Brazil Adventure: Chemrey monastery

Brazil Adventure: Chemrey monastery

La situzione è questa:  Brasiliana, 36 anni, lunghissimi capelli biondi fino al sedere, inguianata in un paio di pantaloni da trekking ed in giro per il Ladakh da sola da tre settimane. Questo per farvi capire il guaio che ci è presentato all’orizzonte nel mezzo di un bazar. Con un grande sorriso ci ha chiesto se ci andava di accompagnarla per 45km con un pulman pubblico a visitare un monastero piuttosto isolato nella zona a nord est di Leh. Voi, nei nostri panni, cosa avreste risposto?

Prima ancora che il sole fosse alto mi ritrovo su un pulman sgangherato in mezzo a saccchi di riso e ridenti faccie tibetane arrostite dal sole. Piano piano il pulman arranca lungo la strada verso Chemrey e dopo un’ ora di viaggio e mille fermate ci ritroviamo nel mezzo del nulla ai piedi di una collina sovrastata da un monostero bellissimo. Marina, Enzo ed Io ci incamminiamo lungo la strada polverosa salendo la scalinata che porta all’ingresso del Gompa.

Il monastero è quasi deserto ed incontriamo solo monaci felici di ospitare il nostro gruppetto. Enzo si sbizzarisce con le sue polaroid e Marina esplora ogni angolo del monastero. Io, da bravo sherpa, mi ammazzo sotto il peso dell’attrezzatura su per i gradini. La vista dall’alto valeva la fatica ed il cuore del monastero è adornato di magnifici disegni dove demoni e santi si confrontano e  scontrano ( e, secondo me,  in alcuni casi pure si accoppiano!!)

Ma il servizio pubblico indiano è piuttosto “appossimativo” così  alle tre ci lanciamo giù di corsa dalla collina per piazzarci a quella che sembra una fermata del pulman. L’ultima corsa dovrebbe passare alle quattro del pomeriggio ma noi, in attesa dalle tre e mezza, non abbiamo visto passare ancora nulla. Un monaco ci fa capire di aspettare, prima o poi qualcosa arriverà. Alle cinque qualcosa compare all’orizzionte. Sembra un pulman ma c’è qualcosa di sbagliato in quel mezzo: le persone dobbero essere dentro e non appese fuori!!

Uno sgangherato pulmino ci si presenta davanti gremito in ogni suo posto con una quantità di gente sul tetto ed aggrappata alle porte. Marina ride allegra con quel suo modo brasiliano di fare mentre Enzo recita un “colorito” rosario che coinvolge tutte le divinità dei panteon conosciuti. Scuoto la testa, recito una silenziosa “preghierina” anche io ed isso bagagli su per la scaletta. Una volta in cima cerco posto sul tetto nel mezzo di una moltitudine di ragazzi in uniforme scolastica che sghignazzano allegri per l’inaspettata apparizione dei tre stranieri.

Il pulmino è da 30 posti ma siamo più di 30 solo su quel tetto! Allunghiamo a Marina una delle nostre giacche in goretex e prendiamo il viaggio come viene: il sole è ancora caldo ma  si alza il vento e comincia a fare un po’ freddo lassopra. Metto i piedi a penzoloni lungo la fiancata del pulman, Enzo si piazza con la macchina fotografica e Marina si mette a far cantare i ragazzi, come ci resca non mi è chiaro.

Non è male quassù, il vento taglia un po’ la pelle del viso quando arrivano le folate ma non si sta male. Il panorama dei monti al tramonto è spettacolare, anche se il pulman sembra volersi ribaltare ad ogni curva alla fine ci si rilassa e ci si gode la magnifica vista e l’allegria di questa gente.

Dopo 45km ed un ora e mezza di scossoni e vento su quel tetto siamo di nuovo a Leh e , tutti assieme, ci si fionda a mangiare i momo, ravioli tibetani, in trattoria “dalle zie” himalayane.

Ritorno a Leh

Ritorno a Leh

Siamo di nuovo a Leh ma la situazione della neve non è cambiata. Il passo verso Manali è ancora chiuso mentre quello per la Numbra Valley è aperto ma con molte difficoltà. La nostra spedizione ha a propria disposizione molto tempo ed una delle prime cose che mi hanno insegnato ad avere in montagna è la pazienza, spesso evita i guai.

