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Ex-Rifugio Scerscen

Ex-Rifugio Scerscen

Un tempo, quando la mattina facevo colazione con i Proto-Badgers, mentre ci si preparava per andare in montagna nello stereo risuonava sempre qualcosa di epico. Qualcosa tipo “Estasi dell’Oro”, la colonna sonora del duello finale de “Il Buono, il Brutto ed il Cattivo”, nella versione dei Metallica con l’accompagnamento della San Francisco Symphony (Link). Quando infilavi gli scarponi eri “carico” come uno spacca-montagne quattro-stagioni. Ora, da quando sono genitore, la prima a svegliarsi è la nanerottala e, prima di uscire in montagna, ingollo caffè e biscotti con l’accompagnamento di “Happy Morning Music – Hukulele” (Link). Forse è per questo che Niky, appena sono salito in auto, ha acceso a palla i Sabaton con una lezione di storia in formato Heavy-Metal Discovery Channel (Link).

Nonostante lo stridore di baionette e chitarre elettriche la nostra destinazione non era particolarmente “Cool o HardCore”. Certo, c’era i consueti 1500 metri di dislivello d’ordinanza (devo macinare passi per sistemare le caviglie), ma il percorso si snodava per lo più su una vecchia mulattiera in disuso che risale fino ai 2970 metri di quota dove, appollaiato su un ghiacciaio morente, si trova un rifugio abbandonato: l’ex-rifugio Scerscen.

Tutta la faccenda dello Scerscen mi affascina, è romanticamente decadente e distopica. Fu ideato negli anni ‘70 per diventare un polo per lo sci estivo in Valmalenco. Fu realizzata in economia la strada che porta ai piedi della cresta della Sassa d’Entova e sul crinale, in posizione panoramica sulla Vedretta di Scerscen inferiore, si costruì l’edificio che funzionò dal 1980 al 1985, prima di soccombere ai problemi economici ed al ritiro del ghiacciaio. Per tre anni provarono a tenerlo aperto come semplice rifugio ma senza particolare successo. La grande struttura è quindi chiusa da più di 30 anni, una cattedrale a 3000 metri che vacilla nelle fondamenta man mano che il ghiacciaio si ritira e perde consistenza.

Ero quindi curioso di osservare l’agonizzante vedretta e valutarne le vie d’accesso attraverso il cadavere di quello “sfruttamento-mancato” qual’è il vecchio rifugio/albergo. In realtà lo scenario del ghiacciaio è anche più sconfortante di come potessi aspettarmi: ero arrivato lassù fantasticando di raggiungere il Bivacco Colombo A. Bijelich, nei pressi del Passo di Scerscen a 3122 m, risalendo dal basso tutta la vedretta e navigando lungo le penisole detritiche. Tuttavia la scarsità di ghiaccio superava di molto ogni mia aspettativa: trovare il ghiaccio sembra impresa più ardua che evitarlo…

Le previsioni meteo erano state chiare: “prima o poi piove”. Per questo la nostra piccola escursione aveva una natura prudentemente esplorativa. Eravamo lì solo per fare un giro. Quando però ha cominciato a grandinare la situazione si è fatta divertente! A Lecco, 200m di quota, c’erano 34 gradi. A Chiesa Valmalenco, 900 metri di quota, ce ne erano 19. Ma lassù, a 3000 metri, ai bordi del ghiacciaio morente, fradici di pioggia e “granita”, eravamo decisamente distanti dalla calura di fine Agosto. “Colpa mia!” – ho sghignazzato con Niky – “Ho comprato un paio di pantaloni nuovi: era inevitabile succedesse! Spazziamoci da qui prima che ci si gelino le chiappe!!”.

Aspettare che “la venga buona” non è mai la mia soluzione preferita: ci siamo “tuffati nella grandine” ed abbiamo continuato a camminare cercando di scoprire se finiva prima la strada o la pioggia. Mille metri più sotto non aveva nemmeno piovuto e così, sdraindoci fradici tra i sassi ancora caldi, abbiamo mangiato un panino al salame buono come non mai!!

