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L’Africa vera la raccontano in dodicimila su Internet

L’Africa vera la raccontano in dodicimila su Internet

Noi di BlogGiornalismo abbiamo compiuto un viaggio molto speciale, un viaggio virtuale in… Africa! È stata un’esperienza unica! Con Davide Valsecchi e Enzo Santambrogio abbiamo incontrato Marco Pugliese, che ci permesso di postare dieci domande sull’Africa a dodicimila persone del portale African Voices. Una buona occasione per verificare conoscenze e pregiudizi e per ricavarne un’intervista non priva di sorprese. Leggete un po’ le risposte, vi sorprenderanno.

L’Africa e le guerre, com’è la situazione?
Non ci sono tanti Paesi in guerra in Africa, in molti ci sono rivolte spesso troppo ampliate dai giornali per far notizia. Ci sono però molte lotte per migliorare la propria vita come la primavera araba, quelle in Burkina Faso, in Guinea Bissau, in Marocco. Proteste che, spesso, vengono soppresse nel sangue dei protestanti. L’Europa non ne parla perché gli interessi non ci sono. Mettiamoci anche la situazione drammatica dei diritti umani calpestati in Congo, in Zimbabwe, in Costa d’Avorio. I popoli affrontano queste rivolte con la speranza di una forma di libertà e democrazia che spesso si antepongono a governi che non hanno nessuna obiettiva volontà di affrontare (vedi Libia).

• L’Africa ha un’agricoltura povera e il sottosuolo è ricco di materie prime, ma così i Paesi non crescono mai?
Il popolo si ribella, ma la repressione economica e fisica sono sempre molto persuasive. Si arricchiscono molto Usa e Europa, ma e negli ultimi anni sono arrivati Cina, Russia, India e Arabia, Australia e la stessa Sud Africa.

Ci spiegate qualcosa sul problema della fame in Africa?
L’Africa vive 50-60 anni indietro all’Europa anche se la situazione è abbastanza differente dalle notizie dei media. Difficile vedere bambini morire di fame. C’è una grande povertà, un malessere diffuso che contrasta con le grandi ricchezze africane. Bisognerebbe leggere i giornali africani per farsi davvero un’idea più obiettiva. Se parlate con un africano vi dirà sempre che meglio essere povero in Africa che in Europa, e ha ragione!

L’Africa deve fare i conti anche con l’aids, come?
La popolazione ha più paura di contrarre la malaria che è la malattia che uccide di più in Africa, poi vengono l’Aids e il cancro, quest’ultimo spesso sconosciuto. Ci sono popolazioni che non hanno accesso all’informazione e questo diffonde la malattia.

Un tema molto attuale è quello dell’immigrazione clandestina dall’Africa…
Chi emigra lo fa per migliorare le proprie condizioni di vita. Molti si lasciano ammaliare dal sogno di un’Europa ricca, vista magari in tv e poi finiscono per ricredersi perché non è solo una questione di ricchezza, ma anche di cultura.

Di solito non pensiamo all’Africa come continente pieno di città, invece esistono, vero?
Sì, e crescono a ritmi elevati e non hanno nulla da invidiare a quelle europee, sia per la modernizzazione che per bellezza, ma anche caos, traffico, criminalità, globalizzazione. Prima di noi sono città multietniche e multireligiose, spesso con altissimo tasso di tolleranza. Eppure c’è ancora un grosso divario tra chi vive in città e chi nei villaggi. Le tribù o meglio le etnie sono molte e a volte molto differenti, ma la cultura di ogni popolo viene sempre portata con sè.

