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Grignone: Couloir Zucchi

Grignone: Couloir Zucchi

In effetti non ho idea di cosa sia un “couloir”: certo in francese ha il significato innocuo di “corridoio” ma visto che si parla del versante Ovest del Grignone la faccenda si complica. Mattia mi scrive via SMS: “Facciamo lo Zucchi?”. Mi fido del mio socio e come sempre prima accetto e poi mi informo: «Incastrato a sinistra del  “Canalone Ovest” troviamo il “Couloir Zucchi”. Aperto nel 1959 da Corrado Zucchi e compagni è un impegnativo itinerario caratterizzato da una dura sezione su roccia.» Lo “Zucchi” è censito come un itinerario di Misto con difficoltà D+, pendenza 60° ed un lungo passaggio di 30 metri di IV+ in roccia.

Io ho due vecchie picozze (in prestito!), un paio di ramponi economici e davvero poca esperienza di “misto”. Per tutti questi motivi cerchiamo di preparare al meglio la nostra salita provando a capirne le caratteristiche. A “casa mia” 30 metri di IV+ equivalgono al “Pilastrello dei Corni”: aggiungete ghiaccio e neve ed avrete l’immagine di quello che mi aspetto di trovare lassù, a 2100 metri di quota.

“Si Vis pacem, para bellum” Viste le premesse Io e Mattia ci attrezziamo per la “guerra” infilando nello zaino picche, ramponi, 60 metri di corda, mazzette, 10 chiodi da roccia, 4 viti da ghiaccio, friend, nat, fettucce e cordoni d’abbandono. “Meglio un chiodo in più che un paio di alpinisti in meno…”.

Per la partenza ci troviamo ad Asso alle quattro del mattino. Il termometro, in modo assolutamente scoraggiante, segna 5 gradi: ”Dannazione fa davvero caldo! Metti anche le scarpette d’arrampicata nello zaino: se dobbiamo mollare il colpo proviamo a fare almeno due tiri al pizzo dei Nibbi”. Riempio lo zaino, altro peso.

Alle cinque siamo al Cainallo: siamo i primi nel parcheggio ma le temperature non migliorano restanto preoccupantemente alte. Al buio ci incamminiamo verso il rifugio Bietti. Due ore dopo la luce inizia a filtrare all’orizzonte: ci infiliamo l’imbrago e puntiamo verso il canale risalendo dritti dal rifugio. Per attaccare il canalone la traccia sul nostro schizzo si alza da prima verso destra per poi piegare verso sinistra una volta giunti alla base del canale. Tuttavia la neve è scarsa è così spariamo su dritti superando pini mughi e roccette: “Se deve essere una via di misto che misto sia!”

Finalmente siamo alla base, la pendenza inizia a farsi sentire, la neve migliora. Due picozze alla mano ed iniziamo a salire sul serio. Nella destra ho una vecchia e solida Grivel, usata da Simone nel ‘98 per la seconda ripetizione del Drifika (6447m) in Pakistan. Nella sinistra una Camp leggera da scialpinismo appartenuta al mio buon amico Giuseppe Ravizza e donata dalla vedova alla nostra sezione CAI. Le mie “asce da ghiaccio” non sono “fighe” come quelle che si vedono in giro oggi ma hanno un nome, un anima ed un cuore!

Saliamo slegati, Mattia davanti ed io dietro. Incontriamo alcuni passaggini delicati di roccia che superiamo con tranquillità. La neve a volte è dura a volte sfonda: davvero brutta, se in quella condizione ce ne fosse di più avremmo dovuto darcela a gambe da un pezzo!!

Risaliamo uno stretto canale abbastanza ripido che verso l’alto si divide in due. A sinistra risale per una decina di metri e si interrompe sotto un’alta bastionata di roccia. A destra è più lungo e termina più in alto attraverso uno stretto passaggio di roccia.

Io e Mattia iniziamo ad avere qualche dubbio: “Ma è il canale giusto? Non è che questa è solo una variante del Canale Ovest?”. Ci guardiamo intorno: ci aspettavamo un passaggio duro da trenta mentri ma l’uscita del canale non sembra affatto tanto impegnativa. Ci sfiora l’idea di attaccare su roccia i lati del canale ma sarebbe tutt’altro che banale: lavorando duro potrebbe essere fattibile ma non certo di IV+. Il timore di aver sbagliato canale si fa sempre più crescente. Mattia vorrebbe discendere nuovamente la strettoia e cercare se il canale giusto è più a sinistra. Siamo tranquilli e rilassati ma la situazione a tratti appare surreale: ci siamo persi?

I primi raggi di sole iniziano a brillare sulla cresta che intravvediamo sopra di noi. Un paio di sassi si lasciano cadere dall’alto attivando tutti i miei campanelli d’allarme. “Vabbè, che sia o meno lo Zucchi poco importa. Fa un caldo porco e sta arrivando il sole. Di là passiamo di sicuro: Io dico che conviene togliersi dalle palle prima che la Grigna ci si sciolga addosso….”

Sebbene un po’ scocciato dall’idea di aver sbagliato anche Mattia concorda con me ed insieme riattacchiamo il canale puntando verso l’uscita rocciosa. Il passaggio è caratterizzato da lame oblique che culminano in uno stretto diedro/camino anch’esso obliquo. Ramponi ai piedi Mattia attacca per primo mentre io aspetto stando riparato dietro una sporgenza.

Mattia raggiunge il camino. Al centro, sulla destra, c’è un chiodo pitturato di rosso. “Okkio Davide, qui a sinistra c’è un macigno che si muove. Stai al coperto!” Mi urla Mattia. “Io sono apposto, sono riparato. Ma da qui non ho idea se c’è qualcuno sotto: non farlo venire a basso.” Lui mi risponde. “Ovvio!! Tu stai al coperto però!”. La Grigna, a differenza dei Corni, è una montagna spesso più affollata di quanto converrebbe…

Mattia passa il diedro ed esce sulla cresta. “Vuoi che ti butti un pezzo di corda?” Rido divertito “Certo Mattia, ma si da il caso che la corda l’abbia io nello zaino! Non ti preoccupare: arrivo!” Sfilo i guanti ed indosso quelli senza dita: arrampicare con i ramponi è una rogna e, visto il caldo, un po’ di sensibilità in più nelle mani non guasta!