Preoccupati per il Global Warning? Se vi spaventa l’arretramento dei Ghiacciai sappiate che circa 7000 anni fa il Sahara era una foresta come l’Amazonia, era la “culla dell’umanità” ed ospitava due tra i più grandi laghi di acqua dolce del pianeta. Si ritiene che abbia impiegato meno di 150 anni per trasformarsi nel più grande deserto della Terra. «Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento.» Spalancate le vostre percezioni, oppure estinguetevi…

Davide “Birillo” Valsecchi

Foto: Nicola Bargna

Vedretta Scerscen Inferiore

Vedretta Scerscen Inferiore

I ghiacciai si stanno sciogliendo. Il riscaldamento globale è una pericolosa realtà che il nostro sistema cognitivo individuale non è in grado di percepire autonomamente. Non essendo il problema percepito direttamente dal singolo non vi è possibilità che in tempi brevi, o in maniera condivisa e democratica, sia approntata dall’umanità una soluzione efficace. Alcuni teorizzano che neppure con una “tirannide ecologica” avremmo la capacità di applicare i cambiamenti necessari e sufficienti a scongiurare il tracollo. Altri ritengono che semplicemente sia un fenomeno inevitabile perché legato ed indotto da fattori più ampi, e forse ciclici, dell’aumento del CO2 apportato dall’uomo nell’era industriale.

Come ho detto, questi sono problemi troppo complessi ed estesi perchè siano portata di un singolo indiviso. Tuttavia le strategie di problem solving sono sempre le stesse: a) ridurre un problema troppo grosso in problemi più piccoli b) trarre da ogni problema un opportunità.

Step a) I ghiacciai si stanno sciogliendo. Okay, tra i ghiacciai del mondo scegliamone uno sulle nostre Alpi. Magari in Lombardia. Prendiamone uno a caso, uno in avanzato “stato di decomposizione”, ma che sia facile logisticamente da raggiungere. Okay, prendiamo quello vicino alla casa di Nick: lo Scerscen. Ma non il superiore, invaso dai turisti a caccia di selfie sul Bernina. Prendiamo quello inferiore, quello che era turistico ma che oggi è abbandonato, romanticamente decadente. Quello che è possibile raggiungere senza particolari complicazioni tecniche: lo Scerscen inferiore.

Step b) I ghiacciai hanno un legame diretto con il tempo, non ampio come quello delle stelle o dei pianeti, ma comunque umanamente difficile da comprendere. Dai miei primi, ed approssimativi studi, l’apice dell’ultima grande glaciazione sulle Alpi avvenne più o meno nel 9.700 prima di Cristo, una glaciazione, quella di Würm, che aveva avuto inizio circa 110.000 anni fa. Comprendere il Pleistocene come prima delle due epoche che compongono il Quaternario (iniziato 2,58 milioni di anni fa) è qualcosa che, onestamente, è al di là dagli spazi computazionali della mie mente. Tuttavia mi è chiara una cosa: quello che sta emergendo, “qui ed ora”, dallo scioglimento dei ghiacciai è stato “nascosto” dal ghiaccio per un periodo di tempo superiore ad 11.000 anni. Questo è certamente un problema, ma è indubbiamente un opportunità.

Come disse il famoso esploratore artico Roald Amundsen, “Non esiste avventura, solo cattiva pianificazione”. Per questo la prima tappa di ogni viaggio è doverosamente in biblioteca, o nel mio caso nella “stanza dei libri” (ora in parte occupata dalla nanerottola). Il primo libro da cui partire è certamente una copia di “Ghiacciai in Lombardia”, edito dal Servizio Glaciologico Lombardo nel 1992. Nelle specifico su questa copia è graffettato un biglietto da visita di tale “Avv. Giuliano Sala – Assessore all’Urbanistica e al Territorio della Regione Lombardia” su cui è a penna è riportata la firma, una data ed un augurio “22.07.97 In bocca al lupo! Giuliano Sala”. Il nome non mi suonava nuovo, ma mi ci è voluto un po’ per comprendere che si tratta dell’attuale Sindaco di Milano. Nel ‘97/’98 il Cai Asso aveva in ballo le spedizioni allo Spantik e al Drifika ed è probabilmente per questo motivo che questo “libro-regalo” è finito tra i miei scaffali. Speriamo che gli auguri fossero per il Drifika, scalata con successo, perchè sullo Spantik la nostra piccola sezione prese sonori “calci in culo” proprio sul ghiacciaio!!

