Qual’è la differenza tra un “astronauta” ed un “cosmonauta”? La domanda può sembrare semplice ma la risposta non lo è altrettanto. Negli Stati Uniti sono considerati astronauti, Astronauts, coloro che superano un’altitudine di 50 miglia mentre in Russia Kosmonavt, traslitterato in cosmonauta, è la parola russa che identifica chi ha compiuto un viaggio nello spazio e deriva infatti deriva dall’unione dei termini greci kosmos -universo- e nautes -navigatore.
Spazio e Cosmo nella diversa interpretazione di due super potenze terrestri.
Davide ed Enzo sono rimasti colpiti nello scoprire che Samantha Cristoforetti, l’ufficiale italiano che sarà la prima donna italiana nello spazio, durante il suo addestramento ha dovuto acquisisce tra le tante discipline anche la padronanza della lingua russa.
Conoscere il russo è un requisito prioritario per operare sull’ISS, la Stazione Spaziale Internazionale orbitante attorno alla terra. Durante i sei mesi, seguendo l’orbita della ISS, il controllo missione a terra passa dalle mani della NASA, l’agenzia spaziale statunitense, alla FKAR, l’agenzia spaziale della Federazione Russa altresì nota come RKA o FKA o ancora Roscosmos. Gli astronauti presenti sono quindi costretti a parlare russo per comunicare con il controllo missione.
In un mondo dove l’inglese appare come lo standard linguistico, più o meno ufficialmente, riconosciuto in ambito internazionale, questo cambiamento di lingua può apparire come un’anomalia, un retaggio della guerra fredda. In realtà alcuni retroscena nonché la storia della conquista dello spazio giustificano ampiamente quest’esigenza.
Fu infatti russo il primo oggetto artificiale posto in orbita attorno alla Terra e sempre russo il primo uomo a volare nello spazio. Aver “perso” la guerra fredda ha scalfito l’orgoglio russo ma non lo ha certo piegato. Dopo il burrascoso periodo postsovietico, in cui la mancanza di fondi ha danneggiato gravemente le infrastrutture russe (fra cui si annovera la distruzione del Buran, la versione sovietica dello Space Shuttle), la rinascita economica russa ha portato miglioramenti anche per il settore spaziale, con nuovi programmi mirati uniti a concrete attività commerciali.
Uno dei progetti in cui la Roscosmos si è impegnata è stata la costruzione della Stazione Spaziale Internazionale (furono sempre russe le prime stazioni spaziali), nonché fornire uno dei mezzi utili per agganciarsi alla ISS: la navicella Soyuz.
Il progetto Soyuz, nome che identifica sia il vettore che la navicella, è un progetto che ha poco meno di cinquant’anni: la prima missione è infatti del 1963. Oggi l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) chiede “passaggi” ai russi per i propri astronauti su questi mezzi.
Ma gli Americani? Mentre la Roscosmos viveva un periodo di grande difficoltà per il crollo dell’URSS anche la situazione della NASA è andata, sotto alcuni punti di vista, a peggiorare: dopo le conquiste fatte durante la guerra fredda, l’interesse per lo spazio è scemato nel pubblico americano e questo ha portato a tagli nel budget per la ricerca e condizionato scelte tecniche in funzione della politica.
La NASA è un ente pubblico e come tale dipende i suoi fondi dipendono dal Congresso (il parlamento americano) e dall’interesse degli elettori: si potrebbe dire, in un certo, che il successo americano ha provocato il suo declino.
Il programma dello Space Shuttle è emblematico da questo punto di vista: l’idea di avere un mezzo spaziale riutilizzabile, concettualmente vicino ad un aereo di linea, è stata “vincente” per ravvivare l’interesse del pubblico americano ed è stato un ottimo alfiere della tecnologia americana nel mondo.
Tuttavia lo Space Shuttle non è esente da difetti e presenta alcuni limiti tecnici: un’intenso e prolungato lavoro di manutenzione ed una capacità di carico che si è dimostrata via via sempre più limitata: 24 tonnellate di carico utile per circa 2’000 tonnellate di peso al decollo contro, ad esempio, un vettore Proton che può portare 20 tonnellate con un peso al decollo di poco meno 700 tonnellate.
Lo Shuttle è un progetto basato sulla sicurezza e sull’affidabilità dei componenti, la cui riutilizzabilità e l’effetto propagandistico oltre al suo costo intrinseco hanno spinto la Nasa ad estendere l’utilizzo dello Space Shuttle ben oltre quelli che erano i limiti temporali prefissati.
Non si è quindi pensato ad un sostituto nel breve periodo, confidando nella bontà del progetto shuttle. La doccia fredda che è arrivata a seguito delle ultime problematiche tecniche, dovute anche alla “vecchiaia” delle strutture, occorse nei vari lanci. L’apice di queste problematiche si è manifestato a tutti con la distruzione dello Space Shuttle Columbia e la perdita degli astronauti a bordo. Un’esplosione in mondo visione che ha infranto la speranza di poter utilizzare lo Shuttle nei prossimi anni.
Gli Americani non hanno alternative valide se non il ritorno alla tecnologia dei razzi vettore. Tuttavia anche il progetto Ares V, il discendente diretto dei missili Saturn che hanno portato l’uomo sulla Luna, non sarà pienamente operativo se non fra poco meno di una decina di anni. Tutto accompagnato da diatribe interne fra NASA e Amministrazione USA su quali progetti portare avanti e quali, eufemisticamente, “congelare”.
Per questo motivo la NASA sarà costretta a ridurre le missioni spaziali, ad utilizzare razzi vettori con carichi limitati alle sole cose, e dovrà affidarsi nel prossimo futuro a vettori spaziali stranieri, come quelli offerti da Russi, per le missioni con personale umano.
Ciò ha “favorito” la posizione russa, in quanto presente sul “mercato” da molto più tempo degli altri “competitors” spaziali e dotata del prestigio che ricordavamo. I Russi hanno quindi buon gioco ad imporre la propria lingua.
Non ufficialmente, sia ben chiaro, ma il discorso è molto semplice: o parli russo o stai a terra.
Giulio Malinverno e Davide “Birillo” Valsecchi
Ps: prima o poi Giulio ci racconterà anche dei taikonauti, gli astronauti cinesi così come sono chiamati qui in occidente.