“Lemme lemme arriveremo a Gerusalemme!” Sfrutto le lame di roccia e piazzo con calma le punte dei ramponi nella roccia. Mi infilo nel diedro lavorando in opposizione con la schiena a sinistra ed i piedi a destra. Piazzo un rinvio nel chiodo e studio il passaggio. Rimetto il rinvio all’imbrago, supero il sasso instabile e sempre in opposizione arrivo all’uscita del diedro. Afferro la picca e cercando del ghiaccio solido mi alzo oltre l’uscita.

Davanti a me appare il rifugio Brioschi ed il tratto finale del Canalone Ovest. Un po’ stupito, e forse deluso, chiedo a Mattia “Ma allora questo è davvero lo Zucchi?” Mattia mi risponde ancora un po’ dubbioso “Bhe… Parrebbe di sì”.

Insieme ci alziamo ancora un poco: alla nostra sinistra c’è una croce metallica. Ormai restano pochi dubbi: quello era il Couloir Zucchi. Invece di abassarci nel Canalone Ovest seguiamo la linea originale della via e ci spostiamo ancora più a sinistra compiendo un piccolo traverso prima di risalire nuovamente in verticale.

La neve ha ormai la consistenza della granita e con molta cautela raggiungiamo finalmente la chiesetta del Brioschi. Ci stringiamo la mano felici: la priorità era “uscirne interi” ed entrambi ci godiamo il piacevole abbraccio del sole.

“Ma vuoi dire che erano quelli i 30 metri di IV+?” Chiedo a Mattia. “Di sicuro non erano trenta metri. Certo, non era un passaggio difficilissimo ma neppure banale: se fiondi arrivi giù dritto al Bietti”. Eravamo attrezzati per un guerra ma, credendo di aver sbagliato bersaglio, ci siamo sparati in libera tutto il passaggio di roccia: in effetti uno sviluppo abbastanza curioso su cui riflettere!

NotaBene: Utilizzate le nostre foto ed il nostro racconto per comprendere la nostra salita ma non per comprendere come potrà essere la vostra. In questo tipo di salite il mio giudizio è troppo “acerbo” per esservi d’aiuto.

Arrampicare ai Corni ci ha reso di sicuro più forti e “concreti”, per non usare una parola fraintendibile come “prudenti”. D’altro canto a furia di tribulare su vecchie vie di TD- o TD+ tutti i nostri parametri sono un po’ sballati.

Ovvimente è meglio essere pronti a dare battaglia che farsi beccare con le braghe calate. Però la sensazione è strana. In passato ho avuto momenti decisamente più intensi e tesi con il “verglass” sotto la neve del Passo della Vacca che dentro un couloir sul più blasonato Grignone. Tuttavia il “ghiaccio” ai Corni è raro quanto innumerevoli possono essere le variabili di una salita di misto sulle Grigne.

Detto tutto questo posso davvero essere soddisfatto della nostra salita ma l’insegnamento che devo trarne è assolutamente uno ed uno solo: “serve più esperienza”. In particolare credo di avere moltissimo da imparare per leggere correttamente le condizioni della neve e del ghiaccio. (merce rara ai Corni, purtroppo)

Guardando dall’alto il canale ho pensato “Bhe, tutto qui?”. L’unica risposta saggia è “No, questo è decisamente solo l’inizio”. I Corni di Canzo sono stati la culla dei “Cinque di Valmadrera”, alpinisti straordinari che nelle salite di misto, soprattutto invernali, hanno realizzato davvero l’impossibile. Forse è scontato che i “Ragazzi dei Corni”, con pazienza e “concretezza”, provino ad onorare anche questa invidiabile tradizione delle nostre montagne.

Davide “Birillo” Valsecchi

Grigna Settentrionale: Couloir Zucchi – 10/01/2015
Mattia Ricci, Davide “Birillo” Valsecchi

Ps: Come ha rimarcato anche il Capanat i canaloni del Grignone non sono uno scherzo. Nelle ultime settimane il Canalone Ovest è stato preso d’assalto sebbene le condizioni siano tutt’altro che ideali. “Non voglio fare il bacchettone,ma è meglio che scriva qualcosa sull’onda di quest’eccitazione: il Canale Ovest bacia tutti (tantissimi lo hanno fatto in queste settimane) però non è detto che anche la fortuna lo faccia. C’e un’autostrada è vero: ciascuno però valuti bene le proprie capacità ed esperienza. Sembra una banalità dirlo, ma la corda non basta averla dietro per legarsi: bisogna anche saperla usare.” – Il Capanat del Brioschi

Buon Anno Badgers

Buon Anno Badgers

Il primo giorno dell’anno, come da tradizione Badger, la squadra si inerpica in notturna lungo il crinale est del Moregallo, risalendo dal Sasso Preguda fino alla vetta. Ridendo e scherzando una sgambata di 960metri di dislivello percorsi sul filo della cresta che precipita sul lago e sulla città di Lecco: una vista eccezionale!

Membri dell’equipaggio del 2015 sono Mav, Marzio, Claudia, Bruna, Boris, Andrea, Simone e Birillo. Gli zaini sono carichi di cose da mangiare e bottiglie da stappare. La luna, quasi piena, rende superflue le frontali, illuminando il sentiero e brillando sul’inaspettata neve copre i prati della vetta.

Sotto uno sperone di roccia accendiamo il fuoco ed iniziamo i festeggiamenti. Il termibile vento del Moregallo, che risale freddo ed intenso da lago, sembra intenzionato a tacere lasciandoci godere dello strepitoso panorama al chiaro di luna.

