La maggior parte delle foto di “Cima” pubblicate in questi anni sono state scattate con una modestissima ma gloriosa macchinetta digitale. Dopo tre anni di viaggio ed un sacco di botte fa ancora il suo dovere ma comincia sempre più spesso a macchiare le fotografie e l’obbiettivo, buono ma comunque piccolo, mostra tutti i suoi limiti appiettendo spesso l’immagine.
E’ una fotocamera molto economica e nonostante i suoi 8 megapixel non può essere certo paragonata alle reflex digitali, di sicuro più costose e meglio performanti. Io non mi sono mai sentito un fotografo e la mia macchinetta serviva come “ruota di scorta”: foto veloci da mettere sul sito a supporto dei racconti.
Con il suo telaio in metallo si è sempre distinta in robustezza (una volta Bruna gli ha letteralmente camminato sopra!) e grazie alle sue pile a stilo è sempre “viva” anche nei viaggi molto lunghi e quando è difficile ricaricare le batterie. Qualcuno millanterà il contrario ma è sempre stata lei la vera “testimone” dei viaggi di questi anni.
Essendo molto economica ha una caratteristica particolare che ho imparato a sfruttare in questi anni: si lascia imbrogliare. Il sensore, che come ripeto è molto economico, in certe situazioni particolari di luce, come ad esempio dopo un temporale o in un contro sole, ci mette parecchio tempo a regolare l’autofocus. Sfruttando adeguatamente questa “indecisione” ho imparato a fargli forzare lo scatto ottenenendo un strano bilanciamento tra la luce e le ombre.
Il risultato è quello che chiamo “mondi impossibili”, immagini surreali dove il contrasto ed i colori assumono toni quasi fantastici. Spesso ciò che è in primo piano viene completamente annerito costringendo chi guarda la foto a tuffarsi nell’orizzonte.
Questo “trucchetto” rende interessanti le fotografie scattate dopo la piaggia quando la luce diviene particolarmente viva, condizione che rende più facile “imbrogliare” la mia macchinetta con soggetti affascianti e misteriosi come lo nuvole o il profilo delle montagne.
Di pioggia durante il viaggio dei Flaghéé ne abbiamo avuta molta e le occasioni per catturare “mondi impossibili” non sono certo mancate. Non ho la pretesa di essere un fotografo ma credo che alcuni di questi scatti siano in grado di stuzzicare la fantasia, di lasciare libero lo sguardo attraverso un mondo simile a quello reale ma carico di sentimenti e sensazioni che sono sopratutto personali ed intime.
Eccovi alcuni “Mondi Impossibili del Lario”: