Author: TeoBrex
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Mente, Corpo, Spirito

Mente, Corpo, Spirito

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Le note della splendida “MY KANTELE (Acoustic Reprise)” degli AMORPHIS risuonano nella mia camera da letto poco prima dell’alba, le intense vibrazioni che si propagano sul materasso indicano chiaramente la presenza del felino che, puntuale dopo il suono della sveglia, si stiracchia per poi venirmi a salutare infilando il naso tra la mia barba. Neppure il tempo di ridestarmi che il suono di un sms in entrata stona sulla note dell’amato brano del gruppo nordico: è Mattia!

Mi avverte che Birillo dopo aver passato la notte in bianco funestato dai fantasmi del Pizzo D’Eghen, molla il colpo e rinuncia alla spedizione. Senza pensarci troppo lo invito a cambiare rotta ed a venire con noi ad aprire nuove vie con i “Magnifici Quattro”. No dai Teo siete già in quattro, non vorrei rallentarvi e non vorrei esservi di peso. Tu di peso? Tu rallentare una spedizione? Ahahah dai, alle 8 al solito parcheggio lassù, poi saliremo tutti insieme! Tutti puntuali all’appello: Io, Veronica, Giuseppe, Ivan e Mattia.

Stop! Torno un attimo a qualche settimana fa. Chi sarebbero questi “Magnifici Quattro”?

La mancanza di foto e di racconti non stanno ad indicare che non abbiamo fatto nulla nelle scorse settimane, anzi abbiamo aperto vie incredibili, molto tecniche, poco proteggibili su roccia instabile e con passaggi davvero delicati. La scelta di non scrivere nulla è stata mia. Lassù ho avuto un incidente, di quelli che ti segnano e non solo guardandoti le cicatrici su dita e sulle braccia…

Quella via ha preso il nome “VIA DEI MAGNIFICI QUATTRO”, dedicata a chi quel giorno si è avventurato su quei tre tiri tanto delicati quanto magnifici. Chi erano quei quattro? Giuseppe, Io, Veronica ed Ivan in ordine di cordata sul primo tiro. Ciò che è accaduto lassù poteva avere conseguenze tragiche per la maggior parte della cordata, ma non era scritto questo. Non sono fatalista, ciò che ci accade è sempre frutto di libere scelte nostre e solo a volte anche di qualche strano scherzo di qualche energia che ci orbita attorno.

La signora vestita di nero era li seduta in disparte che osservava lo spettacolo affilando la lama della sua arma, ma non se l’è sentita di intervenire ed ha lasciato a me la scelta. Quel pezzo di Montagna che si è staccato mi attendeva dalla nascita del Pianeta, ormai ne sono certo, e puntuale ero lì nel vuoto a tentare di sorreggerlo per evitare l’impatto tremendo coi miei compagni sottostanti; finché ho avuto le forze l’ho sostenuto poi siamo partiti nel vuoto insieme…

Ivan aveva già percepito qualcosa ancora prima che io mi legassi alla corda ed ha fatto spostare Veronica di una ventina di metri verso di lui. Un presentimento ed una scelta che fanno pendere l’ago di una delicata bilancia. Destino? Caso? No! Questo significa avere tutti i sensi connessi perfettamente all’ambiente in cui ti trovi ed essere perfettamente allineato ad esso e con te stesso. Questa è la storia, in breve, dei “Magnifici Quattro” e solo questo sarà raccontato. L’intero bagaglio di insegnamenti non può essere esternato, quello è solo mio.

Stop! Eccomi di nuovo a sabato 6 Agosto 2016

Caricati gli zaini in spalla, si delineano le due cordate che apriranno le nuove vie: Joseph sarà con Mattia, mentre io Ivan e Veronica ci occuperemo di vie molto corte, ma tecnicamente ed esteticamente molto “elevate”. Ivan è una persona unica nel suo modo di fare e personalmente mi sta dando molto, così vale anche per Joseph. Due uomini profondamente diversi che mi stanno insegnando in maniera diversa questa arte così magnifica con una radicata e profonda etica di rispetto verso la Natura e verso se stessi. Per chi ancora non lo avesse capito, qui siamo tornati al modo di arrampicare degli anni in cui Ivan e la splendida Monica scoprivano la Val di Mello (ed aprivano centinaia di vie lungo tutto l’arco Alpino). Chi mastica storia dell’alpinismo può solo immaginare cosa vuol dire. Io a quei tempi non ero ancora venuto al mondo…

Salire con martello e chiodi, proteggersi con friend e nut nelle fessure e con fettucce e cordini nelle clessidre od intorno ad arbusti in parete. L’ultimo che sale recupera tutto e la Montagna resta inalterata, così come dovrebbe sempre essere, la base del concetto e dell’idea della “NO SPIT ZONE”. Questo mi stanno insegnando ed assicuro che non è cosa da poco.

Mentre preparo la corda ed il materiale, Ivan mostra a Veronica come scegliere e piantare i chiodi nella roccia per creare i punti necessari ad una sosta sicura, perchè la partenza di questa parete è comunque su una cengia erbosa molto scivolosa e se cadi di sotto il risultato non può che essere tragico. Il tipico suono del metallo che canta sotto i colpi di martello rieccheggia per la selvaggia valle, poi la tonalità cambia indicando l’ottima scelta della fessura in cui picchiare a fondo il chiodo. Fissato il cordino di kevlar alle soste Ivan parte ed io lo assicuro, mette un cordino in una clessidra, passa la corda nel rinvio, monta e risale arrivando ad un albero che, tramite una lunga fettuccia ed un pera, sarà la partenza della calata in parete.

Ripete tutto Veronica, recuperando tutte le protezioni. Velocissima e con movimenti lineari sale con leggerezza nel diedro strapiombante senza fare a pugni con la gravità ed in un attimo è già pronta per essere calata e per ripetere le altre vie. Ivan farà così per tutto il giorno, aprirà le vie e poi starà in disparte ad insegnarci l’arte delle manovre. Soddisfatti dei progressi ci uniamo a Joseph e Mattia per aprire altre vie in cordate vicine. Oggi arrampichiamo tutti alla grande e lo si percepisce, Ivan prende Veronica e la porta verso una fantastica parete dicendole: vai tu da prima, aprila tu.

Giuseppe mi guarda dicendo: Teo oggi ti vedo leggero, andiamo con Mattia alla parete affianco ad Ivan, ma noi saliremo senza corda e senza sicure. Le altre volte ci ha sempre provato, ma io l’ho sempre guardato male rispondendogli: ma tu sei fuori, come pensi che io possa fare una cosa del genere? Senza corda no, non esiste proprio amico mio! Questa volta gli ho sorriso gridando: dai, andiamo, sono pronto!

Ivan era in cima e Veronica stava già partendo nonostante l’ampio lasco della corda che pian piano recuperava Ivan dall’alto, praticamente stava salendo in libera. Grande! Joseph e Mattia partono senza corda. Li osservo, mi giro ad ammirare il mondo selvaggio di sotto ed aspetto la solita vocina interna che ridendo esclama: ma cosa stai facendo? Non arriva, bene! Sorrido e parto. Questa volta capisco davvero quando mi spiegavano che ad un certo punto non percepisci più la gravità, il peso, la paura, lo stress dell’arrampicata e tutto il resto… Succede solo quando le TRE COSE sono perfettamente ALLINEATE.

fantastici quattro

Sono su uno spigolo nel vuoto e ricco di prese solide, la roccia è vergine e sincera, il peso non esiste e sto salendo con la corda da 80m nello zaino e non attaccata all’imbrago! Me la godo, sensazioni splendide: libertà, totalità, leggerezza. Spesso mi fermo, ma solo per godermi ciò che mi circonda e poi riparto senza incertezze, mai avrei pensato di essere in grado di salire in questo modo! Arrivato in cima, Ivan mi attende seduto recuperando la corda a cui è legata Veronica. Blocca, sorride e mi allunga una mano per stringere la mia: Bravo Teo, sai cosa hai appena fatto? La cosa più estrema per un alpinista. Salire in libera? Gli rispondo. Tu non sei salito in libera! Ciò che hai appena fatto tu si chiama Esplorazione Verticale In Solitaria Integrale ed è la cosa più estrema che si può fare in parete e tu non te ne rendi conto ancora, è splendido!

Esplorazione Verticale perché qui ancora non era passato nessuno prima di noi e la stavamo esplorando, quindi il fattore è importante; salivi individuando gli appigli sicuri, ma senza sapere cosa aspettarti visto che la parete è sconosciuta; quindi già questo è un fattore di difficoltà elevato. Solitaria integrale perché sul tiro eri solo, senza corda e senza protezioni.

Da lontano Joseph sorrideva soddisfatto, mentre Mattia girovagava per la cima di quella parete e Veronica si slegava consegnando le protezioni ad Ivan. Teo, urla Mattia, qui c’è un pozzo di almeno 20m tra questi affioramenti carsici: vieni a posizionarlo col gps ed a fare la foto dell’ingresso. Si, perchè Mattia, Veronica ed io siamo in forze allo Speleo Club di Erba e ad ogni escursione siamo sempre attratti da eventuali scoperte di nuove grotte. Tornato poi a casa ed inserendo i dati nel catasto dei fenomeni carsici della Regione Lombardia (progetto Tu.Pa.Ca.) disponibile agli speleologi in attività, scopro che la grotta è già a catasto ed il pozzo è intorno ai 39m rilevati molti anni fa.

Ci fermiamo a rimirare le splendide e selvagge valli ai nostri piedi e riprendiamo il nostro cammino che ci porterà a mettere i piedi sotto al tavolone di legno di un locale a valle tra birre a profusione, spumante, amarone, panini con salumi e dolci preparati sempre dall’alpinista vivandiera delle ultime spedizioni esplorative. Ci salutiamo ed ognuno ritorna alla propria dimora, felici di aver portato a casa un’altra splendida esperienza da ricordare.

Matteo “TeoBrex” Bressan

Già che siamo qua

Già che siamo qua

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Torrido venerdì pomeriggio lavorativo, nessun impegno preso per il fine settimana. Sentivo che prima o poi sarebbe arrivato qualche invitante messaggio. Taaac…. ecco il trillo di un sms in entrata, mittente Mattia: «Ciao Teo, Birillo si è dato al nuoto agonistico ed io domani ho una mezza giornata libera. Hai impegni o ci sei per una arrampicata? Ci sentiamo con calma dopo lavoro.»

Finisco di lavorare e mi fiondo al Lago del paesello per l’ormai consueta nuotata post lavoro, restando d’accordo che l’avrei chiamato più tardi. Nella mia testa la domanda era: «Dove mi vorrà portare? Quale sarà mai il luogo impervio in cui mi ritroverò a ravanare ed a cercare prese impossibili?» Presto detto, andremo in Grignetta partendo dai Resinelli facendo poi le vie dei Magnaghi ed altre “carine” limitrofe! «Tranquillo ci troveremo al solito posto a Suello per poi salire, danno pioggia sperando siano solo due gocce così che le vie non si bagnino troppo…»

Ore 7.20 di sabato 2 luglio 2016 Resinelli. Dividiamo il peso dei materiali e saliamo con gli zaini carichi, passano forse dieci minuti quando sulla mia testina diversamente pettinata inizio a percepire le famose due gocce di pioggia. «Mattia! Inizia a gocciolare (xxx censura xxx)!» Ci fermiamo e dal bosco in valle comincia a salire quell’inconfondibile e tremendo suono che significa: corri!!!

Dai ci fermiamo un attimo qui a riparaci, poi vedremo come andrà: MAGARI si aprirà! Oookay socio, un minuto ed il sentiero diventa un torrente in piena con due esseri umani che ci corrono in mezzo a rotta di collo; siamo di nuovo in macchina. «No, non ci siamo svegliati presto per non far nulla, sono le 8! Dai Teo, già che siamo qua scendiamo e proviamo ad andare verso gli Scudi Di Valgrande, ci sono falesie da quelle parti, recuperiamo la mattinata!»