La mia preoccupazione non è la neve di per sè, ma bensì come si scioglierà. Se dovesse sciogliersi in gran quantità per via di queste giornate di sole c’e’ il rischio che i fiumi della valle vadano in piena e si riempia di fango ogni cosa. Parlando con i locali mi hanno detto che in passato quando questo è avvenuto parecchi trekkers si sono ritrovati in guai seri uscendone letteralemente con “le ossa rotte” .

Se la neve regge e si lascia andare piano piano non dovremmo avere problemi e potremmo fare foto ammantate di bianco. Nel frattempo ci teniamo in forma facendo piccoli trekking attorno a Leh e cercando di conoscere quanto più possibile della cultura locale.

Davide  Valsecchi

Sono passati solo 10 dei 90 giorni a nostra disposizione ed è ncredibile quante cose siamo riusciti a vedere di questo posto straordinario. Ecco un po’ di foto delle nostre ultime escursioni:

 

I due Assesi finiscono sul giornale del Kashmir

I due Assesi finiscono sul giornale del Kashmir

Intervista per il Kashmir Greater
Intervista per il Kashmir Greater

Ieri, durante la nostra  visita nella città di Srinagar, siamo stati contattati da un reporter del Greater Kahsmir,  il giornale più importante e bilingue della capitale.

Il giornalista, Faheem Aslam, aveva deciso di contattarci una volta saputo che due stranieri, un alpinista ed un artista fotografo dall’Italia,  erano in città ed erano riusciti a visitare e fotografare, con una vecchia macchina polaroid, alcuni dei luoghi più interessanti di Srinagar.

I due erano riusciti persino a farsi ricevere riprendendo alcune delle più vecchie moschee della città solitamente inacessibili agli stranieri e ai non munsulmani.

Noi siamo rimasti sorpresi dell’invito a vistare la redazione ma abbiamo accettato di buon grado trascorrendo  con il giornalista una buona oretta  raccontandogli il nostro progetto e le nostre impressioni sulla città. La nostra sorpresa è stata doppia quando abbiamo scoperto che la nostra intervista è stata pubblicata con tanto di foto in terza pagina del quotidiano di oggi .  Faheem Aslam mi ha inviato per email anche  l’indirizzo web dove è stato pubblicato l’articolo:  Greater Kashmir.

Intanto pubblico qui l’articolo in Inglese, spero che il buon Ivan mi aiuti a tradurlo perchè da qui ho pochissimo tempo per utilizzare la connessione ad Internet. I due assesi sono finiti sul giornale del Kashmir, quasi un primato!!

Foreigners find Kashmir safe, garbage irksome
Decry ‘wrong projection of Valley in media’
by FAHEEM ASLAM

Srinagar, May 11: Two European visitors on Monday decried the ‘wrong projection’ of Kashmir by media abroad, asserting that the Valley was safe for foreign tourists.
Mountaineer Davide Valsecchi and artist Enzo Santambrogio, both Italians, said their perception about Kashmir changed on their arrival here. “In newspapers and on internet, we are being told that Srinagar is not a safe place for foreigners. But we found there is nothing like that. We easily roamed across the city, stayed in houseboats, and found people very tourist friendly,” they told Greater Kashmir.
“In Italy we come to hear through media about Kashmir only when there is some trouble in the Valley. But we find that everything is normal here. You can enjoy life on the streets and water bodies, especially in Dal Lake.”
The duo arrived here three days back to “explore life in Srinagar, Leh and Himalayan mountains.” “We are visiting Ladakh soon to explore the place where different cultures exist together and share same land with peace,” said Davide, adding that on their return to Italy, they would write about Srinagar and its importance from the tourist perspective. “Srinagar is a really interesting city. The hustle bustle on the streets here is similar to that in Venice, but life in water bodies resembles that in the city of Ferrara, which is very cool and calm,” he added.
The duo, also freelance writers, said they found the garbage on the streets of Srinagar irksome. “Garbage on the streets gives a bad idea of the place. We don’t mean to criticize the place, but from tourists’ perspective, it is irksome as they don’t like garbage littered on the streets. It scares them because they are very conscious of health and hygiene. So the government should take appropriate measures in this regard,” said Enzo Santambrogio, who said the gardens in the Valley were similar to those in parts of Italy.
The duo said Kashmir had lot to offer. “Foreigners love flowers, gardens and mountains besides exploring different cultures. We think Kashmir has all that a foreign tourist demands,” they said.
Davide said they found the road from Ladakh to Srinagar very scary. “Actually Europeans are not used to traveling on high-altitude roads, and also the long distance ones. But the Valley and Ladakh have very good air connectivity. So we don’t think there is any reason for foreign tourists to stop visiting here,” he said. “The tourist agencies outside tell us that Kashmir is not safe place and we must visit there on our own risk and responsibility. But here we found people very friendly and open-minded. So we strongly decry wrong projection of the Valley by media,” they said.

