Berliner Fallout: capitolo #04

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Nel 1975 il canadese John Runnings tentò di abbattere il muro con un martello ma fu ferito dai proiettili delle guardie sovietiche.
Nel 1975 il canadese John Runnings tentò di abbattere il muro con un martello ma fu ferito dai proiettili delle guardie sovietiche.

Francis Gary Power, un nome che può sembrare distante ma che invece gioca un ruolo solo apparentemente marginale nella storia del muro di Berlino. Alla fine della seconda guerra mondiale la Germania fu divisa in quattro parti ed anche la città di Berlino fu ripartita in quattro settori: americano, francese, inglese e sovietico.

Questa soluzione, adottata alla Conferenza di Potsdam dell’agosto 1945, doveva durare solo fino alla firma definitiva del trattato di pace ma purtroppo diede vita ad una situazione di instabilità che si risolse solo nel 1990, ben 45 anni dopo.

Se la Germania era di fatto semplicemente divisa in due, Est ed Ovest, Berlino era una città governata da quattro nazioni all’interno della Germania dell’Est controllata dai Sovietici. Con la chiusura delle frontiere nel ’52, Berlino divenne in tutta la Germania dell’Est il posto migliore da cui tentare la fuga verso l’Ovest:  un “loophole” dove si accentravano tutte le tensioni e gli accordi delle quattro superpotenze.

Attraverso Berlino circa tre milioni e mezzo di tedeschi dell’Est, il 20% dell’intera popolazione, scappò all’Ovest. A fuggire erano soprattutto tecnici, lavoratori specializzati, ingegneri e figure professionali a cui i Sovietici non erano intenzionati a rinunciare.

Nel Novembre  del 1958, il Premier Sovietico Nikita Khrushchev diede un ultimatum alle potenze occidentali: “Entro sei mesi lasciate Berlino e permettete alla città di tornare una zona demilitarizzata all’interno della Germania dell’Est”. I paesi alleati risposero ribadendo il loro diritto legale di presidiare la città.

La situazione si stava facendo seria ma americani e sovietici decisero di incontrarsi ed è significativa la fra se che Eisenhower, Presidente Usa, disse a Khrushchev, Premier Sovietico, durante l’incontro a Camp David: “Non c’era niente di più inopportuno in questa situazione che parlare di ultimatum, dal momento che entrambe le parti sanno molto bene che cosa accadrebbe se un ultimatum dovesse essere attuato”.

Krusciov rispose che non capiva come un “trattato di pace” (peace treaty) potesse essere considerato dal popolo americano come una “minaccia alla pace” (threat to peace). Eisenhower ammise  che la situazione di Berlino era “anormale” e che “le vicende umane prendono una brutta piega, alle volte.”

Krusciov sembrava fiducioso e riteneva possibile un accordo nella successiva conferenza che si sarebbe tenuta a Parigi. Purtroppo qui fa il suo ingresso nella storia Francis Gary Power, il pilota dell’aereo spia U2 che fu abbattuto negli spazi aerei sovietici: lo scandalo che ne emerse fece saltare la conferenza di Parigi e le sue speranze.

[ E’ interessante notare che gli U2 decollavano dal Pakistan e questo fa capire come già allora la “guerra fredda” coinvolgesse molti dei paesi che oggi sono parte della “guerra al terrorismo”. ndr]

Ad Eisenhower, che era nato alla fine dell’800 ed era stato comandante in capo delle Forze Alleate in Europa durante la Seconda guerra mondiale, succedette un giovane presidente, il primo nato nel ventesimo secolo: John Fitzgerald Kennedy.

Le prime parole che disse parlando di Berlino furono: “Noi cerchiamo la pace, ma non ci arrenderemo”. Successivamente chiese al Congresso di rafforzare la presenza militare nella Berlino Ovest.

“Niemand hat die Absicht, eine Mauer zu errichten!”, nessuno ha intenzione di costruire un muro, disse Walter Ulbricht, Presidente della Germania dell’Est, quando chiese con forza ai Sovietici di fermare l’esodo della popolazione del suo paese. Quella fu la prima occasione in cui si parlò del muro due mesi prima che fosse cominciata la sua costruzione.

Alla mezzanotte del 15 Agosto 1961 i confini furono chiusi: la gente andava fermata, andava impedito che lasciassero il paese, che decidessero dove vivere ed erano pronti a farlo anche con la forza se necessario, anche con un muro.

Il Presidente Kennedy ebbe a dire “It’s not a very nice solution… but a wall is a hell of a lot better than a war”. (Non è una soluzione molto buona… ma un muro è un inferno di gran lunga migliore di una guerra)

Davide “Birillo” Valsecchi

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