente, magari straniera: vitto ed alloggio per poter staccare la spina e raccontare storie nuove di posti lontani dimenticandosi per un po’ il peso di un futuro costantemente incerto.
Un avventura dove battersi per la propia vita e non per l’affitto. Suggerimenti?
Davide “Birillo” Valsecchi
ps. Andrebbe benissimo anche un posto come cameriere alla locanda del Puledro Impennato a Brea, lì non ci si annoia mai. In alternativa posso spostarmi sull’Alto Lago o cambiare radicalmente continente.
La capanna del Diavolo
Ogni tanto mi vengono le fisse: in questi giorni volevo andare dall’oculista a Como, il guiao è che mi ero fissato con l’andarci a piedi partendo da Asso. Enzo, che praticamente va a Como ogni giorno, me ne diceva di tutti i colori ma, si sà, quando mi fisso è difficile smuovermi.
Così stamattina mi sono svegliato, ho infilato gli scarponi e sono uscito di casa. Il piano era risalire i costoni sopra Asso ed agganciarsi alla dorsale Brunate-Bellagio. In cinque o sei ore a piedi avrei dovuto essere a destinazione. Volevo andare a Caslino passando sotto la frana di Scarenna ma mi sono lasciato attrarre del sentiero che da San Giovannino e Paolo sale verso Dosso Mattone. Ci è voluta un oretta per salire fino al crinale e da lassù la foschia offuscava purtroppo il paesaggio.
Ho seguito la costa della montagna lasciando il sentiero ed addentrandomi tra i prati ed i boschi. Stavo cercando la via più breve per raggiungere il Palanzone e da lì la capanna Mara, il Bolettone, il Boletto e San Maurizio sopra Como. Nel bosco, poco prima della cima del Barzaghino, mi è schizzato davanti un piccolo capriolo nel suo manto estivo rosso intenso mentre, superato qualche gruppo di pecore, continuavo ad orientarmi tenendo d’occhio la valle di Caslino.
Anche camminando nel bosco sono stato costretto a scendere nella gola per poi risalire sull’altro versante: alla fine avevo fatto un sacco di strada inutile, se avessi tagliato direttamente per Caslino ed il Pizzo dell’Asino avrei decisamente accorciato.
Sul crinale in mezzo al bosco ho intravisto una specie di straccio teso tra i rami dall’aria curiosamente tribale, così mi sono avvicinato per vedere meglio. All’inizio pensavo fosse qualcosa fatto dai boy scout o qualche improvvisato riparo per le pecore ma, da vicino, non appariva affatto qualcosa di simile. Era infatti una specie di intelaiatura per una capanna indiana fatta con sottili rami che, all’estremità verso il cielo, erano stati dipinti di rosso. Il piccolo spazio che sembrava fungere da porta era stato colorato a strisce bianche. Ma ciò che realmente colpiva era il drappo di iuta che ornava tutta la parte alta della struttura, in particolare i suoi disegni.
Erano infatti volti dai grandi occhi, figure dall’aspetto umano ma dotate di due gambe in più con chiaramente visibile il sesso ed un paio di corna sulla testa. Sopra l’ingresso un animale dagli occhi rossi con corna o orecchie a punta. Intrigante come incontro, dai disegni sembrava la Capanna del Diavolo.
In valle un sacco di gente vocifera di riti o superstizioni e Gagliardi Senior, nostrano luminare dell’anti-occultismo , ha riempito libri interi sull’argomento. Persino il povero Enzo, quando per il suo locale aveva usato come simbolo il profilo vagamante antropomorfo di un innocuo “cava-rape” agricolo, era stato oggetto di voci e accuse dal sapore inquisitorio.(Beltramina docet… )
L’ignoranza e la faciloneria creano supestizione e per questo mi sono guardato in giro cercando di capire meglio cosa “diamine” fosse quell’affare. I disegni erano abbastanza inequivocabili ma tutto intorno non c’erano nè rifiuti nè segni di un fuoco o un falò. Il posto era isolato ma mi sono reso conto che eravamo appena sopra Enco sebbene lontano dai sentieri battuti.
Sono entrato nella piccola capanna ma all’interno non vi erano altri simboli o oggetti. Lo spazio ristetto era sufficiente per una persona sola ma troppo basso per stare in piedi. Sembrava una di quelle piramidi in cui ci si infilano a meditare quelli che praticano il culto egizio di Ra o qualcosa di molto simile.
Era tutto troppo semplice, pulito, attento ed allo stesso tempo esplicito sebbene approssimativo. Questo escludeva la bravata ed il gioco dei bambini complicando al contempo la faccenda. Ho continuato ad investigare e nelle vicinanze, ad una ventina di metri dalla strana capanna, ho trovato una confezione vuota di medicinali: Tegretol in compresse da 400 milligrammi.
Li per lì non mi diceva nulla ma Internet mi ha poi illuminato: Tegretol a base di carbamazepina, un farmaco di prima scelta nella terapia delle nevralgie del trigemino e delle epilessie del lobo temporale, si è rivelato un ottimo composto da impiegare sia nella terapia che nella prevenzione delle crisi maniacali, nella prevenzione delle ricadute depressive in corso di depressioni ricorrente, nella terapia di sindromi psichiatriche e psicoorganiche caratterizzate da deficit del controllo degli impulsi.
La questione si è fatta interessante aprendo scenari piuttosto variegati. Lassù non ho percepito nulla di “sovrannaturale” ma quelle medicine possono indicare forse qualcuno in difficoltà e per questo, To Whom It May Concern, ecco le coordinate della capanna: [45.857156,9.230522]
Parlando di cose dal sapore esoterico mi piace ricordare, perchè fondalmente mi diverte parecchio, che tempo fà Giovanni Conti, riferendosi al mio racconto Into the House of Vodoo, dichiarò ai giornali: “Non credo si dovrebbe scherzare quando si parla comunque di religione. Quando scrive Valsecchi è a mio parere offensivo e privo di senso“. Recentemente però qualcuno ben più concreto della mia immaginaria strega ha ribadito quella che ora mi appare come una profezia: “…ora farebbero meglio a lasciar stare le tue piante, nzungo”. Accidenti, quando dai un buon consiglio non ti ascoltano mai…
Non so perchè alla fine sia finito lassù, ormai ci ho fatto l’abitudine a finire nei posti più strani. Tuttavia ero fuori strada ed in ritardo sulla tabella di marcia e così, quando Enzo mi ha chiamato per andare a mangiare in trattoria, sono sceso a perdi collo verso il paese pronto per il pranzo.
La fissa mi era passata, forse quello che dovevo vedere “andando a piedi a Como” l’avevo ormai visto. Sul perchè dovessi vederlo non ho risposta da darvi.
Davide “Birillo” Valsecchi
“Quanti angeli possono ballare sulla punta di uno spillo? Dipende dalla musica”