Ciao dal Kashmir!!

Davide  Valsecchi

Srinagar: il mercato sull’acqua

Srinagar: il mercato sull’acqua

Sveglia alle 4:30. Usciamo dai nostri sacchi a pelo e ci vestiamo in fretta a bordo dell’houseboat. Sul lago Nageen è ancora buio e nell’acqua si specchia ancora la luna quasi piena. L’umidità rende ancora più fredda l’aria e quando arriva Kadir, il  nostro amico tra la gente del lago, siamo coperti con gran parte del nostro equipaggiamento da montagna.Saliamo a bordo della sua shikara, la canoa con cui faremo visita al famoso mercato sull’acqua di Srinagar.

Avvolti in una coperta di lana scivoliamo in silenzio sull’acqua ancora scura mentre risuona l’Asham, la preghiera del mattino dei munsulmani che scandisce la giorntata come le nostre campane. Da ogni piccolo canale compaiono come ombre i contadini portando sulle  lunghe canoe le proprie mercanzie.

Quando il sole cominca ad albeggiare raggiungiamo uno spiazzo nella laguna dove si svolge il mercato, qui già si affollano i compratori ed i mercanti, tutti rigorosamente a bordo delle proprie imbarcazioni. Chiamano a gran voce i propri prodotti urtandosi e spingendosi con i remi ed i fianchi delle barche tra un salamelecco ed una stretta di mano.

Ortaggi, verdure e fiori, mercanzie che passano da una canoa all’altra seguendo il vociare delle offerte. Qualcuno ci si avvicina offrendci spezie e semi dilungandosi in saluti e complimenti per il “bel paese”. In fondo al canale qualcuno si spinge, qualcuno alza la voce ed un mezzo teatrino anima una trattativa dove due compratori si contendono animatamente la stessa merce.

Ormai il mercato è pieno e in quello specchio d’acqua si affollano quasi 70 barche, un curioso spettacolo che si ripete ogni giorno a Srinagar e che ci ha spinto qui dai monti del Ladakh.

Alle sette è tutto finito. Le barche si allontano e dalle facce si capisce chi ha fatto buoni affari e chi non ha avuto fortuna. Un leggero vento si alza e ci dirigiamo verso la terra ferma per visitare i famosi giardini del Mugol ed immergerci nel caos incontrollato dei bazar del centro. Il traffico è incredibile e nessun europeo sarebbe in grado di afforntare la guida di un qualsiasi veicolo in quella bolgia di clacson e mezzi scassati.

“Where are yuo from Sir?!”, “Come to see my shop, Sir!!”. Ci è impossibile passare inosservati, mentre Enzo scatta le sue polaroid io mi preoccupo di fargli da guardia ma, ad ogni scatto, il miracolo della foto istantanea attira sempre più curiosi pronti a mettersi in posa intasando il già caotico flusso stradale e dando vita a concerti di clacson.
Ogni foto è una lotta dove devo applicare tutta la mia pazieza per spiegare loro che le Polaroid di Enzo le possono vedere ma, visto che è per questo che siamo venuti dall’Italia, non possono cercare di tensersela come ricordo. Anche se, ” Enzo-Baba “, a più di un bimbo non ha saputo dire di no .

