Schede Telefoniche: Amore e Gsm

Amore e GSM
Amore e GSM

Ogni tanto mi viene la nostalgia delle schede telefoniche, della vita prima del Gsm. Mi ricordo una sera di  Novembre, c’era ancora la Lira ed  io vivevo a Milano. La città era come sempre bagnata e le luci delle strade si perdevano nella nebbia illuminata delle auto. Da qualche settimana uscivo con Ale, impazzivo per quella ragazza e fino ad allora ci eravamo solo studiati, leggermente sfiorati, intensamente corteggiati ma nulla più.

Avevo acquistato una scheda telefonica da cinquemila lire e mi ero infilato in una cabina telefonica sotto il ponte della Ghisolfa. Immerso tra le macchine avevo il mio spazio per il rito della telefonata. All’epoca telefonare era diverso, potevi farlo solo in certi orari, dovevi essere breve e tra una telefonata e la successiva dovevano passare giorni. Dovevi giocarti come si deve la tua occasione, raccontare una storia, un pensiero, qualcosa che ti eri preparato da ore per corteggiarla e poi invitarla da qualche parte, chiederle un appuntamento, rispettosamente con qualche giorno d’anticipo. Non potevi stare al telefono a discutere su cosa fare, dovevi avere una proposta e sperare fosse quella giusta anche se entrambi sapevate che era solo un pretesto. Era divertente ed appassionante telefonare allora.

Quel week-end tornavo a casa e ci saremmo visti passando la giornata insieme in giro per l’inverno. Me ne uscii dalla cabina più che soddisfatto e raggiunsi i miei compagni di Karatè alla pizzeria cinese, mangiavamo quasi sempre insieme il mercoledì. Qualcuno aveva portato un amica, una ragazza bionda molto carina. Presentarmi e finire sotto casa sua richiese poco più di un paio d’ore. Succedeva anche quello all’epoca. “Sei un viziato prepotente abituato ad avere tutto e subito! Sappilo!” Parole sante pensai ma visto che mi sfilava i vestiti baciandomi appassionata lo presi come un complimento. Era l’ultima ragazza che baciavo prima di Ale, per i successivi sette anni non ce ne sarebbero state altre.

Quello era il passato. In questi giorni esco con una ragazza, una donna per la verità. Molto bella, ha qualche anno più di me ed è molto dolce. Non cercavo nulla ma ci siamo incontrati. Credo però che tutto sia già andato a carte e quarantotto ancor prima di quanto prevedessi. Nell’era del Gsm la vita e l’amore sono molto diversi. Ti svegli, rispondi al telefono: è Lei, voleva sapere se avevi dormito bene. Ti siedi a tavola, rispondi al telefono: è Lei, voleva sapere se eri andato a mangiare. Sono le sette di sera, hai una scheda Gsm di questi tempi probabilmente equiparabile ad una laurea in psicoanalisi, suona il telefono: è Lei, è tempo di ascoltare una telefonata infinita sulla sua giornata colma di dettagli che nemmeno vorresti conoscere. Annuisci come un cretino riflettendo sulla schiavitù mentre cerchi di continuare quello che stavi facendo, mentre cerchi il carica batterie perchè anche il telefono si sta esaurendo.

“Come puoi mancarmi? Come posso sentire il bisogno di te se mi stai sempre tra le palle!” lo pensi, speri di dirlo, speri ti sfugga ma alla fine stai zitto e Lei continua a parlare. Poi metti la suoneria silenziosa, lasci sfilare qualche chiamata, lasci passare un giorno perchè il tempo riprenda un suo ritmo ed un suo senso. Poi la chiami ed in un interminabile telefonata a tuo carico ti prendi del bastardo e ti fai archiviare come una pratica vecchia. Amore e Gsm, benvenuto progresso…

Siamo alla fine di Novembre, come allora le giornate si sono fatte nebbiose e le sere malinconiche. In sette anni mi sono dimenticato quasi tutti i suoi compleanni e non ho assolutamente idea di quando fosse il nostro anniversario. Ma siamo a Novembre, come allora, come la sera in cui mi lasciò, il giorno prima mi consegnassero le chiavi di quella che doveva essere la nostra casa. Lei piangeva, io ridevo: “Quando ti passa la matta fammi un trillo. Vado a casa dai, ci vediamo domani. Ciao amore”.

Quell’anno passai il capodanno solo, disteso su un enorme letto matrimoniale sotto una finestra colma di stelle. Il telefono suona, squilla sempre, ma non è mai chi aspetti a chiamare.

Davide “Birillo” Valsecchi