La statua è quella del Sowjetisches Ehrenmal, il Memoriale per i soldati sovietici che sorge sulla “strada del 17 giugno” a pochi metri dalla Porta di Brandeburgo. Nell’altra direzione si staglia all’orizzonte la Colonna della Vittoria che domina tutto l’Unter den Linden, il viale sotto i tigli.
La leggenda vuole che il memoriale sia costruito con il marmo della Cancelleria del Reich: tutto qui a Berlino divenne un simbolo da innalzare o da sfatare.
Alla mia sinistra c’è il Reichstag, il palazzo del parlamento. Fu distrutto dai bombardamenti e dopo la guerra divenne poco più che un simbolo vuoto di un passato da dimenticare, una testimonianza racchiusa nelle foto della cupola in fiamme nei giorni del complotto che portò Hitler al potere.
Dopo la riunificazione tornò ad essere la sede politica della Germania, il nuovo parlamento tedesco. Un agente in uniforme mi ha informato che a causa del terrorismo nessuno può più accedere in visita alla nuova ed avvenieristica cupola in cristallo: non vi è pace per questo palazzo.
Sono in piedi, fermo davanti alla memoria: quello che resta è una doppia fila di mattoni nell’asfalto che corrono paralleli attraverso la città, una linea sottile che divideva due mondi con un muro, il Berliner Mauer.
Per 28 anni Berlino Ovest divenne un’isola nel cuore della Germania dell’Est e quel muro un simbolo per il mondo. Come John Running mi ritrovo a scavalcarlo da ovest verso est, ben consapevole che coloro che persero la vita in tale tentativo provenivano nella direzione opposta.
L’Unter den Linden è la storia di Berlino: un tempo questo immenso viale attraversando tutta Berlino, era protagonista delle sfilate militari di Hitler e poi, un giorno, questa grande strada non portò più a nulla, se non a un muro invalicalibile che la spezzava in due. Anche i boschi che circondano il viale formando ora un meraviglioso parco, quello stesso giorno, divennero solo terra di nessuno al di là della zona della morte.
Il marmo della Porta di Brendeburgo porta i segni della guerra nei rattoppi che nascondono i colpi di proiettile e le esplosioni. In ognuno dei pochi palazzi risparmiati dai bombardamenti si trovano tracce di quello scontro combattuto tra le strade. Il colonnato di fronte all’ Alte Nationalgalerie, un angolo immerso nel verde alle spalle della Cattedrale di Berlino, mostra tutta la violenza con cui sovietici e nazisti si contesero il passaggio su uno dei ponti sul fiume Sprea, il fiume che attraversa la città.
L’orrore finale di 12 anni di regime, di 5 anni di guerra, il tramonto di “Un Popolo, uno Stato, un Capo” e l’alba della Cortina di Ferro: il Comunismo frapposto al Capitalismo.
Tra la nebbia, attraverso il colonnato della Porta, appare il Fernsehturm, la torre della televisione costruita nella Berlino dell’ Est. I sovietici si sono sempre vantati di quella torre, alta 368 metri, non solo perchè da lassù si può osservare tutta Berlino ma anche perchè, all’alba, il sole proiettava l’ombra della torre sovietica al di là del muro, estendendosi fino al cuore della Berlino occidentale.
Ed è così che, guardando il tempo e lo spazio che mi circondano, mi sono ritrovato al di là di quella linea sottile, di quella striscia di mattoni. Il 9 novembre 1989 quel muro smise di avere uno scopo e privo di senso, come le idee che lo avevano generato, crollò inghiottito dalla folla. Amen, così sia.
Con quella data si concluse la tormentata storia del ‘900: le sue follie, le sue grandezze, i suoi orrori. I ragazzi nati nel 1990 ora hanno poco più che vent’anni, il muro non è altro che un ricordo di fatti prima della loro nascita: per loro l’11 Settembre non è il giorno in cui crollò la Cortina di Ferro (11 Settembre 1989) ponendo fine alla Guerra Fredda, per loro è solo la data in cui un nuovo crollo e nuove vittime diedero vita ad un altro muro all’alba di un nuovo secolo (11 Settembre 2001).
Davide “Birillo” Valsecchi
“Eternal glory to heroes who fell in battle with the German fascist invaders for the freedom and independence of the Soviet Union” – “Вечная слава героям, павшим в боях с немецко-фашистскими захватчиками за свободу и независимость Советского Союза” – Vestigia di mondi scomparsi, fossili di dinosauri del pensiero antichi di solo sessan’anni.