Sono ancora maledettamente addormentato. Litigo con la macchinetta del caffè quando finalmente riesco a riempirmi una tazza di una brodaglia scura che qui a Berlino chiamano “Kaffee”. Quattro bustine di zucchero cercando di infilare in corpo un po’ di energia e di sapore nell’oscuro liquido.
Sul maxi schermo della sala per le colazioni c’è il canale satellitare di BloombergTv. Ascolto senza audio l’apertura delle borse e l’inondazione in Australia: il “vino tinto” della taverna spagnola di ieri sera ancora ronza nella testa, mi sento come un alieno precipitato a Berlino in un giorno d’inverno.
Attorno a me è pieno di stranieri: tecnici ed ingegneri in giacca e cravatta. Siedono tutti da soli, con il portatile aperto ed il tavolo affollato di piattini e tazze con cui hanno saccheggiato il buffet dell’albergo.
Si ingozzano con la testa china sullo schermo indifferenti ma connessi al mondo che li circonda. Avidi, ingollando brioches e sbriciolando sulla tastiera, mentre controllano la posta e l’infinita lista di email che scorre su “OutLook”.
Quando Bruna dice che sono un “drogato di Internet” dovrebbe vedere come questa gente, sbarbata e lustrata, fa colazione “a sbaffo e wi-fi”.
Ho nello stomaco solo mezza tazza di “wanna-be coffee” e quello che resta dell’entrecotte argentina di ieri: ho decisamente bisogno di una boccata d’aria. Esco in strada mentre si dirada una leggera pioggiolina e sull’ingresso arrivano anche Enzo e la “Zia”: “Destinazione Museo della Fotografia?”. Certo, apro la carta e siamo di nuovo in movimento: destinazione Helmut Newton Foundation.
Newton, pseudonimo di Neustädter, è uno dei fotografi berlinesi più famosi del ‘900 ed è un personaggio interessante. Nato negli anni ’20 da genitori ebrei scappò dalla Germania per sfuggire alle leggi raziali. Per fuggire si imbarcò a Trieste a bordo del “Conte Rosso” alla volta di Singapore.
Il Conte Rosso accende una lampadina nella mia memoria: era infatti un piroscafo che venne requisito dalla Marina Militare a Genova ed adibito al trasporto di truppe in Libia durante la seconda guerra mondiale. Il 24 maggio 1941 un sottomarino Inglese lo silurò affondandolo. A bordo di quella nave vi era un mio concittadino assese: Anacleto Morosini. Anacleto rimase per 40 ore naufrago in mare al largo di Siracusa fino a quando non fu raccolto dalle navi accorse in soccorso. Il Conte Rosso, Anacletto e Helmut Newton: il mondo è piccolo per davvero…
Newton, durante la guerra, prese servizio nell’esercito australiano ed alla fine del conflitto sposò l’australiana June Browne, nota come fotografa con lo pseudonimo di Alice Springs.
Prima per Playboy e poi per Vogue, Harper’s Bazaar, Elle, GQ, Vanity Fair, Max e Marie Claire: Helmut, catturando nudi femminili in bianco e nero, si fece strada tra le più importanti riviste internazionali diventando fotografo per Chanel, Gianni Versace, Blumarine, Yves Saint Laurent, Borbonese e Dolce & Gabbana.
Morì a Los Angles sbattendo in macchina contro il muro dell’albergo dove aveva soggiornato per anni. Ora riposa nel cimitero di Berlino accanto a Marlene Dietrich, la più nota attrice tedesca ed icona mondiale del cinema in bianco e nero del ‘900.
Il Fotografo e la Diva: credo che avranno di che farsi compagnia…
Davide “Birillo” Valsecchi