Se si ricerca sul Web informazioni su Erminio Dones si scopre che era di origine veneziana e che nel 1920, nei giochi olimpiadi di Anversa, conquistò la medaglia d’argento nel due di coppia di Canottaggio. Andando però a rileggere i diari di alpinisti eccellenti scopriamo invece anche la sua valenza come arrampicatore: scopriamo che era compagno di cordata di Eugenio Fasana (che battezzò il Sigaro Dones in suo onore proprio per una vittoria nel campionato europeo di canottaggio) e che anche Riccardo Cassin ebbe modo di elogiarlo proseguendo alcune delle esplorazioni che il “buon vecchio Dones” aveva iniziato su alcune pareti eccellenti ed inviolate del nostro territorio.
Le medaglie, soprattutto quella olimpionica, lo immortalano nell’ Olimpo del canottaggio, mentre a memoria dell’alpinista abbiamo la monumentale testimonianza del “Sigaro Dones” e del “Dito Dones”. Onestamente credo sarebbe davvero interessante sapere di più sulla storia di questo personaggio tanto poliedrico di inizio ‘900!
Mattia ed io, dopo aver reso omaggio a Fasana sul Sigaro la scorsa settimana, abbiamo deciso di fare omaggio anche al suo “socio” attaccando il “Dito”.
Tutta l’area adiacente al pilastro del “Dito Dones” ed alla scogliera dello “Zucco di Teral” è interessata da un recente crollo franoso (Gennaio 2013) ed è quindi in buona parte interdetta. Noi, un po’ come contrabbandieri, siamo sgattaiolati attraverso il fronte franoso raggiungendo l’attacco della “Via Lunga”: una via più recente tracciata nel 1995 dalla Guida Alpina Fabio Lenti e che conta circa 8 tiri di corda (un paio dei quali sono raccordi su terrazzi erbosi).
La via è molto bella, in alcuni punti la roccia è davvero fantastica ed appigliata mentre in altri è invece piuttosto “unta” dalle numerose ripetizioni. Il tempo era come al solito inclemente ma il freddo, soprattutto alle mani, non era così pungente come la settimana prima in Grignetta (c’è solo un tiro, uno degli ultimi prima del pilastro finale, che è particolarmente esposto al vento).
La Via Lunga è una classica molto bella di cui potete trovare lo schizzo dettagliato sul sito di paolo e sonja: DITO DONES e ZUCCO DI TERAL. Quando siamo arrivati in cima ha cominciato a piovere seriamente ed abbiamo dovuto accantonare l’idea di attaccare anche la via del grande Casimiro Ferrari allo Zucco di Teral.
Per scendere abbiamo avuto la malaugurata idea di percorrere la ferratina anziché calarci in doppia: come ha avuto occasione di rimarcare il sempre ottimo “Girabachin” quello è «uno dei tratti attrezzati più ignoranti del lecchese». Oltre a folcloristici pioli c’è infatti un tratto di cavo di sicurezza che, senza alcun frazionamento, scende direttamente a terra: l’unico ed apparente scopo di quel cavo è assicurare che si centri correttamente il pianeta Terra in caso di caduta (da evitare!).
Alla prossima!
Davide “Birillo” Valsecchi