I Corni di Canzo sono “casa”, ma il Moregallo è la “montagna sacra”, un luogo magico e misterioso, un luogo di frontiera dove il vento rinforza tanto il fuoco quanto l’anima e gli spiriti: è sempre un emozione tornare lassù cominciando l’anno!!

Buon Anno Badger! Sia per noi prospero e ricco di grandi avventure!!

Davide “Birillo” Valsecchi

Destinazione Rosalba

Destinazione Rosalba

“Facciamo due passi da Rongio al Rosalba?” Avevo gettato quest’esca ai Badger perchè, avendo nevicato il giorno prima, speravo abboccasse qualche pesce grosso della squadra. Inaspettatamente alla chiamata hanno risposto invece le mie due “aciughine” preferite: Boris e Niky. Non ero sicuro fosse un uscita alla loro portata: non ero mai stato da quelle parti e nelle relazioni si parla di 1000 e passa metri di dislivello tra roccette esposte che, nel nostro caso, saranno coperte da un leggero strato di neve. Tuttavia, visto che erano belli gasati, ho comunque “startato” la missione.

Da Rongio al baitello del Manavello si risale attravarso il bosco lungo un sentiero abbastanza battuto. Una salita piacevole e non troppo impegnativa. Se il Baitello è aperto si può trovare anche un riparo caldo e godere di uno strepitoso panorama.

Superato il baitello la neve si è fatta vergine e la traccia, visibile solo dai bolli colorati sui sassi, risale ripida ed al buio su per un canale. L’attacco era tutt’altro che invitante ed il vento gelido che soffiava giù dalla Grigne rafforzava quella sensazione di disagio. “Bene, se qualcuno ha qualcosa da dire è il momento di farlo. Se attacchiamo la prossima fermata è al Rosalba”. Il sentiero era troppo ripido ed esposto perchè lo potessero affrontare in discesa con quell’infido strato di neve. Potevano farlo in salita ma dovevano arrivare fino alla cresta per uscirne senza rogne. Decisi mi rispondono “Andiamo!”. Beata gioventù, se io fossi stato in loro avrei alzato la mano proponendo di gozzovigliare al Baitello!!

Il sentiero è ripido e l’aria si è fatta frizzantemente fredda. Boris sembra aver perso l’entusiasmo iniziale e scivola ad ogni passo. “Birillo, io metterei i ramponi!” La domanda mi incuriosice e divertito gli domando: “Ramponi? Qui? Fammi vedere un po’ come cammini piuttosto”. Lo osservo mentre avanza “Boris, non camminare sulle punte. Appoggia tutto il piede, compreso il tacco! E tieni il corpo dritto ed il peso centrale! Se ti sbilanci in avanti sulle bacchette è inevitabile che ti scivoli l’appoggio! Dritto e con tutto il piede!”
Piano piano migliora ma si capisce che è “intesito” dalla situazione “Accidenti, se non muoio di freddo rotolerò fino a Rongio!”. Nicky, al contrario, si diverte e con la sua camminata un po’ a papera se la cava bene sulla neve.

Superiamo un tratto di roccette viscide ed un successivo passaggio attrezzato con le catene. Finalmente siamo quasi all’uscita della cresta e, cambiando versante, siamo meno esposti al vento e riscaldati dal sole. Avanziamo sul paglione coperto di neve ed i miei soci si scambiano i ruoli: Boris sembra essersi ripreso mentre Niky sta andando in crisi per la fatica.

Pian piano risaliamo lungo il crinale erboso e, cresta dopo cresta, finalmente vediamo il Rosalba all’orizzonte. Per me è ora di fare un po’ di conto. Siamo finalmente usciti sulla cresta ma è già l’una del pomeriggio e, nonostante il sole sia caldo, ho a disposizione tre o quattro ore di luce prima che il sole tramonti. Attorno a noi è pieno di camosci che come schegge si rincorrono sui ripidi prati. Loro sono veloci, noi no. Per questo invece di puntare al Rosalba (comunque chiuso) inizio ad approntare il piano di rientro.

I miei soci cominciano ad essere davvero provati: “Birillo, fermiamoci a fare pausa un quarto d’ora, riposiamo e mangiamo qualcosa”. Ecco, questo è il momento esatto in cui gli “escursionisti” si mettono nei casini e rischiano di far parte delle statistiche del Soccorso Alpino.

D’inverno il tempo vola e passata la “mezza” devi mettere le ali al culo e puntare a rientrare: dilettarsi con un pick-nick su una cresta a 1700 metri di quota sotto la Grigna coperta di neve è l’idea peggiore che si possa avere!! Per prima cosa, anche fermandosi, non vi è assolutamente modo di riposare o recuperare forze. Tutto quello che si può ottenere è di prendere freddo proprio quando sarebbe meno opportuno. In secondo luogo anche se il freddo non bloccasse la digestione, con tutti i problemi che comporterebbe, il cibo ci metterebbe un paio d’ore prima di diventare energia fruibile. Inoltre chi ha tempo non cerchi tempo: gli imprevisti della discesa possono essere molti e farsi sorprendere in quota dal buio e dal freddo vero non aiuta di certo a risolverli.

La situazione rappresenta un curioso paradosso. Se fossero più in forze, più saldi e veloci sui piedi potremmo fermarci a fare qualche foto in più e a tirare il fiato godendoci il panorama. Tuttavia, proprio perchè sono stanchi, lenti ed incerti sui piedi, è imperativo continuare e cercare di perdere quota con calma e costanza.

“Non se ne parla nemmeno” Distribuisco un po’ di Golia alla liquirizia “Finchè non siamo scesi al bosco dobbiamo darci da fare e tenere duro. Questo è il momento in cui dovete reggere!” I mei soci brontolano, qualcuno addenta di nascosto un panino, ma continuano a camminare.