Nel pomeriggio torniamo alla houseboat attraversando i canali formati dalle case galleggianti e le coltivazoni realizzate su instabili fazzoletti di terra rubati all’acqua dai contadini.

Questa è Srinagar, la capitale del Kashmir, una delle regioni munsulmane all’interno dell’India. E’ una città fatta di gradi contrasti, tra la quiete e la naturale bellezza del lago ed il caos e la cultura islamica della città, fatta di eccessi e contraddizioni forti. E’ uno spledido posto da vedere in questi terriori così vicini alle grandi montagne. Chiamato il giardino verde, il Kashmir, offre uno scenario completamente differente da quello arido e aspro dell’altopiano.

Non abbiamo avuto grosse difficoltà durante la nostra permanenza ma godevamo già di una discreta dimestichezza nel muoverci in simili ambienti, se è la prima volta che visitate una città musulmana in Oriente conviene trovare una guida locale che possa seguirvi e consigliarvi durante il viaggio. Non sono città da prendere alla leggera per la complessità dei sistemi che le governano, qui gli errori possono costare caro anche se la popolazione si è dimostrata amichevole ed aperta.

In Srinagar si trova una moschea antica di quasi ottocento anni e fu’ da questo luogo che l’Islam di diffuse in tutta la regione, in Pakistan e nel nord dell’India. Incredibilmente il primo religioso ad introdurre questa religione non proveniva dal mondo arabo ma bensì dal sud della Russia.

In questi giorni son in atto le elezioni e presto si saprà se le tensioni che corrono sotto la superficie di questa città si scioglieranno o inesorabilmente cresceranno travolgendo tutto. Io spero che questa città ce la faccia, che sia in grado di aprirsi ai visitatori stranieri offrendo loro le proprie meraviglie. Purtroppo questo è qualcosa che avverrà solo se il Governo Indiano e la Comunità Islamica che risiede in Khasmir, ora diviso tra Pakistan ed India, sapranno trovare un punto d’incontro. La mia esperienza è troppo superficiale per capire appieno la natura di tali tensioni e posso augurare a questa gente solo buona fortuna.

Se decidete di visitare Srinagar accertatevi della situazione politica e trovatevi un buon accompagnatore locale, in questo modo non avrete problemi a godere di un magnifico viaggio. Come raccontato in un altro articolo lasciate stare la strada Leh-Srinagar: la Farnesina sconsiglia caldamente quella strada, noi l’abbiamo volua testare comunque ma non è un esperienza per tutti ed anche quei pochi farebbero meglio a lasciar perdere dato il rischio di ritrovarsi a fondo valle. Forse, tra qualche anno,  si potrà godere in sicurezza il magnfico panorama del Drass e del ghiacciaio.

Noi ripartiremo per Leh mercoledì tredici sperando che queste giornate di sole caldo abbiano liberato dalla neve la valle per il nostro trekking attraverso il Marka e lo Zangscar Range. Si torna tra i monti!!

Ciao dal Kashmir!!

Davide  Valsecchi

Luna piena sulla strada Leh-Srinagar

Luna piena sulla strada Leh-Srinagar

Lo ammetto, i consigli andrebbero ascoltati perchè spesso aiutano a non finire nei guai. In questo caso il nostro guaio si chiama: road to Srinagar.

Uno dei nostri referenti a Leh, Dharma, è originario di questa città nel cuore del Kashmir che ha la peculiarità di essere in gran parte galleggiante come una piccola Venezia. Visto che c’è ancora molta neve nella valle dello Zanscar abbiamo qualche giorno ancora d’attesa ed il matrimonio del fratello di Dharma ci ha offerto l’occasione di accompagnarlo a casa e di visitare la sua città.

Le vie per raggiungere Leh in auto sono due: da Manali e da Srinagar. La strada che proviene da Manali è ancora chiusa per neve mentre i passi per Scrinagar sono stati aperti propro in questi giorni. Tutte le coincidenze sembravano favoreli sennonchè la strada di Srinagar è una delle più caldamente sconsigliate per raggiungere Leh da tutte le guide..