Il Sud Africa e la segregazione razziale, esistono ancora?
Sì, meno verso i neri, più verso i bianchi. La fine dell’apartheid verso i neri ha suscitato in loro voglia di riscatto e vendetta e questo suscita molte discussioni con i boeri che spesso finiscono male. La preoccupazione è la morte di Mandela che potrebbe causare una guerra civile dei neri contro i bianchi, come accaduto in Zimbabwe.
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L’articolo è stato pubblicato su LaProvincia di Como del 10/05/2011, qui trovate l’originale, ed è stato realizzato in piena autonomia dai piccoli studenti delle Scuole Medie di Asso che, nonostante l’età, hanno saputo confrontarsi con tematiche e problematiche spesso difficile da comprendere appieno anche per gli adulti: bravi!

Palanzone ed il Foro Francescano

Palanzone ed il Foro Francescano

Il Palanzone è una cima delle Prealpi lombarde, alta 1436 metri  è la seconda dopo il San Primo per altitudine nel Triangolo Lariano. La montagna prende il nome della frazione Palanzo del comune di Faggeto Lario da cui, sul versante rivolto al lago, sale una mulattiera ciotolata fin quasi sulla sommità.

Lele ed Io dovevamo fare fiato e gambe e così ci siamo incamminati lungo la salita di Caslino risalendo la valle del fiume Piott ed attraversando il Forum Franciscanum e il Convento di S.Salvatore.

Il sentiero sale senza sosta dai 461 metri di Caslino d’Erba fino a raggiungere i 1219 metri della Bocchetta di Palanzo da cui innalza l’ultimo pratone fino alla chiesetta a piramide che sorge sulla cima: un tirata unica!!

Sebbene sia la strada più dura per salire, una volta in cima il panorama ripaga della fatica. Si può infatti ammirare tutta la Dorsale Lariana ed al contempo i monti occidentali al di là del lago. Ad oriente il gruppo delle Grigne si mostra nella sua magnificenza arginando le nuvole come una gigantesca diga mentre i Corni e il Cornizzolo, dirimpettai del Palanzone, paiono fare comunella nell’allegro gruppo di monti del Triangolo Lariano.

Monumento Incidente 25 Aprile 2005
Monumento Incidente 26 Aprile 2005

Purtroppo durante gli allenamenti arriviamo sempre in vetta nell’orario peggiore per scattare fotografie: la calura ed il sole a picco di mezzo giorno schiacciano le foto rubando nitidezza. Mi consola il pensare alle albe, ai tramonti che ci attendono per il viaggio delle Flaghéé in partenza tra poco più che una settimana.

La strada per tornare verso casa era quella che per Caglio: seguendo la dorsale verso la colma di Sormano abbiamo poi deviato scendendo lungo il fianco della montagna.

Sulla cresta ci siamo imbattuti nel monumento dedicato ai militari che morirono nell’incidente del 26 Aprile 2005: un elicottero della Squadriglia “Ricerca e Soccorso” precipitò durante un volo di addestrmetno sul fianco del Palanzone.

La discesa, confrontata con la fatica della salita, è stata una vera passaggiata attraverso le valli ed i comuni posti al di sopra di Asso. In particolare Caglio, con il suo centro storico ben curato ed il museo all’aperto dedicato a Segantini, mi ha particolarmente colpito e sorpreso.

Paesi come Caglio, Rezzago e Sormano hanno davvero saputo valorizzare con attenzione e lungimiranza il proprio patrimonio storico e culturale ed ora è davvero un piacere passeggiare attraverso i loro borghi: Bravi!

Davide Valsecchi

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Scarenna: la Frana, la Cava ed i Potenti che scappano

Scarenna: la Frana, la Cava ed i Potenti che scappano

La Frana di Scarenna
La Frana di Scarenna

Il 15 Gennaio del 2010 è crollata mezza montagna sulla strada che da Scarenna porta a Caslino. Fortunatamente non ci sono stati feriti ed i danni si sono limitati alla carreggiata che è stata travolta e sepolta dal materiale. Da quel giorno è trascorso oltre un anno ma sostanzialmente la situazione è rimasta la stessa.

Quella è una porzione di territorio che appartiene a tre diversi comuni e questo complica ulteriormente la vicenda. Risultato: la strada resta chiusa ed il materiale franato è ancora là dove è caduto.