Ci inoltriamo nella fitta vegetazione, lungo il sentiero ci sono parecchi caselli per la captazione dell’acqua e diversi buchetti transitabili. Tuoni e pioggia intermittente ci accompagnano ancora mentre proseguiamo il cammino, decidiamo quindi di dare un’occhiata ad un buco soffiante che sembra praticabile, a patto di infangarsi ravanando nel sottobosco, ma noi siamo Speleo: «Teo, già che siamo qua diamo un’occhiata, non ti pare?» Montiamo le immancabili frontali ed entriamo smerdandoci in allegria. Eh certo, già che siamo qua!!!

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Il buco diventa un cunicolo, il cunicolo diventa una sala, la sala diventa un crocevia e capiamo di essere finiti in un dedalo di passaggi dal sentore di miniera mineraria! Ma che figata!!! Giriamo per ore affascinati, ci sono tantissime vie che finiscono in nulla, altrettante che portano ad ingressi serrati a chiave dall’esterno e ad ogni bivio Mattia butta la luce oltre al buio dicendo: «Andiamo a vedere laggiù? Già che siamo qua!» Una meraviglia! Facciamo mente locale cercando di ritrovare l’unico ingresso senza cancelli, perfetto siamo fuori dal labirinto.

«Hey già che siamo qua e non piove andiamo agli Scudi che magari un tiro riusciamo a farlo!» Certo Mattia, già che siamo qua arriva il battirone di acqua e ce lo prendiamo tutto mentre su un ponticello tibetano guadiamo un carico torrente. Arriviamo agli scudi nel pieno del temporale, ma riesco comunque a dare un’occhio alle vie… Direi che per la maggior parte sono fuori dalla mia portata, quando vedi che ai fix ci sono attaccati i rinvii che oscillano al vento in libertà capisci che di verticale non c’è nulla. Sospiro e mesti torniamo alla macchina sotto la pioggia battente.

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Scendendo ci chiama Birillo: «Hey giovani: avete finito di nuotare in Grignetta? (simpatico il Capitano che ci percula!) Non sarete mica saliti davvero! Passate alla Base dei Badgers a pranzare!» Ma si dai, già che siamo qua! Mattia ha detto a casa che sarebbe tornato presto, quindi mi smolla a Suello ed io mi dirigo alla base operativa di Valmadrera.

Bru, sempre gentilissima, preparerà un ottimo pranzo accompagnato dalla mia birra torbida preferita. Racconto della giornata e dopo il caffè faccio rientro alla mia Base, dove lavo e stendo tutto al sole: si, dannazione, ora ci sono 30°C!!

E’ stata una bellissima mattinata e con Mattia nessuna giornata si butta via, salta sempre fuori qualcosa di avventuroso, basta essere nel posto giusto e sfruttare ogni possibilità… Già che siamo qua 🙂

Alla prossima

Matteo “TeoBrex” Bresson

Quater Pass (alla volta): OSSUCCIO-CROCIONE

Quater Pass (alla volta): OSSUCCIO-CROCIONE

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Le avventure di TeoBrex: Si stava avvicinando a grandi passi l’ennesimo fine settimana, sinonimo di tranquillità ed avventura. Se il sabato era già stato programmato da tempo (bellissima giornata in canoa canadese sul lago di Pusiano), la domenica l’avevo lasciata libera da ogni coinvolgimento; chi apprezza La Montagna conosce bene quel momento in cui si ha il bisogno di camminare nella solitudine dei sentieri poco battuti, percorrendo lunghi tragitti ascoltando solamente il proprio respiro ed i suoni amici del bosco.

