Hans Meyer, geologo ed espoloratore tedesco, raggiunse la cima del monte Kilimanjaro, 5980mt, il 5 ottobre del 1889 diventando il primo europeo a mettere piede sulla cima del gigante africano.
Nello stesso periodo anche l’incredibile figura di Luigi Amedeo di Savoia, il famoso Duca degli Abruzzi, esplorava l’africa conquistando le maggiori vette del Ruwenzori in Congo.
Il Kilimnajaro era una montagna che per me conservava ancora il fascino di questi viaggi di inizio ‘900. Per questo, quando Enzo mi aveva proposto di accompagnarlo in Tanzania, volevo assolutamente vederla e provare a salirla. Studiando la montagna però ho scoperto che ogni anno quasi 20.000 persone raggiungono la sua vetta e che per poter tentare la salita si devono seguire rigorosamente regolamenti e pratiche burocratiche ed economiche. In Ladakh, per salire i 6130 metri dello Stok Kangri, ho pagato una tassa di 80dollari a cui aggiungere il vettovagliamenti ed il giusto salario del mio amico Juma che mi ha accompagnato nella salita. Un giusto prezzo credo. In Tanzania per salire il Kilimanjaro è necessario pagare una tassa d’ingresso di 60 dollari a testa ogni 24 ore, più un’altra serie di tasse giornaliere ancor prima di avvicinarsi alla montagna. A conti fatti costa più il biglietto d’ingresso che le persone ed i portatori che ci aiutano nella salita.
Paricolare ancora più curioso, o inquietante, è che nel cuore dell’Africa si accede al parco solo grazie ad una tessera magnetica precaricata con i crediti necessari alla propria permanenza che va attivata entrando ed uscendo dal parco. Ancora più inquietante è che tale tessera non può essere “caricata” in contanti, nemmeno in valuta forte: il parco, per avere la garanzia di accreditare eventuali giorni suplementari, esige che il pagamento sia elettronico via carta di credito. «Serve una carta di credito per salire il Kilimanjaro, stupido io che volevo usare gli scarponi.» Mentre studiavo questi dati, arrovellandomi con la calcolatrice, continuava a tornarmi in mente King Kong, il film in bianco e nero: vedevo quel gigantesco scimmione attaccato da aerei giocattolo, lo vedevo cadere al suolo dove minuscoli uomini ne salivano trionfanti il cadavere. Ecco il rumore dei sogni che si infragono.
Perplesso sono andato a parlare con Enzo: “Non voglio raccontare la storia di una montagna a gettoni. Enzo, non voglio vedere una montagna tanto speciale ridotta ad un Luna Park d’alta quota.” Enzo, come già in passato, ha risollevato il morale con una frase semplice: “Mi fido di te Birillo. Abbiamo un invito a Zanzibar, poi trova tu qualcosa che valga la pena vedere, qualcosa che sia importante raccontare. Traccia la rotta e ci andiamo.” E’ un compagno di viaggio eccezionale!!
Dove andiamo? Bhe, quando l’estremo diventa estremamente stupido si deve affrontare un viaggio dentro se stessi cercando quello che veramente si vuole scoprire. In Tanzania esistono due tipi di montagne: le più note sono quelle vulcaniche, come l’imponente Kilimanjaro, che si estendono nelle regioni settentrionali formando la Rift Valley, una delle mete turistiche principali del paese. Il secondo tipo sono le montagne che formano la catena montuosa dell’ Arco Orientale: montagne di orgine non vulcanica che si estendono nella parte sud del paese. Fanno parte della catena le montagne Uluguru che ospitano alcune tra le foreste più antiche dell’Africa. Meno alte dei massicci vulcanici del nord, la vetta più alta è 2600 metri, sono inserite in un contesto naturale e sociale molto particolare formando un ecosistema speciale.
Il nuovo piano è attraversarle per poi raggiungere, al confine con lo Zambia, la parte Sud del Lago Tanganika, il secondo lago più grande al mondo che è stato scoperto solo nel 1858. Fregiarmi del “Kilimanjaro” solleticava il mio orgoglio ma, alla fine, ho capito che non è quella la mia natura, non è quello che cerchiamo nei nostri viaggi. Forse il nostro viaggio non avrà il clamore della spedizione ad un 6000 ma, nonostante le numerose incognite che ora ci si parano davanti, ha il sapore genuino dell’esplorazione, del contatto autentico.
Mi piace, mi piace cambiare idea e migliorare. Non so come potrete giudicare queste nostre scelte, forse qualcuno resterà deluso o forse, come me, ancora più elettrizzato. Partiamo per l’Africa e siamo intenzionati a scoprirla con lo sguardo, forse ingenuo ma poetico, che ha contraddistinto ogni nostro viaggio. Si parte!!
Davide “Birillo” Valsecchi