Scarenna però è una zona particolare e qui, inaspettatamente, la gente parla più di quanto si creda e le informazioni, corrette o imprecise che siano, viaggiano veloci ed impetuose come il vento della Grigna.

Tutti credono che la frana sia venuta a basso proprio dove si voleva dare vita alla contestatissima cava di Scarenna, c’è persino chi dice che anni fa qualcuno abbia fatto carotaggi su quel fronte della montagna ma, sebbene ci siano stati testimoni, nulla di ufficiale è mai emerso. Quello che è certo è quanto la “questione Cava” avesse tenuto banco anni fa nelle cronache del paese.

Ora il vento di Scarenna porta in giro nuove voci. C’è chi dice che sempre più spesso, dopo le sei di sera, si vedono macchinoni spingersi oltre le transenne  fin sotto la frana:  sui cofani srotolano cartine  e si  discute indicando la montagna. Chi siano queste persone per certo non si sà.

C’è poi chi dice che una cementeria si sia offerta di liberare e riparare la strada chiedendo in cambio il diritto di sbancare cinquantamila metri cubi di montagna oltre al materiale franato. Se questa offerta sia vera e cosa ne pensino gli amministratori spesso è arduo scoprirlo.

Io personalmente andrei in Comune a chiedere ma recentemente succedono le cose più strane quando entro nel palazzo del Municipio. Giorni fa partecipavo ad una riunione delle associazioni in qualità di Vice-Presidente del CAI e l’incontro con il Vice-Sindaco ha dato vita ad un teatrino per certi versi tragi-comico.

Tra urli e strepiti il Signor Conti sembrava intenzionato a disertare l’incontro perchè, a suo dire, avevo avuto la “faccia tosta” di presentarmi. Guardandomi bene dall’accettare ogni tipo di provocazione sono rimasto in attento silenzio osservando una scenata davvero buffa che è culminata, davanti a tutti i presenti, con un “vado via che se no a quello lì gli metto le mani addosso” da parte dell’agitatissimo Vice-Sindaco che lasciava in fretta la stanza.

“Le mani addosso” a me? Belle speranze e brutto carattere per una persona che rifugge il confronto abbandonando persino il palazzo che è chiamato a presidiare. Che il ragazzino di Cranno sia troppo per lui? Pare che da quando gli abbiamo fatto notare che non è un coscritto dei cedri purtroppo non sia più lo stesso…

Episodi come questo ci possono dare la misura, se i cedri e la cascata non ne avessero già dato prova, di quanto difficile sia superare l’opacità e capire davvero cosa accada in paese. Se sei uno che fa domande e cerca risposte converrebbe stare alla larga dal municipio: forse resti assese ma di certo non gradito a chi comanda.

Scuoto la testa perchè sperare di spuntarla buttando il confronto in rissa o di intimidirmi alzando la voce è semplicemente puerile, così come lo è una scomposta e capricciosa fuga.

Per la cronaca posso dire che, superato questo incidente,  tutti presenti hanno collaborato per oltre due ore in modo proficuo con l’assessore al Turismo, la signora Grazia Vicini, e l’assessore alla Cultura, la signora Pina Imogene. Nonostante le difficoltà di questo periodo le associazioni si stanno impegnando a fare del proprio meglio per l’estate assese.

Il vento, scivolando tra i massi della piana di Scarenna, racconta storie curiose ma spesso difficili da comprendere: essere vigili resta l’ultima speranza per cercare di intuire cosa, nel rigoroso silenzio, intenda fare chi  “da anni si adopra instancabilmente per il nostro bene e quello del paese”.

