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Un “passo” alla volta!

Un “passo” alla volta!

Dalle parole di Davide, ma soprattutto dalla voce di Enzo, si capiva come quest’ultimo fosse allo stremo delle forze, ma comunque felice per l’impresa.

“Questa e’ la quota piu’ alta che abbia mai raggiunto e che mai raggiungero’!” esclama Enzo con un fil di voce, provato dalla marcia, dal freddo e dalla mancanza di ossigeno.

Si parte per il Marka!!!

Si parte per il Marka!!!

I giorni spesi a Leh e nei suoi dintorni sono stati proficui:  abbiamo avuto l’occcasione di scattare buone foto, registrare preghiere e suoni di culture e lingue diverse, abbiamo completato l’acclimatazione e la preparazione. In dieci giorni ci siamo lasciati alle spalle i mal di testa, i problemi alimentari ed il fiato corto. Le valli si sono liberate dalla neve ed il tempo si è stabilizzato. Si parte per il primo obbiettivo della nostra spedizione: la Marka Valley.

La valle del fiume Marka è una delle più conosciute del Ladakh ed una delle più caratteristiche e ricche di vita della regione. Durante il nostro viaggio incontreremo diversi villaggi d’alta quota, monasteri e supereremo tre valichi attorno ai cinquemila metri.

Il tempo speso a Leh è servito anche ad instaurare buone relazioni con la gente locale e ci ha permesso di conoscere Tsering, un rifugiato tibetano che vive a Stok, un paesino nei pressi di Leh. In realtà Tsering ce lo ha presentato la nostra Zia Tibetana, una robusta signora che gestisce una piccola taverna tibetana al secondo piano di una casa nella via dei Bazar.

La taverna è molto modesta ma è il punto di ritrovo di tutti i profughi tibetani della zona, “la Zia” è fuggita dal Tibet all’età di quattro anni e da allora vive qui in Ladakh. La maggior parte delle attività commerciali di Leh sono gestite da munsulmani e quello ci è subito sembrato un buon posto per entrare in contatto con la comunità tibetana. Nei giorni in cui siamo rimasti a Leh abbiamo bazzicato il suo locale per mangiare qualcosa o semplicemente per bere un the, farci vedere e fare quattro chiacchiere con i locali di cultura buddista. Le “zie” sono uguali in tutto il mondo, ormai mi aspetto che entrando mi urli “Nani!! Trovati posto e mangia senza fare casino!!” come fa la nostra Giusy ad Asso.

Qualche giorno fa ci si è piantata davanti al tavolo ed in inglese ci ha semplicente detto: “So che andate nel Marka, ho una persona da presentarvi che può accompagnarvi”. Le zie non vanno mai per il sottile ma è per questo che sono speciali.

Alle sue spalle, seduto ad un tavolo vicino, c’era Tsering, un ragazzo sulla trentina con la pelle cotta dal sole ed un grande sorriso timido con cui ci guardava tenendo tra le mani il berretto. Probabilmente voleva presentarsi da un pezzo ma senza la spinta della zia non avrebbe osato farsi avanti.

Mi è sembrato subito simpatico e lo abbiamo invitato al nostro tavolo per conoscerlo. Ci siamo presentati ed abbiamo parlato per un po’. Lui conosce bene la valle e si  offerto di seguirci facendoci da interprete e da guida lungo il nostro viaggio. In tutta onestà ha chiesto talmente pochi soldi che mi sarebbe sembrato ingiusto non accettare la sua offerta.

Ho guardato la zia, che se ne stava appollaiata in ascolto in giro per la piccola sala da pranzo, e le ho chiesto: “Posso fidarmi di questo ragazzo?”. Conoscevo già  la risposta ma adoro rispettare la forma.

Lei,  piazzandosi seria davanti al mio tavolo, mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto: “Io conosco Tsering, è un bravo ragazzo. Vai nel Marka con lui e poi torna qui a dirmi come è andata”. Le ho fatto un grosso sorriso: “Okeay, Tu-che-che”. Grazie in Ladaki. Mi sono girato verso Tsering e gli ho allungato la mano: “Done”. Andata. Poi in italiano, ridendo, verso Enzo: “Bene Capo, caccia i soldi per l’anticipo e paga la nostra guida, si parte Martedì!!”

By Davide “Birillo” Valsecchi published on Cima-Asso.it

Tanti Auguri Cristiana!!

Tanti Auguri Cristiana!!

Questa mattina, ancora acciaccati per i 45 km in “cabriolet” di ieri, ci siamo alzati presto e ci siamo diretti nel centro di Leh. Enzo voleva a tutti i costi riuscire ad ottenere una preghiera buddista da registrare e dedicare a Cristiana, sua sorella, che ha compiuto gli anni il 13 di questo mese. Con questo intento ci siamo diretti al monastero di Leh per parlare con i monaci prima che dessero inizio alle preghiere del mattino.