Boris si ferma ed infila i ramponi. L’idea può essere buona, dodici punte sono un po’ “hard core” ma sul paglione coperto di neve può dargli un po’ più sicurezza. L’altro lato della medaglia è rappresentato dallo “zoccolo di neve” che inevitabilmente (e pericolosamente) si forma sotto le punte in quelle condizioni.

Infilo i ramponi a Niky e riprendiamo il lungo traverso. Per Nicky questa è la prima volta che li usa: un inizio davvero curioso. Lo ossercvo con attenzione e dopo un po’ di cammino Nicky scivola. Non è la caduta di per sè a stupirmi quanto la sua reazione: con lo sguardo perso nel vuoto come una balena spiaggiata semplicemente si lascia scivolare completamente passivo. Esplodo in un ruggito di imprecazioni e gli ordino di fermarsi: la balena spiaggiata si rianima, punta i piedi e si ferma.

Niky è cotto ed anche Boris sembra preoccupato. Questa è esattamente la tipica situazione che la maggior parte della gente sottovaluta ed il momento esatto in cui in montagna deve saltar fuori il carattere delle persone. Il sole corre ma il tempo è ottimo, il vento è cessato ed io ho ancora il serbatoio della benzina bello pieno: sono allertato ma non preoccupato. Tocca a me darci dentro.

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Mi affianco a Niky marcandolo stretto e spiegando ad entrambi cosa fare, dove passare, come e dove appoggiare i piedi. Sono miei amici ma proprio per questo i miei sono formalmente “ordini” piuttosto imperiosi ed inquivocabili. Dobbiamo chiudere un lungo traverso abbassandoci fino al sentiero delle foppe percorrendolo poi fino al bivio che riporta a Mandello.

Lavoriamo bene tutti insieme e finalmente le difficoltà cominciano a diminuire. Come prevedibile più scendiamo più Niky e Boris sì rincuorano lasciando che il buon umore e l’entusiasmo tornino ad azzittire le difficoltà. Quando finalmente siamo di nuovo nel bosco, più o meno all’altezza dei Resinelli, per evitare l’amutinamento lascio che si siedano al sole e si ingozzino di panini al prosciutto. Io, senza nemmeno togliere lo zaino (detesto il freddo alla schiena!sono anziano!), estraggo dalla tasca una barretta di cioccolato osservandoli mentre si abbuffano.

Per loro quella di oggi è stata davvero un’esperienza fuori scala ed hanno toccato un po’ i propri limiti imparando (si spera) qualcosa di più su loro stessi. La fatica è qualcosa che, involontariamente, ci spinge ad assumere atteggiamenti che hanno il solo scopo di esibire e mostrare la stanchezza stessa. Pensateci: si ciondola, ci si trascina, ci si lascia andare e si assume un espressione da “madonna dolorante” piuttosto ridicola. Tutte cose inutile e controproducenti.

La fatica è qualcosa che si deve imparare a conoscere e che si deve comprendere. Quando si è stanchi si deve ottimizzare ogni gesto, conservare e gestire ogni movimento. Per farlo si deve insegnare alla “testa” a diventare la parte più forte di tutto il nostro corpo: tutto può cedere ma la testa deve reggere. Si deve diventare come dei pugili che si chiudono in difesa, incassano colpo su colpo, senza scoprirsi e gudagnando ogni secondo che li separa dal suono della campanella. Purtroppo è qualcosa che si impara solo andando al tappeto ed è per questo che serve avere degli ottimi “secondi” ed un buon allenatore quando accade.(…io che sono duro di comprendonio al tappeto ci sono andato più di una volta!)

Le due ore successive scorrono allegre e spensierate, rientriamo verso Rongio macinando gli ultimi chilometri e scherzando ad ogni passo. I miei soci hanno superato le difficoltà e le crisi: ora non sembrano nemmeno le stesse persone di poco prima. Sono davvero felice.

Quando arriviamo alla macchina è il tramonto: alle spalle abbiamo 12km e 1200 metri di dislivello percorsi su neve infida. Quando ci infiliamo nel primo bar è ormai buio. Ingollo la mia birra soddisfatto: ho fatto bene i miei conti e loro due non sono più le “aciughine” che erano al mattino. Bravi, davvero bravi!

Davide “Birillo” Valsecchi

Salita dal sentiero 13b e discesa dal sentiero 12:

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Grignone: Canalone Ovest

Grignone: Canalone Ovest

Il BadgerTeam è a tutti gli effetti l’esercito personale di Birillo, la sua armata brancaleone. Come tale spesso è sconcluionato, incasinato e contraddittorio così come lo è lui: se i ragazzi avessero l’opportunità di imparare solo da me sarebbero davvero nei guai!! Fortunatamente la nostra piccola compagine è circondata da amici che, con le loro salite e la loro esperienza, sanno essere fonte sia d’ispirazione che d’insegnamento per tutti noi.

Nel giorno di Santo Stefano, come regalo per l’onomastico, Stefano, Luca e Giovanni hanno dato l’assalto al Canalone Ovest del Grignone. Tutti e tre appartegono al Corpo Nazionale del Soccorso Alpino in forza al nostro territorio ed attualmente sotto la guida del mitico “Fuma” (che un mesetto fà si è gentilmente reso disponibile nel seguire i ragazzi nei loro primi passi in ferrata: grazie ancora!).

Luca e Stefano sono miei compagni da quando eravamo pischelli ma ora, dopo essere entrati nel Soccorso, hanno fatto davvero un notevole salto di qualità. I canaloni della Grigna sono tra le mie mille fantasie ma ci vorrà ancora molto tempo e preparazione prima che i Badger possano essere in grado di affrontarli. Tuttavia sapere che qualche amico ha iniziato ad infilarci il naso è davvero stimolante!