Davide “Birillo” Valsecchi

“Le mani addosso”: vi ricordate quanto clamore lo scorso anno quando i bambini delle scuole nei loro temini scolastici  volevano difendere, ovviamente a modo loro, i cedri e la cascata? Bhe, quelli oggi appaiono bei tempi: erano i bambini a comportarsi come bambini quella volta… (vedi articolo LaProvincia)

Allenamento ai Corni di Canzo

Allenamento ai Corni di Canzo

Ieri ho “bigiato” tutti gli impegni e sono andato in montagna: complice della bella giornata di sole anche un amico di Bruna, Emanuele. Lele ha vent’anni, studia all’accademia di Brera e si è messo in testa di seguirmi nel viaggio delle Flaghéé attraverso i monti del Lario.

Così, per dissuaderlo, ho infilato gli scarponi e dato vita ad un “test”. Dalla stazione di Asso-canzo siamo partiti alla volta del mercato, ieri era mercoledì, e dopo aver attraversato il mondo un po’ nostalgico delle bancarelle ci siamo alzati verso la torre di Canzo, il vecchio Tennis, puntato il vecchio ristorante Castello, ormai abbandonato, percorrendo poi la mulattiera che porta al “Repossino”.

Lele
Lele

E’ una stada che si fa di rado perchè da freddi “taglia le gambe” ma, ahimè, era un test!!

Siamo arrivati al Prim’alpe, il tempo di tirare una boccata d’acqua alla fontanella e via di nuovo attraverso il sentiero “spiriti del bosco” fino al Terz’alpe. Sosta per bere nuovamente e via verso la Coletta dei Corni e su fino alla Forcella.

Non ho dato respiro al povero Lele, ero seriamente intenzionato a scongiurare che un altro artista si mettesse sui miei passi ma, purtroppo, ha tenuto duro, arrancando senza protestare con lo sguardo rapito dal verde che ci circondava.

Dopo due ore e mezza eravamo in cima al Corno Occidentale, avevamo percorso otto chilometri di estensione con un dislivello secco di mille metri. Il canaletto del Corno, che richiede di dar prova di rudimenti d’arrampicata, era la parte finale del “test” e Lele se l’è cavata bene nonostante la poca esperienza.

Le Grigne dai Corni
Le Grigne dai Corni

In cima al Corno ci siamo guardati attorno ammirando a trecentosessanta gradi il panorama che ci circondava: “Se vuoi venire con me tieni a mente che ti toccano tutte le montagne qui intorno fin dove riesci a vedere”. Stupito ho assaporato, forse anche io per la prima volta, il senso di questa frase e di questo viaggio: “Fin dove arriva lo sguardo”.

Scesi del Corno abbiamo fatto tappa al SEV e ci siamo incamminati scendendo per il sentiero per Valbrona. La strada che va verso Oneda è monotona ed il fondo duro rendono poco piacevole camminare.

Al contrario il sentiero che punta verso Candalino è immerso nel verde ed offre scorci inaspettati percorrendo angoli della valle poco noti. I nostri boschi sono pieni di sorprese e nel fitto della vegetazione, quando già i rumori delle macchine cominciavano a farsi sentire, ci ha tagliato la strada di slancio una bellissima femmina di capriolo dal manto arancione vivace della muta primaverile. Non serve andar lontano per rimanere stupiti: siamo davvero fortunati ad essere nati in questa zona.

A quanto pare Lele è arruolato nella Terza Squadra Flaghéé in partenza per i monti del Lario. In bocca al lupo Lele!!

Davide “Birillo” Valsecchi

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Al Segantini la Storia di Asso

Al Segantini la Storia di Asso

Venerdì mi sono lanciato in un esperimento nuovo con i ragazzi della Scuola Media Segantini di Asso: una lezione di storia per immagini alla riscoperta del nostro paese.

Coadiuvato dal Preside Berardino e dalla Professoressa Caminada ci siamo avvalsi delle foto pubblicate nel libro “Asso Come Era” e della testimonianza diretta del Dottor Flaminio Pagani, storico Sindaco di Asso.