L’idea era quella di tornare lungo gli amati pendii del Monte Calbiga o Galbiga (a seconda tu sia laghèè o sciüscia nebia, ahahah), ma quale percorso scegliere? Esploro le solite risorse fidate in rete e subito resto incuriosito da un bel sentiero: numeri alla mano non sembra proprio essere una passeggiatina da nulla…Chiedo lumi a chi quei luoghi li conosce molto bene (guarda caso il consiglio cade proprio su quella via) e mi faccio spiegare a voce le caratteristiche del territorio, i sentieri da prendere ed i tempi di percorrenza; a posteriori si riveleranno consigli precisissimi ed utili. Grazie!

Obiettivo: partire dal Lago ed arrivare alla vetta del Monte Crocione. Esco di casa guardando i famigliari profili di Resegone e Grigne che attendono di essere incendiati dai colori dell’alba ancora lontana, butto lo zaino in macchina e parto. Niente Musica oggi! I magnifici paeselli costieri del Lario ancora sonnecchiano mentre percorro la Statale Regina, il lago è liscio come uno specchio.
Giunto ad Ossuccio lascio l’auto in prossimità della chiesa di Sant’Agata e Sisinnio, zaino in spalla comincio il mio cammino. Percorro la via crucis che in poco tempo porta al Santuario della Madonna del Soccorso (Patrimonio dell’umanità UNESCO). Mi fermo ad osservare questa magnifica costruzione, bevo un sorso dalla sorgente lì accanto ed affronto il pezzo più duro di tutto il percorso: una mulattiera dalla pendenza micidiale!

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Mi trovo ad attraversare il rado bosco sino alla località Preda, al bivio scelgo di salire sulla sinistra proseguendo verso le solitarie ed affascinanti località di Gaggio, Cassina e Gravona: splendido esempio di antica ruralità! In due ore dalla partenza mi ritrovo alla Bolla di Boffalora. Se durante il tragitto ho incontrato solamente una paio di gatti, una vipera, una mucca ed un caprone che mi spiava da dietro gli alberi, arrivato al Rifugio Boffalora incontro il primo essere umano della giornata: mi fermo a chiacchierare col simpatico gestore. Le solite “quater bal” che si fanno in questi luoghi, svelato il mio obiettivo ci salutiamo e riparto alla volta della cima: ci vorranno due ore con un buon passo sai? Be’ ci ha preso in pieno. Saggio uomo!

Prendo la strada militare che sale verso il Rifugio Venini, esco dal tracciato percorrendo un brevissimo tratto della Via Dei Monti Lariani e riprendo a salire. Davanti a me una moltitudine di agnelli, pecore e capre si gode il caldo sole del mattino spiaggiata sui pendii erbosi del crinale. Sembrano non curarsi della mia presenza, tranne un caprone dal lungo pizzo… Si alza e mi guarda con fare interrogativo incedendo verso di me, mi fermo e lo guardo con tranquillità: il pizzo più lungo è il mio, quindi lui si sposta avvicinandosi al resto del gregge che imitandolo mi apre un passaggio in mezzo a loro. Guardo la scena e quando tutti restano fermi comincio a camminare tra loro, una volta transitato pian piano richiudono il passaggio tornando a sdraiarsi sui caldi ed umidi prati del costone. Ah, figata!

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Salgo lungo la bellissima Linea Cadorna e mi fermo per un poco tra le mura a respirare quell’aria densa di un passato fatto di grandi imprese e di grandi uomini: polmoni pieni, riprendo il cammino. Aggiro l’ultimo alpetto ed ecco là la mia meta. Arrivo al villaggio fantasma perdendo tempo a gironzolare per le case ormai crollate e godendo di un panorama più unico che raro, ma il Crocione mi attende: ultimo strappo deciso, sono in cima! Mi godo appieno questi attimi di solitudine guardandomi attorno a trecentosessanta gradi, ed ascoltando il vento che sempre più freddo comincia a farsi tagliente come lame di rasoio sulla pelle. Improvviso un semplice discorso con un viandante solitario proveniente dalle terre teutoniche, il suo inglese è perfetto il mio… E pensare che una volta lo parlavo bene, va be’… Asèn!!!