Il canalone fu percorso per la prima volta in discesa da Giovanni Gavazzi, Julien Grange e Primo Ballati il 17 ottobre del 1874. Sarebbe interessante scoprire se c’è qualche parentela tra Primo Balatti ed il leggendario Benigno “Ben” Balatti che, sempre sulla Ovest, ha tracciato le strepitose MagicLine (TD-) e La Storia Infinita (TD+) nell’inverno del 2003. (Ben, ai miei occhi, è il re del Disgrazia, la regina delle mie fantasie!)

La descrizione che mi ha fatto Stefano è stata come sempre stringata: difficoltà AD 50°, III°, bello stretto, un po’ “magro” di neve con tre salti di roccia delicati perchè un po’ marciotti. Decisamente stringato!! Quindi non mi resta che mostrarvi qualcuna delle loro foto sperando possano stuzzicare le vostre fantasie per gli anni a venire.

Ancora complimenti!!

Davide “Birillo” Valsecchi

Grignone – Canalone Ovest
26/12/214 – Giovanni Giarletta, Stefano Sepriano, Luca Beduzzi

I Tre giorni del Tasso

I Tre giorni del Tasso

Definiamo “intenso” tutto ciò che si manifesta con particolare forza e concentrazione, qualcosa di espressivo e penetrante condotto con grande energia, concentrazione e assiduità. Per questo “i tre giorni del tasso” sono stati un week-end piuttosto intenso. Volevo mettere alla prova i ragazzi e revisionare la mia capacità di “tenere botta”. Così li ho arruolati quasi tutti coinvolgendoli in un piccolo, ma intenso, tour de force.

In sequenza stretta: Notturna al Cornizzolo, Invernale in Grignetta ed Invernale al Legnone.

Ogni ”Badger”, a seconda delle proprie capacità e delle propria disponibilità, ha deciso a quale attività partecipare. Così venerd’ sera, dopo una rapida puntata per i saluti in Sede Cai, ci siamo ritrovati alle ochette del Segrino e da Campora abbiamo attaccato la cresta che conduce alla croce del Cronizzolo, illuminata per le feste.

Una classicissima che permette, a chi non l’abbia mia fatto, di scoprire la curiosa meraviglia delle luci di pianura. In squadra, attrezzati di frontale, Boris, Kekko, Nicola, Mav ed Io. La discesa in super relax a luci piacevolemente spente lungo la strada che porta alla Sec.

In branda alle due di notte siamo saltati fuori dal letto alle sei del mattino per puntare alla cima della Grignetta risalendo lungo la Cermenati. in squadra Boris, Kekko, Mav ed io. Boris e Keko non erano mai saliti in Grignetta con la neve e la loro era una specie di “prima volta” tutta da scoprire.

Dopo aver scorrazzato per la Grignetta ci siamo infilati al “2184” per scolarci un paio di birre e festeggiare. Rientrati a casa c’è stato giusto il tempo per un tuffo in vasca da bagno, un piatto di polenta della Zia e nuovamente in branda. La sveglia suona alle 5:30 ed alle sei una nuova squadra passa a prendermi: Marzio, Andrea e l’onnipresente Mav. La nuova destinazione è la vetta del Legnone.

Quando arriviamo ai Roccoli di Loerla il vento spazza la cima del Legnone innalzando altissimi pinnacoli di neve oltre la cresta. “Bagai, sembra un vulcano! Con un vento simile andiamo a dare un’occhiata alla Ca’ de Legn prima di decidere sul da farsi”. Il vento soffia freddo e fortissimo ma tutto intorno a noi l’orizzonte  esplode dilagando in un’alba strepitosa, fatta di montagne e neve dorata.

Finalmente alla “Ca’ De Legn” attendiamo che il sole illumini la cresta. Mav ed Andrea non sono mai stati sul Legnone, nemmeno in Estiva. Anche per me e Marzio questa è la prima volta con la neve. Il vento sembra calare ed attacchiamo. I passaggi “tecnici” non sono molti, tuttavia l’esposizione è davvero importante ed i ragazzi devono lavorare di picca e ramponi come mai hanno fatto prima. Finalmente, spazzati dal vento, raggiungiamo la cima che, con nostra assoluta sorpresa, si offre come un oasi: al riparo dai turbini ed accarezzata dal tepore del sole.

Godiamo di quell’insperata quiete e del panorama mozzafiato che si perde in ogni direzione. Poi, dopo le foto e le strette di mano di rito, iniziamo la nostra discesa. Sbraito, urlo, mi agito: “Non fare la fighetta!! Pesta quei ramponi e pianta bene la becca nella neve! Duro e cattivo! Forza! Duro e cattivo!! Non siamo qui per cazzeggiare!!” Sbagliare nei tratti più verticali significherebbe farsi uno scivolo verso valle di quasi cinquecento metri: qualcosa da evitare con assoluta determinazione! Tuttavia, nonostante la fatica e qualche crampo, la squadra è scesa sana e salva a valle (dove finalmente ho cominciato a rilassarmi!). Davvero bravi!!

Quasi tutti i membri del BadgerTeam, ognuno secondo il proprio livello, si è dato da fare questo week-end. Anche gli infortunati o quelli intrappolati dal lavoro hanno saputo, sebbene non presenti, rendersi comunque partecipi alle attività. Sono estremamente contento e soddisfatto: tutti hanno segnato il proprio punto accrescendosi di una nuova “prima volta”. Davvero bravi! In particolare voglio complimentarmi e ringraziare Mav che, standomi dietro tutti e tre i giorni, si è sparato una tonnellata di metri di dislivello e quintali di chilometri dormendo una manciata d’ore. Bravo Mav, grazie per il supporto!!

Nei prossimi giorni, con calma, riordinerò le foto e racconterò ogni singola salita con l’attenzione e la cura che merita. Tuttavia, visto che siamo diventati davvero un bel gruppo, mi piace l’idea di raccogliere tutte queste esperienze diverse in un unico articolo che coinvolga tutti.