Alla lezione era presente anche il giornalista de La Provincia di Como Giovanni Cristiani che ha pubblicato questo articolo sul quotidiano di Sabato:

Lezione di storia locale per immagini. Ieri mattina nell’Istituto comprensivo Segantini tre classi delle medie hanno potuto ripercorrere la storia del loro paese attraverso vecchie fotografie. Così con la proiezione diretta da Davide Valsecchi, la supervisione del preside Mario Berardino e dell’insegnante Giulia Caminada e gli interventi storici dell’ex sindaco di Asso, Flaminio Pagani si sono svolte due ore di intensa ma divertente lezione. I ragazzi sono stati invogliati a partecipare attraverso i diversi quesiti legati alle foto, stimolati a scoprire la parte del paese ritratto. Davanti alla Vallategna gli alunni hanno collocato il salto d’acqua: «Vicino alla Esso». Mentre si è potuto apprendere piccole notizie sconosciute a molti, come la presenza di una chiesa sconsacrata diventata parecchi anni fa una struttura residenziale. La Valassina raccontata con gli occhi di due generazioni di fotografi della famiglia Paredi ha ammaliato i presenti, le immagini erano tratte dal libro “Asso come era”. Sulla mattinata i ragazzi imposteranno una ricerca.

Due ore trascorse facendo sfilare le immagini come diapositive proiettate sul muro e per ogni fotografia un indovinello: “okey, dov’è?”. Due ore a dare la caccia agli indizi e ai dettagli che “parlano” di un tempo che fu, due ore ad ascoltare storie e racconti della Vallassina e del suo cuore antico: Asso.

L’obbiettivo era dare vita ad un momento didattico interattivo con i ragazzi, un confronto che potesse incuriosirli  ed invogliarli ad una riscorperta del loro territorio e ad un approccio critico ed esplorativo della storia: missione riuscita e per due ore ci siamo davvero divertiti!!

Davide “Birillo” Valsecchi

Acco un filmato realizzato come presentazione del libro qualche mese fa e che contiene un estratto delle foto presentate ai ragazzi (la musica è un po’ datata perchè contemporanea alle foto):

Dosso Mattone e Croce Pizzallo

Dosso Mattone e Croce Pizzallo

Oggi io e Bruna ci siamo svegliati “litigati” e la mattina non sembrava proseguire meglio. Quando il lancio dei giornali da bagno ha cominciato a scandire gli insulti ho fatto tutto quello che un uomo risoluto può fare per risolvere una crisi domestica: uscire di casa.

Ho infilato gli scarponi e lo zaino in tutta fretta, lanciandomi attraverso la porta con un “Ci si vede poi, Bergamo!” in pieno stile Cow-Boy del Lario. Ma ecco, ad un centinaio di metri da casa, che la vedo arrivare di corsa. Rassegnato infilo le mani in tasca, continuo a camminare sperando di sopravvivere alla più spietata scena madre che ogni donna  ha in repertorio: inseguimento con pianto (nella variante Rossella O’Hara).


Con sorpresa mi accorgo invece che ha ai piedi gli scarponi: mi raggiunge con viso furioso ma si accoda in silenzio. Cambio i miei piani e scelgo un sentiero meno difficile imboccando quello che da San Giovanni e Paolo sale verso il Dosso Mattone.  Lei sempre dietro senza proferire parola ed io cadenzo il mio passo perchè si debba impegnare a starmi dietro senza però stravolgersi (è mezza ballerina, non va sottovalutata!).

Nel bosco la tengo d’occhio: è vestita con una tuta da casa nera e a guardarla camminare, zitta zitta, sembra una sexy-ninja o una khmer cambogiana pronta a sfoderare il suo ferale attacco a sopresa.

Il sentieri0 attraversa la valle a mezza costa avanzando placidamente verso Caslino per poi impennare bruscamente verso l’alto risalendo al fianco delle scogliere del fiume.

L’ambiente qui è davvero particolare perchè la roccia, scoperta dal corso dell’acqua, dà vita a gradoni naturali dove il fiume salta di cascata in cascata compiendo grandi balzi nel vuoto.

