Operazione: Bèrghem de üra

SantAgostino
Sant'Agostino

Chi è Bruna? Bruna è un maschiaccio bergamasco intrappolato nel prorompente corpo di una bisbetica femmina bergamasca. Oggi è il mio “contatto sul territorio” per dare l’assalto alla città fortificata dei muratori erranti più famosi al mondo: Operazione Bèrghem de üra (Bergamo Alta)

Il piano d’incursione parte da Est, li attacchiamo alle spalle, dallo stadio lungo la “Morla”, risalendo per l’Accademia di Carrara lungo le scalinate di “via della noca”, ribattezzata a pennarello dai locali “via della gnocca”.

Da questo lato il  dislivello tra città alta e città bassa è di solo un centinaio di gradini, come andare dal comune di Asso in piazza della chiesa. Sull’altro lato la salita è più lunga tanto da avere una piccola funicolare. Si dice che il nome Bergamo derivi dal tedesco “Berg”, montagna, e  “Heim”, casa: la casa sulla montagna, poi latinizzato in Bergomum.

Tutta la città è circondata da bastioni ed accessibile solo attraverso le porte,  quando raggiungiamo quella di Sant’Agostino il mio stupore è completo di fronte a niente meno che un inaspettato Leone Alato di Venezia. Il mio ruolino di missione non mi aveva informato che la città era entrata a far parte della “Serenissima” nel 1428 e che per tanto era pregna delle effigi della città sull’acqua che da poco avevo visitato.

Il mio stupore non si acquieta nemmeno quando supero le mura: la città è invasa!! Tra le vie si sente, oltre all’accento chiuso dell’idioma bergamasco, solo una moltitudine di gruppi stranieri che parlano russo. Io e la mia “guida” ci inerpichiamo lungo le vie che salgono al cuore della città vecchia, all’Università, al Duomo e al Palazzo della Regione. Un vento capriccioso spazza le nuvole nel caldo di un assolato pomeriggio invernale. Cielo azzurro e nuvole bianche per noi oggi.

Una sosta veloce al “Circolino” e su, fino alla rocca per conquinstare la città. Qui, sotto la bandiera tricolore, fanno la guardia vecchi pezzi d’artiglieria ed un vecchio “carro armato” giallo. La vista dalla terrazza è incredibile. Bergamo è una penisola montuosa che si affaccia sull’orizzonte piatto della pianura. Si riescono a scorgere gli appennini e ad Est  sul promontorio del Monte Orfano che affianca l’autostrada per Brescia si vedono i lampi di un temporale che avanza ad oltre 50Km di distanza. Uno scorcio tanto vasto quasi spaventa il piccolo montagnino che è in me. Abituato ad avere l’orizzonte delle proprie speranze dietro la prossima montagna, dietro la prossima collina da conquistare. Dove andare in questa vastità?

La mia guida mi scuote dall’incanto di quella pianura che si estente a perdita d’occhio. Abbiamo un altro obbiettivo da conquistare. Scendiamo di nuovo tra i vicoli ed usciamo dalle mura a Nord, verso colle aperto. Diamo l’assalto al Castello di San Vigilio.

Una volta lassù, superati gli stretti corridoi tra i contrafforti della fortificazione, il panorama è ancora più strepitoso. Guardando verso Ovest rivedo un vecchio amico: il Resegone. La montanga che domina Lecco e che da questo lato mostra la sua natura dolce ed i prati innevati che si nascondono dietro la dura facciata che ci mostra di solito.

Il sole scende all’orizzonte e le vie si riempiono di gente in caccia tra i negozi del centro storico aperti per i saldi. Tempo di evacuare il campo e rientrare alla base, missione compiuta. In macchina comincia a cantare Jim Morrison mentre spaventato e spaventoso come un fantasma invisibile mi aggiro tra gli sterminati viali di Dalmine ed il suo feudo industriale. “Show me the way to the next whiskey bar. Oh, don’t ask why. I tell you, I tell you, I tell you we must die”. Una rotonda dopo l’altra avanzo perso in quest’orizzonte che brucia. “Ho paura di questa giungla di case tutte uguali, portami via di qui, portami via, Bruna. La mia missione qui è finita, portami via!!”

Se andate a Bergamo fate attenzione quando calano le tenebre, se vi siete imbottiti di pizza con “tonno, würstel e cipolla cruda”, potreste cominciare ad avere allucinazioni incredibili lungo le strade di quel mare piatto!!

Davide “Birillo” Valsecchi

[Curiosità] Etimologia della parola Magut
La parola ha una nobile origine derivata dalla Fabbrica del Duomo di Milano. Nei libri contabili della costruzione, il capitolo di spesa della monodopera , era rappresentato da un registro in cui a fianco della mansione e del corrispondente nome, venivano segnate le ore di lavoro effettuate dai maestri a muro. I primi dell’elenco, erano naturalmente le figure più importanti ed ad essi veniva associata la mansione descritta per intero “Magister Fabricae”, quelli seguenti, allo scopo di abbreviare la descrizione, venivano indicati con la contrazione “Mag.ut” (Magister ut supra=maestro come sopra).