Con nostra grande sorpresa abbiamo trovato il monastero in piena agitazione: il piazzale straripava di monaci nei loro caratterstici colori rosso e giallo mentre nel prato dietrostante erano stati accessi grand fuochi da campo e diverse donne si affaccendavano dietro pentoloni e pignatte preparando acqua calda e focacce.

La fiumana di monaci non sembrava fermarsi e via via che passavano le porte del monastero si sistemavano all’interno del tempio o sulle gradinate circostanti. Unici stranieri in quel fiume di teste di rasate ci siamo appostati in un lato delle gradinate aspettando di capire che cosa stesse succedendo.

Senza alcun preavviso un piccolo gruppo di orchestrali formato da trombe, flauti e tamburi attacca una specie di marcia mentre tutti i monaci scattano in piedi con la mani giunte protesi in un inchino verso di noi. Una marea di monaci rasati che ti fà l’inchino fa una certa impressione!!

Ancora mezzo addormentato mi rendo conto che siamo seduti su un muriciolo a lato della porta principale ed i miei due neuroni fanno appena in tempo a coordinare una manata ad Enzo ed un mezzo ringhio: “Oh cazzo!! Tirati su!!”.

Scattiamo in piedi, cappello tra le mani quasi sull’attenti, appena in tempo per l’ingresso di una piccola parata di incensi e campanelli tra cui spicca la figura anziana di un monaco che ha tutta l’aria di essere uno che conta. Solo qualche minuto dopo scopriremo che quel monaco è il più anziano ed importante di tutto il Ladakh e che è arrivato a Leh per presenziare una celebrazione di cinque giorni che coinvolgerà tutti i monasteri della regione.

Più di duecento monaci ad attenderlo ed i primi in cui si imbatte sono Birillo ed Enzo da Asso. Credo sia rimasto stupito quanto noi!!

Il “grande monaco” fa il suo ingresso trionfale all’nterno del tempio e la situazione all’esterno torna abbastanza tranquilla mentre i monaci cominciano a distribuire the e focacce ai compagni che sono appena giunti nel monastero.

Enzo, che non è uno che si lascia impressionare, comincia a scattare polaroid e la cosa sembra divertire parecchio i monaci che lo lasciano fare sorridenti per nula disturbati. Uno di loro, che parlava perfettamente inglese, lo invita ad immortalare i più anziani ed Enzo si sbizzarrisce impressionando tutti con il miracolo della fotografia istantanea.

Enzo si mette a fotgrafare un gruppetto di monaci bambini e, dopo lo scatto, li chiama a raccolta affinchè soffino sulla polaroid velocizzandone lo sviluppo. Quella piccola magia collettiva rapisce completamente i piccoli monaci che soffiano concentrati e scoppiano in grandi risate quando l’immagine appare. Enzo, in ginocchio, è letteralemente sommerso da quella giovane folla distratta dalle grandi celebrazioni che sgomita allegra per vedere il mago straniero.

Poi la piccola orchestra suona ancora un’allegra marcia fino a quando dal cuore del tempio non ci giunge la voce profonda e ritmata della preghiera che, raccolta da tutti i monaci all’interno del monastero, risuona vibrante ed intensa. Tutti i presenti si ricompongono e si calano nella profondità della loro meditazione. Anche noi ci tiriamo da parte ascoltando stupefatti il suono di quella preghiera collettiva.

Alcuni fedeli cominciano a prostrarsi ritmicamente durante la preghiera che sembra infinita e sempre uguale.  Credo recitino una specie di rosario ripetendo le stesse preghiere in un lunghissimo ciclo. Tra un ciclo ed il successivo si rilassano in grandi sorrisi mangiando e bevendo the. Da quello che ho potuto capire continueranno in questo modo per altri cinque giorni vivendo tutti assieme all’interno monastero.

Eravamo venuti per registrare una preghiera per Cristiana e siamo finiti al centro della cerimonia d’apertura di uno tra i più importanti eventi della regione dove le delegazioni di tutti i monasteri si incontrano nella capitale.

Tanti auguri Cristiana, quelsto è un pezzo della preghiera che abbiamo registrato per te:

Recorded by a Edirol R-09HR

 

Brazil Adventure: Chemrey monastery

Brazil Adventure: Chemrey monastery

La situzione è questa:  Brasiliana, 36 anni, lunghissimi capelli biondi fino al sedere, inguianata in un paio di pantaloni da trekking ed in giro per il Ladakh da sola da tre settimane. Questo per farvi capire il guaio che ci è presentato all’orizzonte nel mezzo di un bazar. Con un grande sorriso ci ha chiesto se ci andava di accompagnarla per 45km con un pulman pubblico a visitare un monastero piuttosto isolato nella zona a nord est di Leh. Voi, nei nostri panni, cosa avreste risposto?