Credevo che tale cattiva fama fosse legata alla situazione, a volte turbolenta, del kasmir ed invece mi sono dovuto ricredere: la strada che unisce Leh e Srinagar è sicuramente meravigliosa ma incredibilmente dura e pericolosa.

Partiamo la sera alle cinque a bordo di una piccola jeep unendoci ad una piccola comitiva di locali diretti appunto a Srinagar. Al volante l’autista e al suo fianco l’aiutante con cui si alternerà alla giuda durante il viaggio. Sotto una magnifica luna, quasi piena, impieghiamo però quasi 14 ore ininterrotte per compiere meno di 450 km su una strada quasi completamente sterrata attraverso il completo nulla!!!

Le prime due ore scorrono abbastanza traquille con i soliti scossoni, ci fermiamo a cenare in un rifugio per camionisti probabilmente dimenticato da ogni Dio. Sull’ingresso della taverna la scritta “genuine hygenic food” ci dà il ben venuto mentre il suo interno è illuminato solo dalle candele non essendoci corrente elettrica.Il cuoco, che vedo solo nella luce azzurra del gas da cucina, fa inquietanti versi mentre prego che la parte “genuina” dalla zuppa che mi sta preparando non siano i suoi scaracchi.

I nostri autisti sanno il fatto loro ma la strada da lì in poi si è dimostrata durissima attraversando scenari incredibili con precipizzi e burroni terribilmente magnifici. La strada, dopo essere scesa a picco per chilometri, si inerpica improvvsamente in serrati tornanti. E’ stato a quel punto che ha comincia a farmi male in mezzo agli occhi ed Enzo perdere sangue da naso. Una volta in cima al passo scopriamo dal cartellone sulla sommtà che siamo a 4100. Abbiamo fatto quasi 2000 metri di dislivello in meno di tre quarti d’ora ed ecco spiegato quegli improvvisi disturbi che accusavamo sui tornanti.

La strada qui si riempie di neve, fango e buche mentre attacca a nevicare. Ora siamo nella zona del Drass, una delle zone più fredde al mondo che fu teatro di un violento scontro durante il conflitto India-Pakistan tra il ’90 ed il ’99. Qui la neve è ormai tantissima ed il freddo intenso mi fa temere per il ghiaccio sulla strada mentre attraversiamo corrdoi di neve alti anche quattro metri sopra la nostra jeep. Mai visto nulla di simile. Enormi muraglie di neve ci circondano lasciando spazo qui e là all’increibile precipizio che dà sul ghiacciaio sottostante e sulla valle innevata che brilla sotto la luna.

Incotriamo un camion in panne e carichiamo il povero aiutista prestandogli soccorso e portandolo al più vicino blocco militare. Il tipo non la finisce più di ringraziare. Fa un freddo incredibile e la strada sembra una piscina piena di sassi e granita. “Assolutamente sconsigliata!!”. Mai ascoltare un buon consiglio, accidenti a me!!!

Dopo quasi 10 ore di botte e scossoni mi lascio cadere nel sonno seduto nel mio scomodo sedile con due ladaki appoggiati alle spalle (hanno dormito,appoggiati, praticamente tutto il viaggio!!). Sia quel che sia, non posso fare un granchè da passeggero guardando la strada, i sassi ed il precipizio. Buonanotte e speriamo di sveglarci!!

Ma dopo nemmeno mezz’ora mi sveglio letteralmente di botto con un paio di fanali puntati contro. La jeep, tutta di traaverso, non era riuscita a farsi strada sulla corsia tra un grosso camion che saliva verso il passo. Così siamo finiti con l’avantreno in un fosso a bordo della strada, fortunatamente distante dal ciglio dello strapiombo (se no non ero qui a scrivere!!). Tutti gli otto occupanti della jeep imprecano in una lingua diversa, l’autista in retromarcia con le ridotte ci tira fuori dalla buca mentre il suo aiutante attacca una mezza zuffa a sassate con il camionista che non aveva dato strada. “It’s normal” mi dice Dharma mentre guardo i due darsele.