Il sentiero si fa quindi ripido e qua e là, dove diventa esposto, sono state poste delle catene per proteggere i passaggi più pericolosi mentre per attraversare il fiume, specialmente quando ingrossato dalla pioggia, vi sono dei ponticelli in tronchi di legno. E’ uno spazio che conserva un certo fascino selvaggio: un bosco non distante dal paese ma arroccato sulle rocce e sulle scogliere da cui nascono le grandi cascate bianche che si vedono durante i periodi di pioggia.

Molti qui, in cerca di funghi, hanno passato brutti momenti e più d’uno è caduto dalle rocce. Ricordo un anno in cui tutta la montagna fu sconvolta da un grande incendio e numerose squadre di pompieri e volontari intervennero nelle manovre. Tristezza nelle tristezza quella notte ritrovarono ai piedi di una cascata il corpo di un escursionista ormai dato disperso da mesi e probabilmente precipitato dall’alto: quello che la natura aveva nascosto veniva restituito dal fuoco.

Perso in questi pensieri ascolto all’imporvviso la mia silente guardia del corpo parlare dopo un’ora buona d’attesa:“Però qui è pieno di ragni!”. Bentornata Bruna!

Raggiunti i grandi prati del Dosso Mattone ci siamo seduti a dividere quel poco che nella furia ero riuscito ad infilare nello zaino: una bottiglia di succo alla pesca allungato con acqua di rubinetto. Non molto in effetti, ma la camminata ha ammansito la rabbia ed il sole scaldato i cuori.

Un ultimo sforzo e siamo in cima alla Croce di Pizzallo ad ammirare Asso al di sopra delle antenne di Piazza Dorella. Pensare che stamattina non volevo uscire di casa…

Davide “Birillo” Valsecchi

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Asso nello Specchio del Tempo

Asso nello Specchio del Tempo

Il tempo alle volte è uno specchio inclemente ma non è sempre è così facile cogliere il proprio riflesso. Ecco la storia di queste due “riflessi” a confronto: Oggi e Ieri.

Confesso che mettere insieme queste due foto mi è costato un bel po’ di fatica. Tutto è cominciato ieri dopo che ho pubblicato una vecchia fotografia realizzata dal Signor Paredi. Quella foto ha colpito molte persone e persino da Morbegno, dove vive il mio amico Cristian, mi hanno scritto:”scatta oggi la stessa foto!

Così ieri sera ho cercato di geocodificare il punto in cui era stato fatto lo scatto incrociando le immaginarie linee rette dei tetti all’interno di Google Earth, un modellatore tridimensionale di immagini satellitari. Quindi ho ristretto il campo approssimando un area di interesse.

Dopo pranzo avevo un paio d’ore e mi sono arrampicato su per il Dosso Deo, sopra le scogliere che sovrastano Villa Vita, partendo da Pagnano e Megna. Tutto il crinale un tempo doveva essere ben tenuto e falciato perchè sono ancora presenti molti dei muretti che terrazzavano il fianco della montagna. Purtoppo ora è un bosco abbandonato invaso dai rovi e gli unici passaggi sono offerti dai sentieri che creano l’acqua piovana e gli animali.

Ci sono molte piante abbattute e molti punti sono esposti sulle rocce e decisamente pericolosi: non mi aspettavo simili difficoltà ed in alcuni momenti, aggrappato ai rovi con la terra che cedeva sotto i piedi, ho decisamente maledetto la mia naturale avventatezza. Guandando in basso, ho pensato tra me e me: “Se Bruna scopre che sono venuto qui da solo sarà decisamente contrariata al mio funerale… se mai mi troveranno!!”

Una volta trovata un’inquadratura compatibile mi sono imbattuto in un nuovo problema: gli alberi. Quando fu scattata la foto originale era infatti tutto prato e per trovare uno spiazzo aperto, per ricreare l’inquadratura, ho dovuto arrampicarmi su di una pianta alle spalle di un’albero abbattuto.