Riprendo il mio cammino spedito e senza pause fino a Gravona, mi siedo all’ombra delle rovine di una vecchia casa, mangio qualcosa e riparto. Arrivato a Preda inizio ad avere seri problemi alle ginocchia, la discesa è davvero devastante, ad ogni passo mi sembra che le rotule stiano per esplodere, mi fermo giunto di nuovo al santuario. Stiracchio un poco quello che mi resta delle gambe e riparto. Eccomi di nuovo alla macchina!

Davvero niente male come escursione, la consiglio assolutamente a chi ha voglia di “farsi del male”. In totale ho macinato poco meno di 25Km in 8 ore pause comprese con dislivello positivo di 1400m. Ci voleva! Nella testa una frase di Guido Rey a mettere il sigillo a questa bellissima esperienza solitaria. «La montagna è fatta per tutti, non solo per gli alpinisti: per coloro che desiderano il riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte». Per me vale sempre la seconda, SEMPRE SCOMODO!

Matteo “TeoBrex” Bressan

Cronache Ipogee: Abisso Monte BÜL

Cronache Ipogee: Abisso Monte BÜL

Bül_014[Articolo di TeoBrex] Il 27 dicembre Io, Lele Citterio e Stefano Bellomo ci ritroviamo puntuali alle 7.15 in Colma: dopo una colazione frugale partiamo col fuoristrada in direzione Monte Bül, sfruttando il permesso di transito. Giunti alla solita bocchetta lasciamo il mezzo, prepariamo sacche e zaini, ci avviamo verso l’ingresso dell’abisso. Alle 9 in punto entriamo: abbiamo appuntamento al Campo Base con Maurizio, Pier e Serena che sono entrati il 26 mattina.

Progressione tranquilla senza forzare troppo i ritmi, tenendo conto anche delle sacche belle cariche di provviste e materiale per passare una notte nel Mondo Di Sotto. Proseguiamo chiacchierando e ridacchiando tra un pozzo e l’altro. Questa grotta di pozzi ne ha parecchi, alcuni molto tecnici e con frazionamenti a pendolo non proprio banali, sopratutto sul Pozzo Gemelli (P40) e sul Pozzo Senza Fiato (P75).

Poco prima di mezzodì siamo alla partenza del P75 e sentiamo nettamente le voci degli altri che arrivano dal Campo che si trova tra la base del pozzo e la salita che porta al P15 prima alla Sala Dell’Oca. Come una squadra di muratori bergamaschi a mezzogiorno in punto siamo pronti a divorare il pranzo con gli altri.

Ci raccontano delle attività del giorno precedente, poco dopo Serena e Maurizio riprendono la strada di casa incominciando a risalire con calma il P75. Noi restiamo svaccati al Campo Base, il comfort ideale dell’interno ed il cibo ci mettono addosso una voglia di uscire che rientra nei numeri relativi, ma ci attendono parecchie cose da fare e mesti ci rinfiliamo le tute infangate e fredde per riprendere il nostro cammino. Ciò che resta del Bül per me ora è pura scoperta, perchè oltre il campo non sono mai stato e ciò che vedrò sarà qualcosa di inaspettato…

La sala Dell’Oca è un ambiente immenso, mi ha lasciato addosso quasi le stesse sensazioni che provai la prima volta che vidi il salone “Susan Boyler” in Terzo Mondo. Davvero senza parole davanti a tale maestosità, il Bül è ricco di ambienti imponenti ed affascinati, ma da qui in poi cambia volto e mostra il suo lato migliore, a parer mio. Giungiamo ad una “sala” densamente concrezionata, davvero una meraviglia inaspettata dopo ore ed ore di progressione su corda in pozzi e di lunghe camminate su frana. Mi fermo a scattare qualche foto con la mia povera vecchia compatta della Canon e mi avvio verso gli altri.
Eccoci arrivati al penultimo pozzo, bisogna armarlo.

Da sotto proviene un fortissimo fragore d’acqua , ma ancora non si vede nulla. Diamo uno sguardo al rilievo, una statica da 100m dovrebbe altroché bastare, Pier si lega la sacca con la corda e comincia a cercare la roccia sana sotto al fango. Armo doppio pronto e coniglio fatto: scende!