Ora, con permesso, credo che crollerò in branda con un compiaciuto sorriso stampato in faccia: gioravagare tra le montagne non avrebbe lo stesso senso senza di voi.

Davide “Birillo” Valsecchi

A badger tale of Ice and Fire

A badger tale of Ice and Fire

«Ho scelto di circondarmi di pazzi, malati della mia stessa follia, per poterli chiamare “amici”. E in loro riconoscermi. – Boris» La squadra dei Tassi, il BadgerTeam, si raduna per festeggiare il compleanno di Kekko: prima una puntata in Birreria e poi al Centrale. Mav, il vichingo Ra’s al Ghul della truppa, si perde in un capannello di ragazze che letteralmente lo circondano. Il locale è pieno di musica assordante, Boris in camicia e maglioncino fa il brillante in mezzo a gente coperta di teschi, io intanto cerco di capire perchè continuino a dare fuoco al mio stramaledetto bicchiere! I tassi sono in festa ed i boccali di birra si ammassano sul tavolo: direi che va bene e lascio libero il branco prima di chiamare la ritirata in branda.

Al mattino il tempo è ancora pessimo ma nonostante la pioggia il morale è alto. Partiamo da Lecco e puntiamo verso Introbio e la val Biandino. Boris, Mav, Andrea, Marzio, Antonio e Birillo: ecco la squadra di oggi. La nebbia copre ogni cosa ed arriviamo mezzi fradici al rifugio Tavecchia risalendo il sentiero numero 40. Finalmente compaiono le prime colate di ghiaccio e la prima neve, la pioggia si trasforma e tutto attorno a noi si copre di bianco.

“La nebbia è il miglior tour operator del mondo. Guardati intorno: ora potresti essere in Pakistan, in Nepal o nelle Ande. Tutto sarebbe assolutamente identico!” Attorno a noi è tutto bianco e con pazienza certosina seguiamo le tracce nella neve risalendo fino al Rifugio Grassi.

Quando finalmente scolliniamo il bianco diventa assoluto, il rifugio appare all’improvviso quando ormai siamo sulla porta d’ingresso. Al suo interno Anna ed Amos ci accolgono con la loro consueta e comprovata ospitalità. Ci abbuffiamo a ridosso della stufa mentre dalla finestra teniamo d’occhio la traccia che lentamante si afflievolisce per la nuova neve.

“Bene bagai, andiamo!” Nevica bene ma la nebbia si è diradata e tanto basta per lasciarci godere la discesa. Quella di oggi è stata una bella sgroppata, la pioggia è stata una noia ma il giretto sulla neve valeva il fastidio. Giornate come queste non hanno molto da raccontare perchè sono sopratutto giornate da vivere e godersi.

Quando arriviamo all’auto ormai è buio ed il numero di “chiacchiere” fatte è incalcolabile. Un bellissimo fine settimana: bravi ragazzi!

Davide “Birillo” Valsecchi

Eccovi un po’ di foto: quelle realizzate da Boris le potete trovare qui: http://daimario.tumblr.com

Battesimo di Grigna

Battesimo di Grigna

“Alla guerriera bella e senza amore un cavaliere andò ad offrire il cuore, cantava: Avere te voglio, o morire! Lei dalla torre lo vedea salire. Disse alla sentinella che stava sopra il ponte: Tira una freccia in fronte a quello che vien su. Il cavaliere cadde fulminato: Ma Iddio punì l’orribile peccato e la guerriera diventò la Grigna una montagna ripida e ferrigna.” Questa era la canzone delle Grigne che cantava sempre mia madre ed è forse per questo che oggi non faccio un passo in Grigna o Grignetta senza avere il casco in testa, senza essere equipaggiato per dare battaglia alla Guerriera ed al suo esercito di torrioni. Qualcuno trova il mio approccio divertente, io spero solo di essere quello che riderà per ultimo.

L’invero è il candido velo da sposa, o forse l’armatura più temibile, con cui la Grigna si adorna. Tra qualche settimana la neve sarà abbondante e la traccia dell’invernale del Brioschi, con i suoi 1200 metri di dislivello, diventerà una specie di autostrada dove la fiumana di genti che risale il muro sarà visibile dalle valli. Riverseranno sulla montagna gioia, preoccupazioni, frustrazioni, orgoglio e presunzione dimenticando che la Guerriera non dorme mai, per loro fortuna spesso è solo distratta.

La neve inzia da sopra i Comolli. In basso piove mentre la cima è avvolta da una nuvola bianca. Con me ci sono due “giovani” del BadgerTeam: Boris, che ha già fatto diverse volte l’invernale, e mio fratello Keko, che non è mai salito in Grigna in vita sua e che non ha mai messo i ramponi.

Boris è un vero spasso, con lui ci si diverte sempre. Mentre ci avviciniamo ai Comolli cantiamo, raccontiamo storie di donne e guai, snoccioliamo citazioni da film e libri. Il tempo però non promette nulla di buono. La pioggia lentamente si sta trasformando in neve e le nuvole rendono la salita un’incognita tutta da scoprire. Kekko e Boris saranno all’altezza? Saprò fare le scelte giuste? Il “muro” della Grigna già in passato ha messo alla prova il mio giudizio.

Boris attacca recitando una citazione del film “The Snatch”: «E così… tu ovviamente sei il grande cazzone, e loro due ai tuoi fianchi sono le tue palle. Ci sono due tipi di palle: palle quadrate e toste… e poi le palline mosce da finocchio. Vedi, i cazzoni vanno dritti e ci vedono chiaro, ma non sono intelligenti. Sentono odore di passera… e vogliono mettersi a giocare. E tu credevi di aver fiutato una bella passera, e ti sei tirato dietro anche quelle due palline mosce da finocchio per divertimento. Però hai fregato in pieno i tuoi compagni: non c’è passera qui, solo sifilide. Rimpiangerete di non essere nati donne. Da bravo cazzone… se ci pensi ti ammosci; cominci a rattrappirti e le tue palline si rattrappiscono assieme a te. Il fatto che ci sia “replica” sul fianco delle vostre pistole… e che invece ci sia desert eagle… punto cinque zero… sul fianco della mia… dovrebbe precipitare… di colpo te e le tue palle, nel tuo buco nero. Andate… a farvi fottere.»

