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Discesa dell’Adda: diga di Olginate

Discesa dell’Adda: diga di Olginate

Diga di Olginate
Diga di Olginate

Uscendo dal Lago di Como sul ramo orientale si superano i tre ponti di Lecco e ci si immette nel lago di Garlate delimitato a sud dalla diga che lo separa appunto dal lago di Olginate.

La diga ha lo scopo di regolare il flusso d’acqua in uscita dal Lago di Como regolando la portata d’acqua dell’Adda. Gli enti pubblici infatti “vendono” l’acqua del lago sia alle centrali idroelettrice che alle coltivazioni a valle. La diga ho lo scopo di mantenere il flusso costante contrastando i periodi di secca e le piene.

Discendendo in canoa la diga è un ostacolo che va affrontato con prudenza e che richiede un  piccolo alaggio, il traino ed il trasporto a terra. Il lago di Garlate è particolarmente calmo ma, in prossimità della chiusa, la corrente può diventare molto forte ed improvvisa in base allo stato di apertura della chiusa.

Si deve per tanto avvicinarsi mantenendosi sul lato occidentale (a destra seguendo il senso del fiume) in modo da poter attraccare negli spiazzi posti un centinaio di metri a monte delle chiuse. Vi sono i cartelli che segnalano il pericolo ma, visto che con le chiuse non si scherza, avvicinatevi con prudenza mantendovi in sicurezza su questo lato del lago.

L’approdo [Coords: 45.804367, 9.411795] è agevole anche se avete canoe di grosse dimensioni come lo era la nostra. A seconda del livello del lago ci sono dei lunghi scalini da risalire ma non danno luogo a particolari difficoltà. Appena sopra la rampa dell’approdo vi è la pista ciclabile che costeggia la riva superando la chiusa ed il successivo ponte stradale.

Il primo prezzo della ciclabile è su ghiaia e strerrato e, dopo una ventina di metri, diventa asfaltato su strada. Il tratto da percorrere prima di poter tornare in acqua dipende dalle dimensioni e dalla tipologia della vostra canoa. Se avete un kayak leggero potete utilizzare le strette scalette metalliche poste a duecento metri a sud della chiusa. In alternativa, se la vostra imbarcazione è più ingombrante vi è uno scivolo a circa cinquecento metri più avanti.

Nota: vi è buon baretto lungo la ciclabile tra l’approdo ed il ritorno al fiume dove tirare fiato o fare rifornimento d’acqua o bevande.

Il fiume prosegue in un sussegguirsi di anse e bacini che non presentano particolari difficoltà o pericolo. Ci sono alcuni ponti lungo la discesa ma le campate sono abbastanza ampie ed il fiume, fino a Paderno, fisulta navigabile anche con piccole imbarcazioni. Superato Imbersago, dove vi è la chiatta di Leonardo, si raggiunge Paderno dove è necessario affrontare con prudenza una lunga serie di chiuse e rapide. (presto esposte anche qui).

Davide “Birillo” Valsecchi

Flaghéé Como-Venezia: QuiComo.it

Flaghéé Como-Venezia: QuiComo.it

Come lo scorso anno, per la prima edizione di Flaghéé, alla partenza sono intervenuti  i fotografi de La Provincia, de Il Giorno e de Il Corriere. Per me è sempre un mezzo imbarazzo questa fase, una difficoltà che  “supero”, sembre con qualche impaccio, grazie all’amicizia che ormai ci lega alle persone dietro all’obbiettivo.

La mattina della partenza per Venezia abbiamo fatta un nuovo incontro: Dario Alemanno. Dario gestisce QuiComo.it, un video portale web per la città di Como.

Un po’ assonnato si era presentato per farci un’intervista: confesso che il connubio “mattina presto” + “televisione” + “partenza” è stato duro da affrontare. Come al solito quattro chiacchiere e si supera tutto, anche l’intervista web per colazione!

Una volta rientrati da Venezia mi è tornato alla mente ed ho cercato su Internet: mi piacciono queste iniziative indipendenti a favore della comunicazione sul nostro territorio. Qui potete trovare la pubblicazione completa: Da Como a Venezia via acqua: 500 chilometri in canoa

Da Como a Venezia. In canoa. E’ la piccola grande impresa di due comaschi, Enzo Santambrogio e Davide Valsecchi, partiti questa mattina alle nove dal molo della Canottieri Lario. Non son vogatori professionisti ma solo due ragazzi con il gusto dell’avventura. Il loro viaggio durerà circa 15-20 giorni e sarà lungo all’incirca 500 chilometri. Prima tappa stasera a Lenno dove si fermeranno per la notte. Domani ripartiranno alla volta di Lecco dove imboccheranno l’Adda per confluire nel Po, e poi dritti fino a Venezia. Appesi a un filo teso sopra la canoa ci sono i gonfaoni in miniatura di tutti i Comuni comaschi. Non a caso il viaggio dei due avventurieri ha ottnuto il patrocinio dell’assessoreato al Turismo della provincia di Como.

nb. alla fine i chilometri percorsi sono stai quasi 580 =)

Davide “Birillo” Valsecchi

Flaghéé Como-Venzia: il pesce siluro

Flaghéé Como-Venzia: il pesce siluro

Pesce Siluro
Pesce Siluro

Durante il nostro viaggio abbiamo ascoltato molte storie su uno dei pesci più misteriosi che oggi popolano il nostro fiume, in un occasione siamo riusciti anche ad incontrarlo da vicinio: il pesce siluro.