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Qualche minuto e cominciano i dubbi… Siamo proprio sicuri che le misure del rilievo siano esatte?
Dopo tre frazionamenti Pier ci annuncia di aver armato un’altra partenza doppia, perché una volta superata si è completamente nel vuoto ed il fondo è quasi impercettibile nonostante la potenza della sua frontale!
Basterà la corda?

Io e Stefano lo rassicuriamo sul fatto di aver fatto un otto alla fine della matassa, magra consolazione!
Arriva in fondo e ci dà via libera per scendere, parte Lele e lo ascolto mentre descrive ciò che vede, attacco la mia longe all’armo di partenza e mi sporgo per osservare ciò che mi aspetta e ciò che vedo è solo buio, tenebre profonde… E’ libera, vado!

Scendendo trovo alla mia destra qualche interessante finestra che si apre sul pozzo, quella da cui sgorga una bella bocca d’acqua è magnificamente lavorata, un capolavoro della Natura!!! Arrivo all’armo doppio, doppia chiave sul discensore e longe attaccata. Smonto la chiave e la rifaccio sul tiro nel vuoto, ma prima di staccarla e lasciarmi andare giù mi giro a cercare le luci di Pier e Lele…

Le voci sono distorte dalla distanza e dal fragore della cascata, fatico a comprendere ciò che dicono e le loro illuminazioni sono piccoli bagliori in un buio così profondo che sembra vivo e toccabile. Basta pensare, stacco e scendo veloce, forse troppo perchè preso dall’adrenalina di scendere completamente nel vuoto mi accorgo che il discensore diventa bollente e comincia a fumare, meglio rallentare per non danneggiare la corda!

Mi tolgo, do a Stefano il segnale per partire e raggiungo gli altri. Squadra al completo manca l’ultimo pozzo e siamo al fondo!!! Un canion magnifico scavato dalla possente forza dell’acqua, ci regala uno splendido ambiente ricco di grosse vasche e laghetti in successione intervallati da piccole cascate d’acqua cristallina. Meraviglia!

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Arriveranno alla partenza solo Pier e Stefano, perchè c’è parecchia acqua ed io e Lele non siamo attrezzati.
L’ora è tarda ed il materiale è agli sgoccioli, Pier ci racconta di qualcosa di ancora più maestoso di tutto il resto, qualcosa di tremendamente buio ed ampio, per oggi può bastare, siamo stanchi e sarebbe assurdo continuare, meglio riportare le ossa al Campo Base.

Tornando aiuto Lele facendogli da sicura, prova con Pier una piccola risalita su fango per visionare un ambiente alto. Stefano ed io ripartiamo e poco dopo le 23 siamo al caldo, Pier e Lele arriveranno verso la una dopo aver disarmato il penultimo pozzo sottodimensionato per non lasciare la corda in balia di tempo ed acqua. Risotto caldo, formaggi e dolci, poco dopo spegniamo tutto e ci infiliamo nei sacchi a pelo. Buona Notte!

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Stefano e Lele partono in mattinata, io e Pier facciamo colazione e ci concediamo altro riposo. Pranziamo e decidiamo di partire. Insaccato e preparato tutto, mi avvicino mesto alla base del “Senza Fiato” (P75), attacco al bilancino dell’imbrago le due maledette e pesantissime sacche, osservo il Campo e guardo in su cercando inutilmente di scorgere la base del pozzo, un respiro: si torna fuori.

Demoliti giungiamo all’uscita dopo averci messo molto più della discesa, ad attenderci stagliato nel cielo e già visibile dall’interno del Bül, il grande cacciatore Orione ci osserva. Stiamo andandocene e già pensiamo a quando ci torneremo.

Il fondo è alla portata della prossima punta, ma ci sono finestroni, risalite e meandri che meritano esplorazioni approfondite ed in più bisognerà ripartire dal Pozzo Gemelli e portare a casa un nuovo rilievo completo fino al fondo, sperando che il Bül abbia voglia di mostrarci qualcosa di nuovo.Abbiamo parecchia strada da fare prima di essere alle auto e lo stramaledetto zaino da 20kg si fa sentire.