Quando arriviamo a Srinagar sono le 7 e mezza del mattina e siamo a pezzi. Entriamo nella casa galleggiante che ci ospiterà per questi due giorni e crolliamo nel sacco a pelo distrutti. Quattrordici ore di botte e paura per vedere questa città: la fatica per arrivar qui è stata tantissima. ma la “venezia indiana” ed il famoso mercato sull’acqua sembrano valere lo sforzo. Per ora ci godiamo un po’ di riposto sull’houseboat nel lago di Nimsee aspettando di poter vedere domani mattina alle quattro il famso mercato delle verdura sulle canoe.

Il ritorno a Leh è tra quattro giorni, ma in aereo perchè la strada Srinagar-Leh è realmente magnifica ma assolutamente sconsgliabile. Il rischio di rimanere vittima di un incidente è realmente alto, sopratutto per il modo di guidare degli indiani e la difficoltà ed esposizione della strada.

Una mia amica tempo fà la fece a bordo di un camion inpiegando quasi un giorno e mezzo di viaggio ma godendosi il magnfico panorama. Ciao Arianna sappi che è colpa tua se ieri sera quasi ci ho rimesso la pelle!!! Da qui in poi si va a piedi anche se per ora si è in barca!!!

Davide Valsecchi

P.s. Auguri dall’Himalaya ai due novelli sposi amici del nostro Giulio!!! Promessa mantenuta!!

La scuola tibetana

La scuola tibetana

Durante il volo verso Leh abbiamo incontrato il Professor Chodun, rifugiato tibetano che ora vive in Italia e collabora con l’associazione Ecohimal di Chiasso per mantenere e coordinare una scuola per bambini nella periferia sud di Leh.

Chodun è una persona molto simpatica e parlando perfettamente italiano non è stato difficile stringere amicizia così oggi, aprofittando del bel tempo, ci siamo diretti verso la periferia per andare a visitare la scuola tibetana. I sobborghi di Leh sono un deserto arido attraversato da polverose strade per lo più militari, in mezzo a questo  nulla sorge la scuola New Millennium Children che ospita attualmente 170 bambini di diverse religioni, buddisti, tibetani e munsulmani.

Qui i bambini possono studiare, mangiare e dormire la notte. Quando entriamo nel cortile della scuola i bambini sono tutti ordinatamente disposti sul piazzale indossando la loro divisa scolastica. Cantano tutti assieme l’inno della scuola e poi, sempre sul piazzale, cominciano la loro lezione. Un bambino a turno si alza in piedi e, a voce alta, enucia una domanda di carattere generale. I bambini che sanno la risposta si alzano in piedi e rispondono sempre a voce alta. ll premio per “il gioco del quiz” è l’applauso di tutti gli altri bambini.

La disciplina e l’ordine con cui si muovono questi bmbi è incredibile così come lo sono i loro sorrisi su quei visi tondi scuriti dal sole.  Ai bambini tibetani piace andare a scuola e sembra che ci si divertano un sacco. Sempre ordinatamente, finito il momento del gioco e del canto, si alzano e,divisi per età, entrano nelle varie classi per continuare la lezione con gli insegnati.170 bambini che si muovono composti, ordinati ma allegri è uno spettacolo magnifico.

Assieme al Professor Chodun troviamo due ragazzi svizzeri che sono giunti a Leh come rappresentanti dell’associazione di Chiasso che supporta la scuola. Hanno fatto un pò di fotografie e ci hanno spiegato come la loro associazione supporti la scuola da diversi anni. Il professor Chodun era membro del comitato organizzativo del Dalai Lama durante il suo viaggio in Italia e lo stesso Dalai Lama ha fatto visita alla scuola in passato elogiando l’operato del monaco che dirige l’istitituto, Thuptsan Wangcugk.

Vicino alla scuola sorge anche un piccolissimo monastero dove trovano alloggio sei monache tibetane a cui abbiamo fatto visita. Le monache tibetane ed i loro monasteri sono numerosi come quelli maschili ma poco conosciuti e spesso le monache faticano a trovare supporto e sostentamento. L’associazione svizzera si è impegnata ad aiutare anche queste religiose costruendo un piccolo pozzo e sistemando la costruzione che le ospita. Durante la visita siamo stati omaggiati di una tradizionale sciarpa bianca in stile tibetano che è stata posta sulle nostre spalle. Un gesto molto simbolico.