Prima ancora che il sole fosse alto mi ritrovo su un pulman sgangherato in mezzo a saccchi di riso e ridenti faccie tibetane arrostite dal sole. Piano piano il pulman arranca lungo la strada verso Chemrey e dopo un’ ora di viaggio e mille fermate ci ritroviamo nel mezzo del nulla ai piedi di una collina sovrastata da un monostero bellissimo. Marina, Enzo ed Io ci incamminiamo lungo la strada polverosa salendo la scalinata che porta all’ingresso del Gompa.

Il monastero è quasi deserto ed incontriamo solo monaci felici di ospitare il nostro gruppetto. Enzo si sbizzarisce con le sue polaroid e Marina esplora ogni angolo del monastero. Io, da bravo sherpa, mi ammazzo sotto il peso dell’attrezzatura su per i gradini. La vista dall’alto valeva la fatica ed il cuore del monastero è adornato di magnifici disegni dove demoni e santi si confrontano e  scontrano ( e, secondo me,  in alcuni casi pure si accoppiano!!)

Ma il servizio pubblico indiano è piuttosto “appossimativo” così  alle tre ci lanciamo giù di corsa dalla collina per piazzarci a quella che sembra una fermata del pulman. L’ultima corsa dovrebbe passare alle quattro del pomeriggio ma noi, in attesa dalle tre e mezza, non abbiamo visto passare ancora nulla. Un monaco ci fa capire di aspettare, prima o poi qualcosa arriverà. Alle cinque qualcosa compare all’orizzionte. Sembra un pulman ma c’è qualcosa di sbagliato in quel mezzo: le persone dobbero essere dentro e non appese fuori!!

Uno sgangherato pulmino ci si presenta davanti gremito in ogni suo posto con una quantità di gente sul tetto ed aggrappata alle porte. Marina ride allegra con quel suo modo brasiliano di fare mentre Enzo recita un “colorito” rosario che coinvolge tutte le divinità dei panteon conosciuti. Scuoto la testa, recito una silenziosa “preghierina” anche io ed isso bagagli su per la scaletta. Una volta in cima cerco posto sul tetto nel mezzo di una moltitudine di ragazzi in uniforme scolastica che sghignazzano allegri per l’inaspettata apparizione dei tre stranieri.

Il pulmino è da 30 posti ma siamo più di 30 solo su quel tetto! Allunghiamo a Marina una delle nostre giacche in goretex e prendiamo il viaggio come viene: il sole è ancora caldo ma  si alza il vento e comincia a fare un po’ freddo lassopra. Metto i piedi a penzoloni lungo la fiancata del pulman, Enzo si piazza con la macchina fotografica e Marina si mette a far cantare i ragazzi, come ci resca non mi è chiaro.

Non è male quassù, il vento taglia un po’ la pelle del viso quando arrivano le folate ma non si sta male. Il panorama dei monti al tramonto è spettacolare, anche se il pulman sembra volersi ribaltare ad ogni curva alla fine ci si rilassa e ci si gode la magnifica vista e l’allegria di questa gente.

Dopo 45km ed un ora e mezza di scossoni e vento su quel tetto siamo di nuovo a Leh e , tutti assieme, ci si fionda a mangiare i momo, ravioli tibetani, in trattoria “dalle zie” himalayane.

Ritorno a Leh

Ritorno a Leh

Siamo di nuovo a Leh ma la situazione della neve non è cambiata. Il passo verso Manali è ancora chiuso mentre quello per la Numbra Valley è aperto ma con molte difficoltà. La nostra spedizione ha a propria disposizione molto tempo ed una delle prime cose che mi hanno insegnato ad avere in montagna è la pazienza, spesso evita i guai.

La mia preoccupazione non è la neve di per sè, ma bensì come si scioglierà. Se dovesse sciogliersi in gran quantità per via di queste giornate di sole c’e’ il rischio che i fiumi della valle vadano in piena e si riempia di fango ogni cosa. Parlando con i locali mi hanno detto che in passato quando questo è avvenuto parecchi trekkers si sono ritrovati in guai seri uscendone letteralemente con “le ossa rotte” .

Se la neve regge e si lascia andare piano piano non dovremmo avere problemi e potremmo fare foto ammantate di bianco. Nel frattempo ci teniamo in forma facendo piccoli trekking attorno a Leh e cercando di conoscere quanto più possibile della cultura locale.

Davide  Valsecchi

Sono passati solo 10 dei 90 giorni a nostra disposizione ed è ncredibile quante cose siamo riusciti a vedere di questo posto straordinario. Ecco un po’ di foto delle nostre ultime escursioni:

 

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