Invito al Noviziato

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[Eugenio Fasana] «Per taluni l’alpinismo è il solo esercizio per il quale non si crede necessaria alcuna preparazione. Ecco l’errore. Spesso, chi si inizia all’alpinismo considera il tempo del tirocinio come il terzo incomodo, e volentieri lo salterebbe. Anche ai ragazzi sembra tirannico il padre che li vuole a letto presto e non affida alla loro gioconda indiscrezione la chiave di casa.

Il novizio, posto di fronte alla montagna, deve seguire un metodo ragionato insieme ed istintivo che consiste nel far convergere tutte le forze attive nello sviluppo della personalità montanara, nella creazione della propria vita alpinistica; la quale, con l’aiuto del tempo, diventerà come la sua seconda natura, cioè un tessuto di abitudini. E per la condotta di una grande ascensione, le abitudini servono più dei precetti d’alpinismo, perché l’abitudine è il precetto vivente, diventato carne e istinto.

Nell’esercizio dell’alpinismo, il libro delle regole e dei precetti è un buon bastone, ma una cattiva piccozza. Poco si migliora l’alpinista se si appoggia sempre sugli altri e non mai su sé stesso. Bisogna bene che, ad un certo punto, gli scudieri divengano cavalieri, e corrano la gualdana a loro rischio e pericolo. Per le grandi imprese intentate, una cosa bisogna che sia eccessiva per essere appena sufficiente: la volontà.

Chi si inizia all’alpinismo deve sorvegliarsi per non sorpassare il proprio coefficiente fisico e morale, sotto pena di non poter fare ciò che vorrebbe e di far male ciò che potrebbe. Solo quando uno è diventato maestro d’alpinismo può senza danno scordarsi le regole. Ma, ad ogni modo, regole e precetti bisogna siano integrati da quel quid eminente morale che non s’impara sui manuali tecnici. La tecnica possiamo impararla da altri; la saggezza dobbiamo ricercarla in noi stessi. Devi volere soltanto ciò che puoi fare. D’accordo: sono le attitudini alpinistiche che caratterizzano il grande scalatore di vette. Ma il possedere simili attitudini è un accidente della fortuna, e non bisogna menarne vanto. Tutti gli alpinisti sono eguali a parole; è soltanto nell’azione che si vede la loro differenza. Il saper fare vale più che il sapere. Per guidare nei novizi non è necessario essere un “asso”, come non è necessario essere un grande oratore per insegnare l’alfabeto. Chi ha detto che il discepolo deve avanzare il maestro? Non lo ricordo; ma, ad ogni modo, ha ragione.

Il valore morale dell’alpinismo si palesa soprattutto nelle circostante più difficili. È in quei momenti, proprio quando il pericolo incombe, che il miracolo eterno della vita, che sempre nel profondo trova le segrete vie della sua risurrezione, appare ancora più grande. Non abbandonarti mai alla sorte avversa per quanto dura essa sia, ma lotta ancora una volta. Il successo nelle imprese di montagna è di chi, dotato di virtù native, le coltiva con impegno tenace. Ma il vero profitto, anche in alpinismo, consiste nell’essere diventati migliori e più saggi come uomini».

Eugenio Fasana –  Rivista del CAI – 1939

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