So che ne esiste una versione aggiornata, edita nel 2012, ma a caval donato… Riporto qui un breve estratto della descrizione dello Scerscen Inferiore ed alcune foto dell’archivio del Servizio Glaciologico Lombardo come confronto con quelle realizzate più recentemente (il mese scorso) da Niky.

Molto intenso e ininterrotto è stato il ritiro di questo ghiacciaio che nella fase di massima estensione nella Piccola Età Glaciale occupava completamente l’inclinato pianoro ad occidente del Pizzo Tremoggia. La sua lingua scendeva nel Vallone di Scerscen, ma, ostacolata dalla massa del Ghiacciaio Superiore, per mancanza di spazio compiva una brusca deviazione di oltre 90° e occupava la parte destra, ricoprendo a volte in contropendenza alcuni dossi e la valletta che scende dalla Forcella d’Entova. In corrispondenza di questa, sul fianco destro della lingua si formava a partire dal 1910 un lago di sbarramento glaciale, denominato Lago dei Seracchi, nel quale galleggiavano numerosi icebergs. Dopo il 1920 il lago raggiunse la sua massima estensione; poiché era sostenuto a valle solamente dalla parete laterale della lingua in riduzione, si svuotò parzialmente nella notte tra il 6 e il 7 agosto 1924 senza recare danni a valle. Riformatosi poi nei due anni successivi, si svuotò completamente il 10 agosto 1927 per un probabile distacco del ghiaccio dal fondo roccioso. I danni furono notevoli: l’acqua del lago, valutata in mezzo milione di metri cubi, scendendo dalla forra sottostante; distrusse baite e ponti fino a Lanzada (988 m) ove asportò la diga di presa di un impianto idroelettrico. L’onda di piena fu avvertita fino a Sondrio (Corti, Nangeroni, 1929). Quest’ultimo descrive la fronte nel 1928 come alquanto articolata con due lingue maggiori ancora confluenti con quella del Ghiacciaio Superiore. Il distacco avvenne a metà degli Anni Quaranta e le misurazioni alla lingua di destra iniziarono nel 1950 ad opera prima di Riva e poi di Saibene, Smiraglia, Catasta; da allora questa fronte si ritirò senza interruzioni fino ad oggi arretrando nel complesso di circa 900 m. Il settore di destra del ghiacciaio sta subendo attualmente le maggiori modificazioni, con la formazione di un’altra lingua che dal 1989 al 1990 si è ritirata di ben 216 m, mentre quello di sinistra ha mostrato minori riduzioni, con una piccola pulsazione positiva nel periodo 1980-1985. AI centro della fronte dopo il 1963 è venuto scoprendosi un lago che ancor oggi il ghiaccio lambisce.
Testo di Guido Catasta

SCERSCEN INFERIORE Catasto CGI: 432 WGI: 1-4L01123-01 432.0
Tipo: montano
Quota max bacino: 3593 m
Lungh. max: 4100 m
Sup. accumulo: 112 ha
Forma: circo-pendio
Quota max: 3360 m
Largh. max: 2300 m
Sup. scoperta: 587 ha
Alim.: diretta + valanghe
Quota minima: 2550 m
Largh. media: 1440 m
Sup. totale: 590 ha
Esp.: E

Lat.: N462100 Inclinaz. media: 11° Anno del rilievo: 1990
Long.: E095100 Alt. mediana: 2930 m Attività: regresso forte
UTM: 32TNS 6620 3340 S.L.: 3100 m AAR: 19 Operatore: G. Catasta

Morfologia di un ghiacciaio

Morfologia di un ghiacciaio

Certo, nel Lario i ghiacciai si sono “estinti” da parecchio tempo e nonostante tutto le previsioni del tempo non sono così pessime da suggerirne la ricomparsa. Tuttavia i ghiacciai sono un’ambiente davvero speciale e tipico delle  le nostre Alpi. Per tanto credo ogni appassionato di montagna dovrebbe conoscerne le nozioni fondamentali.

