La Ninfa Siringa ed il Dio Pan

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Siringa di Arthur Hacker
Siringa di Arthur Hacker

Qualche settimana fa ero a Como con Enzo in piazza del Duomo. Era il periodo del Palio del Baradello e per le vie della città passeggiavano figuranti in constume medioevale. Noi eravamo seduti ai tavolini del Nova Comum bevendo birra quando ci si avvicina niente meno che l’Imperatore Barbarossa con tanto di mantello e scettro. Mi squadra e mi dice “Tu andresti bene per fare la parte di un Germanico“. Enzo è praticamente scoppiato a ridere sapendo che,  grazie a mia nonna, buona parte del mio sangue è Made in Germany: “Maestà ho idea che Birillo sia germanico più di quanto Lei creda!

Il figurante ci gardava un pò disorientato, poi ho pensato che in fondo il Castello di Asso è stato uno dei pochi che, volente o nolente, il Barbarossa fù costretto a risparmiare e rispettare. Così ho risposto:“Io vengo da Asso, Imperatore, chiederò alla nostra gente se per l’anno prossimo potrà mandare degli armigeri in rappresentaza del nostro paese.” Ovviamente sfoggiando il mio sorriso più truce perchè gli assesi non hanno mai abbassato la testa con l’Imperatore…

Apparire come due “strani” ad un omone adulto che si aggira in calzamaglia con una barba tinta di rosso e  la corona di tolla è un bel primato anche per Enzo e me. Tuttavia credo che partecipare, come Assese, al prossimo palio è qualcosa su cui rifletterò.

Oggi una mia amica, invece, mi ha proposto di entrare nei Bei di Erba, uno dei gruppi folkloristici della nostra zona che viene invitato ad esibirsi in tutta Europa. “Ma che dovrei fare oltre a vestirmi?“- le ho chiesto e lei mi ha risposto “Basta che impari a suonare il Flauto di Pan per iniziare“.

Il Fluto di Pan, accidenti. L’armonica dell’antichità comune a tutte le culture del pianeta. Le ho chiesto se conoscesse l’altro nome di quello strumento e lei, che non lo sapeva, mi ha risposto  ridendo che era impossibile si chiamasse Siringa. Così abbiamo fatto una piccola scommessa su chi avesse ragione, nulla di particolare o sconveniente intendiamoci, e questo mio piccolo articolo ha lo scopo di dimostrarle (come previsto) che ho vinto ma anche di raccontare come si deve il piccolo mito greco da cui trae origine il nome:

«Un giorno il dio Pan, lo spirito di tutte le creature naturali e delle foreste, si aggirava lungo le rive di un fiume. Allegro e spensierato come sempre vide una ninfa degli alberi il cui nome era Siringa (Syrinx) e se ne innamorò perdutamente. Quando la ninfa vide il dio, per metà uomo e per metà capra, rimase terrorizzata e scappò verso il fiume nascondendosi tra i canneti.  Spaventata non voleva ricambiare in alcun modo l’amore del dio e supplicò le ninfe dell’acqua che abitavano il fiume di trasformarla in una della canne del canneto. Così avvenne. Il dio Pan la rincorse ma riuscendo a trovarla comprese cosa era accaduto. Sconsolato ed afflitto prese una canna e la taglio riunendo ed allinenadone in pezzi. Il dio cominciò a soffiarci dentro cercando conforto nella musica di quello strumento musicale che era appunto Siringa,  il primo flauto di Pan della storia.»

Credo di aver vinto ed alla mia amica toccherà indossare il vestito tradizionale in un occasione piuttosto inconsueta ma pubblica, non pensiate male (purtroppo!!). D’altro canto credo che viste le affinità con il dio Pan, protettore della foresta mezzo uomo e mezzo becco, mi toccherà davvero imparare a suonare questo strumento dalla storia così malinconica.

Ultima curiosità, di cui non ero a conoscenza ma che ho scoperto cercando un’immagine di Siringa, è l’origine della parola “Panico“. Deriva infatti proprio dalla paura irrefrenabile che il dio Pan era in grado d’ instillare con le sue urla. La tradizione vuole che fosse in grado di spaventare eserciti interi e gli stessi Dei. Potenza del suono che scuote gli animi! E’ curioso scoprire che lo sprito greco della natura padroneggiava probabilmente una delle prime forme di Kiai, l’urlo giapponese del guerriero.

Il termine Pandemonio invece non ha nessun legame con Pan e nemmeno con il mondo classico essendo stato coniato addirittura nel 1600 da Jhon Milton nel suo libro Paradiso Perduto. Oggigiorno viene usato per indicare fracasso o confusione mentre Milton lo utilizzava per indicare il palazzo edificato da Satana e la camera di consiglio dei Demoni. Incredibile come il tempo trasformi il senso delle parole!

Davide “Birillo” Valsecchi

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