Facciamo una pausa ai Comolli ed attacchiamo il muro: è il momento di scoprire se sono una “Replica” o una “Punto Cinque Zero”. La neve è buona ma l’equipaggiamento di Keko è tutto raffazonato. Devo fare attenzione, devo impedire commetta errori. Boris gli mostra come camminare nella neve, come evitare di scivolare sull’appoggio sprecando forze. Piano piano ci alziamo e la nebbia si fa più intensa.

Sotto la cima del colle ci fermiamo. Il vento inizia a farsi sentire, a soffiare forte e freddo. Indossiamo i guanti ed i ramponi. Mi occupo di legare quelli di keko e gli piazzo in mano una picozza: «Questa la tieni a monte impugnandola in questo modo: non fare un passo se non l’hai puntata nella neve» Il vento soffia sempre più forte, io e mio fratello ci parliamo tenendoci stretti faccia a faccia. «Bene Bagai, ecco la nuova formazione: Boris davanti, Keko in mezzo ed io in fondo. Boris mi raccomando: testa sulle spalle» Io marco stretto mio fratello ed iniziamo la lunga traversta sulla cresta.

Questa è la Grigna che mi piace, quella che ti si incrosta nei vestiti, quella che ulula, che nasconde ogni cosa trascinandoti nelle sue fantasie Himalayane.Quando la nebbia si dirarda si scorge l’abisso del muro sotto di noi ed i suoi temibili 600 metri di scivolo. I miei compagni avanzano nella neve ed io li seguo, li rincorro, li affianco. “Non basta essere sufficienti alle difficoltà delle difficoltà, bisogna essergli superiori” Portare in giro i ragazzi è ciò che mi ha aiutato a comprendere appieno questa importante lezione. Con grande soddisfazione è quello che anche i più anziani tra loro stanno imparando.

Camminiamo in silenzio tra il vento, poi un grande pilastro verticale, incrostato di neve, appare all’impovviso dalla nebbia. Mi avvicino a mio fratello, gli afferro una spalla e  gli urlo nelle orecchie: «Hey Kekko, hai capito dove siamo? Hai capitò cos’è quello?»

Lui alza la testa e finalmente capisce. Quella è la famosa Croce della Grigna, quella è la cima. Come per incanto sotto di noi appare il Brioschi. Ci abbracciamo, ci stringiamo la mano dandoci pacche l’uno con l’altro. Sono la mia squadra ma lui è mio fratello e senza pensarci lo bacio con affetto su una guancia. Da qualche parte, tra le nuvole, il vento e la nebbia, lo spirito della Guerriera si trova faccia a faccia con una agguerrita e battagliera madre: “…non fare la stronza con i miei ragazzi!!”.

Ripieghiamo dentro il rifugio. Alex e Claudio, di ritorno dal Nepal, ci accolgono gentili e premurosi come sempre. Mangiamo un pezzo di torta ed un bicchiere di te caldo. Keko è bianco in volto, la quota, il freddo e la fatica lo hanno preso allo stomaco. Fuori il vento rinforza ancora e nevica sempre più fitto. Lascio che i vestiti si asciughino un poco e rimetto in moto la squadra il prima possibile. Scambio alcuni pezzi del mio equipaggiamento con quelli di Keko, gli risistemo i ramponi e ripartiamo. «Oky. Io davanti,  Keko in mezzo e Boris in fondo. Metteteci il tempo che serve, non correte, ogni passo deve essere un buon passo.» Con un vento tanto freddo bisognerebbe mettere le ali al culo ma visto la loro scarsa esperienza bisogna trovare la giusta via di mezzo. Come sempre ho trenta metri di statica nello zaino ma decido che ne hanno abbastanza per farcela. Ogni scelta è un peso in più nello zaino.

«Coraggio Keko. E’ il momento di  scegliersi una canzone incazzosa e di cantarsela fino alla fine della cresta. Duro su ogni passo, qui non puoi sbagliare». Attraversiamo la cresta, ne seguiamo le linee senza mai riuscire a capire quanta strada ancora ci divide dal colle. In una giornata di sole qui ci sarebbe da fare la coda, oggi siamo solo noi: in viaggio attraverso la nebbia, la solitudine, le incertezze.

Quando raggiungiamo finalmente il colle tiro un mezzo sospiro di solievo «Bravi ragazzi, il più è fatto. Ora tocca stare comunque attenti. Se ci fosse più neve spareremmo giù dritti. Oggi invece occhio ai sassi sotto i ramponi». Traccio linee nella fresca traversando quando la pendenza si fa troppo difficile. Più ci abbassiamo di quota e più il mal di stomaco di Keko sembra passare. «Accidenti, mi dispiace per il mio mal di stomaco. Non so cosa mi sia successo» cerca di giustificarsi Kekko. «Dispiacerti? Perchè dovresti? Sei qui per imparare e quel mal di stomaco è una benedizione, un ottimo insegnamento. La quota, il freddo, la fatica e la fifa influiscono sul corpo in modi diversi. A volte lo stomaco, a volte la testa, a volte semplicemente non funziona più nulla. Bisogna conoscere i sintomi, leggere i segnali ed imparare ad usare la testa per arginarne gli effetti. Tutta esperienza Keko, tutta esperienza.»

Finalmente arriviamo ai Comolli. Ci sediamo sulla panchetta mentre nevica forte. Sotto di noi piove che dio la manda ma quello che doveva essere fatto è stato fatto. Fradici ed intirizziti dal freddo i miei compagni scherzano e ridono allegri.