Sul territorio italiano i ghiacciai più vicini a noi  sono il Ghiacciaio del Ventina ai piedi del Disgrazia, la Vedretta della Spianata sulla sommità del pizzo Tambò in Vallespluga ed  il Ghiacciaio dei Forni in alta Valtellina.

Un ghiacciaio si forma grazie ad un lungo processo di trasformazione di quella che possiamo considerare neve perenne, ossia quella neve che non si scioglie o sublima durante l’estate ma che riesce a perdurare nel tempo. Questa neve, per effetto del gelo e della compressione, si trasforma attraverso stati intermedi fino a diventare ghiaccio vivo nell’arco di un centinaio d’anni.

Descrivere tutti i complessi processi che caratterizzano un ghiaccio richiederebbe davvero uno spazio molto abbondante e per tanto iniziamo definendone la morfologia e le caratteristiche principali.

Innanzitutto un ghiacciaio si divide in due zone principali: il bacino collettore, dove si accumulano le precipitazioni nevose e dove avviene la trasformazione della neve in ghiaccio, ed il bacino ablatore, o di erosione, dove questa massa di ghiaccio defluisce principalmente per effetto della gravità. Un ghiaccio è infatti da considerarsi in costante movimento e la velocità di questo moto dipende da numerosi fattori esterni ed interni.

Ciò che di questo lento traslare interessa maggiormente gli alpinisti  è l’effetto che esso crea sulla sua superficie del ghiacciaio. Le tensioni dovute alle diverse velocità di deflusso causate dai cambi di pendenza, strozzature, ostacoli e accidenti del letto di scorrimento provocano nella massa di ghiaccio in movimento delle spaccature più o meno profonde. Tali spaccature sono definite comunemente crepacci e rispetto alla loro posizione all’interno del ghiacciaio si distinguono in:

  • crepacciate terminali ovvero spaccature più o meno ampie situate nella parte alta del ghiacciaio al limitare del bacino di alimentazione. Separano la parte in movimento del ghiacciaio da quella parte di ghiaccio che rimane fissa sulle pareti delle montagne che circondano il bacino di alimentazione.
  • crepacci marginali situati nella parte laterale del ghiacciaio a contatto con le pareti del letto di scorrimento del ghiacciaio.
  • crepacci centrali situati appunto nella zona centrale della lingua ghiacciaio.
  • crepacci frontali situati sulla fronte della colata del ghiacciaio.

Esistono due principali tipologie di crepacci: quelli a forma di “V” (a volte detti anche a “Y”)  sonofenditure più o meno larghe in superficie ed in progressivo restringimento verso il fondo,  oppure i crepacci a forma di “campana”, ossia più o meno stretti in superficie hanno le pareti interne che si allontanano scendendo verso il fondo.

Quando il letto di scorrimento si affaccia su di un brusco cambio di pendenza, dovuto ad una scarpata o ad un dirupo, nel ghiaccio si producono delle fratture molto più marcate ed evidenti che provocano la formazione di blocchi di ghiaccio accavallati. Questi crolli e queste fratture danno luogo ad un paesaggio caotico e tormentato di crepacci e blocchi di ghiaccio che prende il nome di seraccata.

Crepacci e seracchi, essendo provocati dalle cause sopracitate, si vengono a trovare sempre nello stesso posto e sono normalmente segnalati nelle carte topografiche.

Potremmo ancora dilungarci sul deflusso dell’acqua all’interno del ghiacciao o affrontare la diversa tipologia di ghiacciaio (alpini, himalayani, pirenaici, scandinavi, ecc) o sulle diverse tipologia di morena, tuttavia credo che per ora questa introduzione possa bastare per aiutare i neofiti ed abbastanza concisa per non far cadere sulla mia testa aspre critiche da pate degli esperti.

Resta chiaro per tutti che il ghiacciaio è per la sua natura selvaggia e mutevole uno degli ambienti più difficili e pericolosi e, come tale, non dovrebbe mai essere affrontato da soli e privi delle nozioni e dei materiali necessari a garantire una progressione in sicurezza.

Davide Valsecchi

[Ringrazio la Sezione Escursionisti Milanesi del Club Alpino Italiano (http://www.caisem.org) per le dispense da cui ho attinto l’immagine del ghiacciaio e parte dei testi]

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