Giunti in Colma volgo lo sguardo verso La Grigna, uno strano bagliore sembrava provenirgli da dietro…
Sapendo cosa sarebbe accaduto da lì a poco urlo a Pier di girarsi e di aspettare qualche secondo: la Luna sorgeva silenziosa riempiendo di luce tutte le vette. Osserviamo lo spettacolo ed il regalo di bentornati che la Natura ci ha donato. In quei momenti apprezzo appieno il significato di un grande pezzo dei Depeche Mode, uno dei miei preferiti: words are very unnecessary

Non si poteva concludere meglio un’avventura così straordinaria!
Grazie a tutto lo Speleo Club Erba
Alla Prossima

Teo Brex
Spelo Club Erba
BadgerTeam

Rapporto dagli Abissi

Rapporto dagli Abissi

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[Articolo di TeoBrex] Ultimi fine settimana intensi dal punto di vista Speleologico. Comincio dicendo, con grande orgoglio per il BADGER TEAM, che la GROTTA DEI TASSI DEL MOREGALLO è stata rilevata e messa in archivio nel Catasto Grotte della Regione Lombardia. Direi un risultato più che ottimo per la squadra!

Lo Speleo Club Erba (SCE) sta portando via tutto il tempo libero a mia disposizione, mi piacerebbe passare più tempo con voi in parete ed a spasso per il Moregallo, ma la passione e l’attrazione verso gli abissi terrestri è per me ormai una priorità. Perdonatemi!

Siamo attivi su molti fronti, in quanto questo periodo di secca prolungato ci sta dando la possibilità di progredire in alcuni rami e meandri che in questo periodo sarebbero impraticabili causa forte stillicidio se non addirittura allagamento totale di alcune zone ipogee.

Stiamo esplorando diverse aree, ma l’attenzione della mia squadra è incentrata presso il sistema carsico dell’Abisso del Monte Bül e della Grotta Guglielmo (pendici del Monte Palanzone). È una bella sensazione essere parte di questa spedizione, perché il Complesso Bül-Guglielmo ha una storia esplorativa antichissima ed ora tocca a noi aggiungere altre pagine ai gloriosi racconti del passato.

Durante le prossime festività, resteremo due o tre giorni (dipenderà dalle esplorazioni in corso) in grotta ed avremo appoggio logistico al Campo Base che abbiamo appena montato e riempito di acqua potabile, corde, piastrine e fix a -300metri di profondità ed a circa 3 ore e mezza di progressione (sostenuta) dall’uscita.
Mentre il fondo è fermo a quota -557metri in frana, quindi non proprio una cosa banale considerando la presenza di molti pozzi di cui i più profondi misurano 27, 40 e 75 metri (solo per arrivare al campo) da scendere e risalire su corda con maniglia, pedale, croll, discensore e rinvio.

Sarà una bella esperienza, speriamo che tutto vada bene, perché in grotta il minimo errore e la minina distrazione può davvero fare la differenza tra una grande esplorazione ed una tragedia.

Tornando al resto delle attività, siamo stati alla Sorgente di Fiumelatte a svuotare il sifone di un ramo fossile, ma dopo averlo attraversato con muta stagna, un nostro prode speleo ci ha avvertiti della chiusura del sifone successivo quindi addio sogni esplorativi.

Siamo stati in Val Cosia e nel Vallone di Albese per tentare una giunzione tra due grotte, per provare ad innescare un sifone pensile e per seguire una corrente d’aria in cerca di nuovi meandri, ma non abbiamo ottenuto i risultati sperati.Ma presto ci rifaremo!

Alla Prossima Avventura

TeoBrex

Foto 2015-12-12 07.33.42 p.-1 Foto 2015-12-12 07.33.50 p. Foto 2015-12-12 07.34.17 p. Foto 2015-12-12 07.34.37 p.

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