A proporre l’uscita era stato Boris ed io l’avevo avvallata, ma qualcosa ancora in lui sembrava agitarsi «Mi spiace, ho idea che la salita di oggi sia stata più di quanto mi aspettassi. Forse non erano le condizioni giuste, forse è stato un po’ troppo per Kekko.» Il bello del BadgerTeam è che i ragazzi ogni volta danno tutto, ed danno il meglio di quello che hanno. A volte, visto che sono più ragazzino di loro, dimentico gli oltre dieci anni d’età che spesso ci dividono e rimango sorpreso dalla loro assoluta genuinità d’intenti. «Naaaa, oggi è stata una salita fantastica. Il meglio in cui potevate sperare. La Grigna vi ha dato un gentile assaggio della sua vera natura. Quando torneremo qui la prossima volta, con il sole e tutto il resto, capirete quanto bella sia stata questa giornata. Poi non preoccuparti, sono io che ho deciso che andava bene, diversamente saremmo tornati indietro. Non c’è nulla di cui essere dispiaciuti, anzi.»

In fondo è “solo” la Grigna, come spesso  sono “solo” i Corni. Inutile perder tempo a discutere con chi non è in grado di comprendere il valore di quel “solo”. I ragazzi sono stati davvero bravi e sono davvero soddisfatto. Scendendo a valle sotto l’acqua battente ero felice di sentirli stanchi ma allegri.

Un ultimo sguardo alla Grigna ed un pensiero sfuggente mi attraversa la mente. Il Bianco ha rubato alle Grigne il loro campione e questo sarà il primo inverno senza di lui. Difficilmente sarà possibile egualiarlo, quello che possiamo fare è raccoglierne l’eredità, gli insegnamenti, e consegnarli alle nuove generazioni perchè imparino dal suo esempio. Perchè ogni passo sia un buon passo.

Davide “Birillo” Valsecchi

“Noi pur t’amiamo d’un amor fedele,
montagna che sei bella e sei crudele…”

“Avete mai attraversato la strada guardando dalla parte sbagliata?…e c’è una macchina che vi viene addosso? Allora voi che fate? Una cosa molto stupida: vi fermate!… e non rivedete tutta la vostra vita perché avete troppa paura per pensare. Vi fermate e fate una faccia da scemi… ma lo zingaro no… perché? Perché aveva già in mente di andare lui addosso alla macchina..”

Inseguendo l’alba

Inseguendo l’alba

Io e “SilverHorse” non ballavamo insieme da oltre dieci anni. La mia meravigliosa “vintage” MountainBike mi fu regalata quando avevo 19 anni, più o meno nel ’95 e quindi quasi vent’anni fa. Era una delle prime biciclette con il telaio in alluminio e per questo esibiva una magnifica livrea argentea.

Tecnologia del passato, telaio rigido senza ammortizzatori, ma con lei all’epoca avevo affrontato tutte le salite che oggi sono considerate “classiche”: una compagna d’avventura incredibile!  Quando poi mi trasferii a Milano per l’Università le occasioni divennero meno e piano piano “SilverHorse” iniziò a prendere polvere. Mio padre e mio fratello la usarono qualche volta per passeggiare ma riuscirono solo a demolirne il cambio anteriore: ferita ed abbandonata sembrava destinata ad essere dimenticata.

Tuttavia le vecchie glorie sanno esserci quanto conta e così, quasi al buio, io e “SilverHorse” siamo di nuovo insieme inseguendo l’Alba. Per liberare la catena ho letteralmente tolto il cambio anteriore ed ora posso cambiare la corona davanti solo manualmente. In pratica ho due cambi: salita e discesa. Ma non importa, non importano neppure i copertoni screpolati e consumati o il ghiaccio che brilla nella luce della frontale: due vecchie glorie cavalcano ancora insieme dando battaglia all’Inverno!

Arranco sui pedali con gli scarponi cercando di non far sbandare lo zaino: risaliamo da Oneda e dobbiamo sbrigarci, dobbiamo arrivare prima dell’alba e dobbiamo fare ritorno in tempo per essere in ufficio in orario a Lecco. Pedala Birillo! Pedala!

Poi raggiungo la neve ed il cielo inizia ad schiarirsi. Appoggio “SilverHorse” e proseguo a piedi sul manto bianco piacevolmente gelato.  Rimonto il promontorio ed il mio sguardo si allarga sul Ceppo della Bella Donna e sulle Grigne oltre il lago. Sono le Sei e Trenta del Mattino: inizia lo spettacolo.

Con il cavalletto e la macchina fotografica mi butto nella neve sporgendomi oltre il dirupo che precipita nella valle delle Moregge. Ogni istante che passa cambia i colori, le sfumature, la forma delle nuvole. Il mondo si trasforma oscillando tra il grigio, il rosso e la luce. La magia dell’alba tra le vette innevate e le increspature del lago.

Poi inizia a diventare tardi. Sono le sette, poi le sette e un quarto, poi le sette e venti. “Devi andare! Devi andare! Non puoi più restare!”  A malincuore ripongo la macchina fotografica nello zaino e scendo di corsa nella neve. Sistemo il sellino di “SilverHorse” ed inizio a scendere.

I freni sono entrambi tirati al massimo, fischiano e stridono, ma riescono solo a rallentare la bicicletta che leggera e veloce corre tra i tornanti inseguendo il fondo asciutto: “Arriveremo fino in fondo?” Mentre sono aggrappato alle leve due caprioli mi attraversano correndo la strada. Vorrei tentare di fotografarli ma lasciare le mani dal manubrio non è un opzione: “Quei due sono solo per me, solo per i miei occhi…”

Una doccia, poi via in superstrada, in galleria, nel parcheggio sotterraneo e quindi in ufficio. Alle nove varco la soglia: “Buongiorno Davide”. Già davvero un buon giorno.

Davide “Birillo” Valsecchi

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