In gita alla Centrale Atomica: Gösgen

Enzo e la centrale atomica
Enzo e la centrale atomica

«Tu non ne capisci niente!! Parli solo per sentito dire!!» In Italia ogni discussione diviene pretetesto per una rissa da stadio, per un litigiosa comparsata in un salotto Tv. Quando poi si parla del ritorno dell’energia nucleare in Italia la zuffa sembra inevitabile

Non ci sto ad adeguarmi a questo cliché e così, dopo aver scritto l’articolo sul Pian di Spagna, ho cominciato ad approfondire la questione con  Giulio, l’insostituibile ingegnere della squadra Cima-Asso. «Vuoi sapere come è fatta una centrale? Andiamo a vederla!!» E così, tempo due settimane, siamo stati in viaggio verso Gösgen, uno dei cinque impianti nucleari attivi in Svizzera. L’equipaggio era formato da Giulio, Enzo, Io, Alberto ed una new entry: il “pischello”.

Sveglia alle quattro e mezza, quattro ore di macchina ed alle dieci siamo all’ingresso di quello che appare come un museo d’arte contemporanea più che la Hall di un impianto industriale. Chiunque può visitare gratuitamente la centrale dopo essersi adeguatamente accreditato con qualche settimana di anticipo: il Governo svizzero offre la più ampia trasparenza ed informazione sulla sua attività nucleare.

Noi cinque veniamo accolti dalla nostra guida, Angela, che ci ha accompagnato durante la visita. Enzo anni fa ha visitato Černobyl realizzando un documentario fotografico sul dopo-incidente: questo ci ha permesso di affrontare con Angela soprattutto la questione “differenze” e “sicurezza”.

Superati i controlli di sicurezza, simili a quelli per gli aeroplani, entriamo nel perimetro interno dell’impianto. Siamo in Svizzera dentro ad una centrale atomica progettata e costruita alla fine degli anni settanta. Tutto è in perfetta efficienza, tutto luminosamente pulito mentre il design, i colori e le linee delle strutture danno l’impressione di muoversi nel migliore dei futuri ipotizzabili in quegli anni: un futuro che appartiene già al passato.

Visitiamo il museo tecnologico, visioniamo diversi filmati e veniamo condotti attraverso l’impianto vero e proprio: la sala di controllo, la sala delle turbine, entrando persino nella nebbia dell’enorme camino di raffreddamento. Nel grande edificio sferico risiede il reattore nucleare, il vero cuore della struttura, ma lì può accedere (ovviamente) solo personale qualificato ed autorizzato.

Enzo davanti al sarcofago di Černobyl
Enzo davanti al sarcofago di Černobyl

La centrale si basa su tre principali circuiti posti a contatto ma rigorosamente separati tra di loro. Il reattore è in pratica una grossa “stufa” all’interno della grande sfera, il calore qui prodotto viene a contatto con un circuito a vapore che attiva le turbine della grossa “dinamo” mentre un terzo circuito, che disperde vapore acqueo attraverso il camino, serve a raffreddare e controllare la temperatura del vapore.

Il secondo ed il terzo circuito sono imponenti ma, sotto il profilo industriale, non hanno nessuna caratteristica eccezionale nè tantomeno sono legati al nucleare o alla radiottività. Il mistero atomico è isolato da tutto e tutti all’interno della grande sfera  le cui pareti di cemento armato sono spesse oltre un metro e sessanta.

Al suo interno, dentro una seconda cupola in metallo, vi è l’ampio vano del reattore. Contrariamente a quanto pensassi l’energia atomica, o nucleare che dir si voglia, non è un segreto di stato: se ti venisse in mente di costruire una centrale non devi far altro che alzare il telefono e chiamare a scelta una delle cinque società al mondo a realizzarlo, in questo caso la Siemens, e farti fare un preventivo (…ammesso che tu abbia i soldi ed un giardino abbastanza grande con vicini consenzienti).

Diverso è invece il discorso per la raffinazione del materiale fissile, il pellet atomico, che può essere realizzato solo da chi ha una speciale autorizzazione internazionale. In Europa è solo la Francia a produrre tale materiale. Una pasticca di pellet atomico sembra una grossa caramella  Tabù ed è completamente inerte fino che non la usiamo per caricare le barre del reattore.