Tornati alla scuola abbiamo registrato i bambini cantare e, tutti assieme, siamo andati a mangiare nella sala mensa. 170 bimbi si sono messi ordinatamente in fila per riempire la propria scodella ed hanno pazientemente aspettato che tutti si fossero seduti. Dopo la preghiera di ringraziamento hanno sollevato la ciotola al cielo ed hanno iniziato a mangiare. Se 170 dei nostri bambini si ritrovassero a mangiare in un unica stanza sarebbe il delirio mentre in quella sala tutti mangiavano felici ed ordinati. Bellissimo!!!

Eccovi un piccolo ascolto delle canzoni che i bambini hanno cantato per noi:

Appunti di viaggio

Appunti di viaggio

La testa e le gambe cominciano a fare il loro dovere ed anche il tempo sta cambiando volgendo al bello. Il sole ora risplende incontrastato e le nuvole sono sempre più rare anche grazie al vento forte che si alza regolarmente ogni pomeriggio.

Continuiamo il nostro acclimatamento esplorando i dintorni della cittadina di Leh. La mattina la impieghiamo risalendo le colline che la circondano, visitando lo Shanti Stupa e scattando qualche foto dall’alto al palazzo e ai gompa. Il cielo sereno ci mostra tutta la magnificenza dello Stok Kangri e delle montagne adiacenti. Pochi giorni prima del nostro arrivo ha nevicato forte lassù ed ora gran parte dello Zanskar Range è coperto di neve.

Il pomeriggio, dopo aver pranzato dalla “zia tibetana” con la solita scodella di Tsampa, una specie di zuppa di semolino con verdure, continuaimo il nostro giro per i mercati in cerca di qualche buona foto e qualche scoperta curiosa. La città è come sempre caotica ma la stagione turistica comincerà solo il mese prossimo, i turisti sono ancora pochissimi ed è impossibile passare inosservati. “Juleè, Juleè”. Il saluto in ladaki che ci rivolge ogni mercante al nostro passaggio.

Leh è sempre stata un crocevia ed ora vede nei due mesi di turismo estivo la principale fonte di sostentamento, non si può che comprendere ed accettare lo strano modo in cui la popolazione locale mischia la propria tradizione con il peggio degli echi d’occidente che giugono fin qui. Sono orgogliosi delle proprie tradizioni ma non sono immuni al fascino, forse distorto, delle “cose” occidentali. Aggirandomi tra i bazar mi accorgo di quanto questi posti stiano per cambiare e come realmente la cultura tibetana stia lentamente scomaprendo, contaminata e trasformata dal progresso e dalla lenta diffusione dell’islamismo che, anche in questa regione, sta diventando la principale tradizione.

“Panta rei” dicevano i greci, tutto scorre. Credo che anche il popolo tibetano e la piccola Leh si lasceranno trascinare placidi dallo scorrere del cambiamento. Mi guardo attorno e posso dirmi fortunato, sono alieno a questo modo ma  testimone di un tramonto e di un alba. Mi piace osservare Enzo mentre cerca di cogliere nelle sue foto quest’attimo straordinario .

Ma torniamo al nostro viaggio: a causa della neve nello Zanskar sarebbe inutile iniziare il nostro trekking nella valle del Marka, tuttavia restare a Leh ad aspettare che “la venga buona” non è nei nostri piani. Così abbiamo trovato un fuori programma molto interessante: si va a Srinagar.

Srinagar è nota come la piccola Venezia dell’India, una città che vive galeggiando sul bacino idrico dell’Indo. La vita della città si basa sull’acqua che è la principale via di comunicazione. Le attività si svolgnono su canoe ed imbarcazioni ed anche le case, le HouseBoat, sono costruzioni galleggianti. Srinagar è sicuramente molto affascinante ma a causa della sua posizione nel cuore del kashmir, regione funestata dall’integralismo e dalle tensioni militari con il Pakistan, è fortemente sconsiglita agli stranieri.