Sovrapponendo le immagini si individua una leggera discrepanza che è il margine d’errore delle due inquadrature: la vecchia foto è stata scattata leggermente più in alto e leggermente più a sinistra. Purtroppo il bosco non mi concedeva spazi aperti più precisi ma, come primo esperimento, mi sembra un’approssimazione più che accettabile.

Sconsiglio di avventurarsi da quelle parti, specie sopra le rocce, ma se qualcuno, magari tra una cinquantina d’anni, volesse ripetere l’esperimento lascio qui il tracciato GPS della mia esplorazione.

Davide “Birillo” Valsecchi

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Come era verde la mia valle

Come era verde la mia valle

In questi giorni sto preparando le fotografie del libro «Asso come era» per presentarle ai ragazzi delle Scuole Medie di Asso. Lo scopo è di realizzare con loro una ricerca storica in collaborazione con le insegnanti e le famiglie.

Credo sia giusto mostrare loro le foto perchè conoscano ciò che è stato e possano “interrogare” nonni e genitori alla scoperta della storia del nostro paese.

Mentre preparavo le immagini sono rimasto colpito ancora una volta dalle trasformazioni del tempo. “Una volta qui era tutta campagna” è una frase spesso scontata ma mentre vi scrivo da Scarenna non posso che rendermi conto di quanto sia vera.

Nel dettaglio della foto si distingue il cotonificio Oltolina, le grandi piante che componevano il suo parco ed i magazzini che ora si trovano a ridosso del ponte nuovo. Oltre c’era solo verde e verdi erano anche le colline sopra Scarenna sul fianco del montagna nella Valle Scuri.

“Quanto è cambiata Asso”.  Onestamente non vi è un giudizio in questa mia frase, solo stupore, incredulità di fronte ad una trasformazione difficile da comprendere ma che appare chiara ed inconfutabile in una simile immagine.

“Un paese che non si ricorda del proprio passato è un paese senza futuro” ammoniva qualcuno. Ecco perchè raccolgo foto e testimonianze da lasciare a chi sarà assese dopo di noi.

Nel libro vi è uno scritto del Dottor Pagani che fa da prefazione storica alle immagini che seguono e che vorrei salvare nel tempo riproponendolo anche qui:

Come era verde la mia valle

Alcune sequenza fotografiche degli anni passati ricordano la Asso “perduta” ma che è sempre bello ricordare. Non si tratta di inutile nostalgia per i “giorni perduti” bensì si intende ritrovare un tipo di cultura umanistica che probabilmente il tessuto sociale di molte comunità attuali ha troppo facilmente dimenticato e che quindi si spera potrebbe ancora ritrovare.

Solo ricordando il passato si può tentare di ricostruire meglio il necessario progresso futuro, altrimenti sarebbe inutile studiare la storia e le umane lettere e scienze umane.
Virgilio, Dante, Leopardi, Foscolo, insegnano che ricordare il passato nel bene e nel male è come riscoprire le sorgenti della nostra esistenza, migliorando la vita ed evitando gli errori compiuti con la spinta dell’animo alle “egregie cose”.

Questo è lo scopo di questa iniziativa anche nella nostra comunità civile e sociale. La solidarietà, la comunanza, il senso di appartenenza, il sentire comune appaiono oggi certamente in declino. Forse negli anni meno ricchi ci sentiamo più uniti? Le attuale non floride e preoccupanti condizioni economiche nazionali e mondiali ci insegnano a cambiare stili di vita e modo di pensare!

Come è significativo ricordare a questo proposito il bellissimo verso ed insegnamento poetico del nostro illustre brianzolo Giuseppe Parini, anche Lui pensoso del bene civico comune, quando in un agitato Consiglio civico di Milano disse: “Io volsi i fasti e l’Itale muse a render buoni e saggi i cittadini miei”

Flamen Civium

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