Le radiazioni, sebbene siano costantemente attorno a noi, sono un concetto abbastanza difficile, vediamo di semplicare un po’. Il reattore è pieno d’acqua ed al suo interno sono poste le barre di alimentazione contenenti il pellet. Immaginate che il pellet sia come delle pasticche di idrolitina: quando vengono estratte dalle loro custodie metalliche cominciano a “busciare” scaldando l’acqua. L’acqua infatti si scalda parecchio visto che, mantenendo lo stato liquido grazie alla pressione, raggiunge i 300 gradi centigradi!!

Il nostro reattore è quindi un enorme stufa gonfia di acqua calda in pressione. Se qualcosa andasse storto la nostra barra di “idrolitina” ricadrebbe nel proprio astuccio separandosi dall’acqua e smettendo di “busciare”. Tutta la sfera verrebbe inondata di acqua con l’obbiettivo di raffreddare il reattore, grazie all’idrogeno l’H2O (l’acqua) è in grado di agire come efficace moderatore isolando da eventuali radiazioni.

Questo può avvenire anche in totale assenza di elettricità ed anche se tutto il personale di una delle due sale di controllo fosse morto o reso incapace: la “paranoia” è il primo dei requisiti necessari per chi si occupa di sicurezza e Gösgen, nonostante la disponibilità e la gentilezza che ci offriva, soddisfava adeguatamente questa mia esigenza.

L'impianto nucleare di Gösgen
L'impianto nucleare di Gösgen

Mentre facevamo la sauna nella nebbia a 40 gradi del camino di raffreddamento (sì, proprio li dentro eravamo in mezzo al vapore!!) gustavo il benefico effetto di quel calore sul mio raffreddore: aerosol atomico, non avevo mai pensato di fare i fumenti grazie all’energia nucleare!!

Ma ora è il momento di tirare le somme: Gösgen sopperisce da sola al 13% del fabisogno energetico svizzero. E’ una centrale che, contrariamente a quella di Černobyl, ha imponenti sistemi di sicurezza in grado di rendere possibile arresti d’emergenza della struttura (Come avvenne nel 1990 per fronteggiare il problema esterno  di un guasto sulla dorsale elettrica europea). Gösgen è una centrale atomica che sbuffa silenziosa nuvole di vapore  a ridosso di un piccolo e tranquillo paese circondato da pascoli verdi animati da placide mucche sdraiate sull’erba: tuttavia se prendendessi atto di questo dimenticando che si trova nella rigorosissima svizzera tedesca sarei disonesto!!

La centrale di Gösgen e le quattro ore in macchina per tornare a casa mi hanno fatto sopratutto riflettere su qualcosa di semplice: noi non siamo la Svizzera. L’energia atomica è qualcosa di concretamente gestibile e controllabile, anche la questione scorie (questione che voglio affrontare in un prossimo articolo) non è così drammatica come spesso viene dipinta. Anche i vantaggi offerti, in termini economici ed energetici, sono concreti ed appetibili. Tuttavia, sebbene non sia preoccupato da quello che fanno a Gösgen non posso dire altrettando del ritorno del nucleare in Italia.

In Italia abbiamo certamente i migliori ricercatori ed esperti al mondo (sarà ancora vero?) ma qui non è una questione tecnologica ma bensì politica e culturale. Siamo sinceri con noi stessi: crediamo veramente che questa classe politica, al di là dei partiti e dei colori, possa affrontare con onestà e responsabilità la sfida nucleare? Dopo aver dato prova di corruzione ed inefficienza nella realizzazione delle opere pubbliche, nello smaltimento dei rifiuti, persino nella ricostruzione post terremoto, vogliamo affidare loro un simile progetto critico? La costruzione di un gigantesco impianto che a fronte di qualche quintale di uranio prevede l’impiego di migliaia di tonnellate di cemento armato? Siete pronti a rischiare che una centrale atomica sia gestita come l’Alitalia o sia piegata agli interessi, spesso loschi, di qualcuno? C’è una sola certezza con il nucleare: o fai le cose come si deve o lasci stare!

Ognuno ha la classe politica che si merita, noi siamo chi ci rappresenta ed è per questo che forse oggi come nazione, nonostante l’innata presunzione che ci contraddistingue, non credo siamo pronti per il Nucleare. Ora non vedo il paese abbastanza maturo nè vedo qualcuno in grado di raccogliere tale responsabilità senza che questo possa togliermi il sonno:  se un giorno l’Italia vincesse con se stessa la sfida nucleare, con il salto culturale e sociale che rappresenterebbe, sarei il primo ad esserne felice!!

Davide “Birillo” Valsecchi