Fortunatamente il nostro contatto qui a Leh, Dharma, è originario di Srinagar e si è offerto di farci da guida attraverso la città ospitanoci presso casa sua.In questo modo il rischio si riduce notevolmente ma sarà necessario, come sempre, tenere ben aperti gli occhi, sopratutto per godere della spettacolarità della città galleggiante.

Entro fine settimana andremo a Srinagar e  ci tratteremo  laggiù per 5 giorni. Al nostro ritorno a Leh la valle dovrebbe esseresi liberata a sufficienza dalla neve per cominciare il nostro viaggio lungo il Marka river.

Vi faremo sapere come andrà a finire.

Davide Valsecchi

Primi giorni a Leh

Primi giorni a Leh

La sera il mal di testa torna a farsi sentire forte ed è ancora un po’ difficile concentrarsi davanti al portatile per raccontarvi le nostre giornate.

Leh è una cittadina, un grosso agglomerato di persone, ma per certi versi è incasinata come un improvvisato villaggio. La quantità di dettagli inconsueti per il nostro modo di vivere creano uno scenario che può essere magnifico o apocalittico a seconda della persona che lo osserva.

E’ difficile da spiegare cosa ci si trovi di fronte a chi non è mai stato in un posto simile in oriente: un centro urbano dove tradizioni del passato, cultura e tecnologia moderna si incontrano e scontrano accavallandosi l’una sull’altra seguendo l’ingegno, le esigenze e spesso la follia delle persone che la popolano. Un groviglio di vicoli  e strade tra case ed  edifici precari dove il sistema idrico, fognario ed eletricco difettano di un minimo progetto comume abbandonati all’esigenza del momento.

Può essere un posto magnifico o un inferno, dipende da come lo guardi.

Non vi sono strade asfaltate e le macchine si fanno spazio tra la gente suonando i più improbabili clacson ed evitando le profonde buche create dai rigagnoli. Anche i pedoni hanno il loro bel da fare. Camminando in strada mi è capitato più di una volta di “fare a spallate” con qualche ­­furgoncino ma per fortuna il punteggio è ancora alla pari, non ci si insulta neppure, è quasi normale. Sui marciapiedi si cammina accalcati tra le vetrine dei negozi ed i canali delle fogne, maleodoranati, a lato della strada.

I negozi sono tra i più diversi: oscure ed affumicate bettole dove cucinano il chapati e la fuliggine copre ogni cosa si trovano affianco a scintillanti negozi di cellulari e telefonini. Da poco più di un anno è infatti arrivata una linea GMS che copre la cittadina di Leh per una decina di chilometri e la collega al sistema di comunicazione del Kashmir. L’evento deve essere stato talmente straordinario che persino la cuoca che ci prepara lo Tsompa in un modestissimo ristoro era tutta presa a mandare e ricevere messaggini. Incredibilemente, nonostante tutta la tecnolgia di cui Enzo ed Io disponiamo, i nostri cellulari erano inservibili qui. Essendo il Ladakh zona militare serve una speciale Sim per acedere al servizio. 500 rupie, 3 fototessere ed una fotocopia del passaporto e colmiamo il gap tecnologico con i Ladaki e la cuoca.

Può essere un posto magnifico o un inferno, dipende da come lo guardi.

Il vento ed il sole forte, nonostante le nuvole, non aiutano a superare i disagi della quota ma nonostante tutto siamo saliti al palazzo reale di Leh e ai due Gompa, i monasteri, che sovrastano la cittadina. Siamo saliti lungo i pendii fatti di una strana roccia arancione molto simile al granito che però pare aver ceduto alla forza del clima sbriciolandosi qua e la’ in sabbia fine adagiata come neve tra gli anfratti. Da lassù, tra le mille bandiere colorate che adornano il gompa abbiamo potuto vedere la catena di montagne che cinta la valle attraversata dall’Indo. Le cime sono abbondantemente innevate e imponenti superando i cinquemila metri e salendo fino ai 6.200 metri dello Stok Kangri, la vetta più alta che riusciamo a vedere.

Quello che si vede da lassù è un posto magnifico, da ogni punto di vista. Magnifico.

Ciao a tutti dal Ladakh
Davide Valsecchi

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