Cominciamo con i termini difficili: il siluro è una specie di pesce alloctona invasiva, ossia non è originaria del nostro terriorio ed ha un impatto negativo sul suo nuovo ecosistema. Il siluro è infatti originario del Danubio e dei paesi dell’Est ma è stato introdotto nel Po una cinquantina di anni fa. Da allora prospera spesso a scapito delle specie autoctone.

Sebbene oggi il siluro rappresenti il 27% della bio-massa del Po (un volume enorme!!) sono sempre più frequenti gli avvistamenti anche sull’Adda. Nel bacino della chiusa di Sant’Anna infatti sono stati filmati da un operatore subacqueo una coppia di esemplari della lunghezza di un paio di metri.

Ma come fanno questi pesci di grosse dimensioni a superare le grandi chiuse? Molte chiuse hanno speciali canali che permettono la risalita del pesce, in particolare delle anguille, ed inoltre spesso i pescatori hanno trovato esemplari che si erano avventurati anche nel fango attorno ai fiumi,  a dimostrazione di quanto sia forte la resistenza di questo pesce.

Io credo che le dighe di Trezzo, Paderno e Olginate siano solide difese ma confesso che qualche preoccupazione per il nostro lago l’ho avuta sapendo che il siluro sta risalendo anche l’Adda. Nel 2009 sono stati confermati avvistamenti nel lago di Alserio ma cercando su Internet ho trovato una nota di un pescatore ancora più inquietante: Non è una cattura eccezionale se non per il luogo della cattura stessa avvenuta per puro caso: Abbadia Lariana (LC) lago di Como Peso: Kg. 1,150 Lunghezza: cm. 53 Esca: cucchiaino ondeggiante. Enzo.

Già nelle cronache degli anni ’30 e ’40 i pescatori del tempo raccontavano di un enorme pesce, allora ritenuto “l’incrocio fra il Pesce gatto e la Bottatrice”, di cui saltuariamente si catturava qualche esemplare.  Che sia il famoso Lariosauro?

Il dubbio ci sta tutto, un esemplare adulto infatti può diventare molto grosso raggiungendo i due metri di lunghezza ed oltre i cento chili di peso. Ha una testa tozza con due piccoli occhi chiari e due lunghi “baffi”, una grossa gobba dietro la testa ed il resto del corpo è una lunga e brutta coda tozza che ricorda quella di un anguilla o di un’enorme girino deforme. Al tatto è “particoalemente” viscido ed è dotato di numerosi piccoli denti raggruppati sul palato. E’ veramente brutto!!

I pescatori di Po ed Adda ormai possono pescare solo siluri perchè tutte le altre specie sono quasi scomparse. Inoltre la mole e la combattività del pesce ne hanno fatto un’attrazione per la pesca sportiva. Lungo le rive del Po si possono incontrare numerosissimi stranieri, in particolare tedeschi ed ungheresi, che allestiscono per settimane veri e propri accampamenti di pesca. Nulla di male in tutto questo se non fosse che tutti i “Fish Master“, gli organizzatori, sono stranieri e che i locali si sono fatti soffiare anche l’opportunità di sfruttare il siluro come risorsa turistica.

I pescatori praticano il “No Kill” ossia catturano e rilasciano il pesce. Può sembrare una scenta ecologica ma se consideriamo che questo pesce ha stravolto un intero ecosistema questa pietà si dimostra tutt’altro che ambientalista. In primo luogo la loro carne è spesso non commestibile, essendo pesci dalla lunga vita spesso sono esposti per molti anni all’inquinamento e nelle loro carni è possibile trovare cadmio, mercurio, cromo esavalente e  diossina. Va ricordato che purtroppo nei laghi di Mantova tutto il pesce è dichiarato non commestibile. Inoltre il “No Kill“, contrariamente all’obbigo di non reimissione appicabile a  tutte le specie alloctone invasive, scongiura l’eradicazione del siluro tutelando gli interessi sportivi ed economici che attorno ad esso gravitano.

Che io sappia solo gli ungheresi, ghiotti del filetto che si trova sulla schiena, tengono il pesce catturato. Pare quindi che quella bestiaccia del siluro purtroppo sia destinato a diventare il padrone incontrastato delle nostre acque con buona pace per tutti gli altri pesci. Amen.

Per chiudere sul siluro voglio mostrarvi un filmato realizzato da Paolo e Mirco, il duo “padre e figlio” che abbiamo incrontrato sul Po e che ci ha mostrato da vicino il siluro. In questo filmato si vede un grosso esemplare pescato dal giovane Mirco che, a sua volta, viene “pescato” dal siluro al momento del rilascio

Davide “Birillo” Valsecchi

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