Ticket Please

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Avevo più o meno undici anni ed era una delle prima volte che seguivo mio padre nei suoi viaggi tra le montagne del Friuli. Il viaggio era lungo, oltre 500 chilometri, sei sette ore attraverso tutta la Pianura Padana.  Spesso si partiva di notte, mio padre finiva di lavorare il venerdì sera e poi  ci si metteva in macchina e via, verso le grandi montagne della Carnia.

Io mi divertivo un sacco a viaggiare con lui, era come un “amico grande” e per tre giorni saremmo stati due maschi in giro per monti. A casa ero solo un bambino che doveva fare i compiti ed ascoltare i rimbrotti dei genitori, in viaggio invece ero parte di un’avventura ed avrei mostrato tutto il mio valore!

Non ricordo più che macchina avessimo ma ricordo che ad un casello dell’autostrada mio padre mi consegnò il ticket del pedaggio: “Tienilo tu, non lo perdere. Mi raccomando“.  Le ore passavano però lente ed il sonno cominciava a fiacchare la mia resistenza. Volevo fare l’esploratore ma ero pur sempre un bambino e così, avvolto dalle cinture di sicurezza, mi addormentai sul sedile stringendo il prezioso biglietto tra le mani.

Il mondo ed i ricordi sono strani alle volte. Ricordo di aver riaperto gli occhi, ricordo le luci gialle lampeggianti del casello, il rumore delle macchine. Era tutto un po’ sfuocato perchè riemergevo dal sonno: “Davide dove è il biglietto?”. Ricordo di aver guardato le mie mani, il biglietto doveva essere lì, ben saldo tra le dita ed invece…. PANICO! Il biglietto non c’era più, mi ero addormentato e lo avevo perso! Avevo fallito il mio compito, ero venuto meno ai mei doveri!

Agitato come se ci avesse travolto un Tir cercavo disperato nel buio dell’automobile il piccolo pezzo di cartone. Dove era finito!? Come avevo potuto lasciarmelo sfuggire! Cosa sarebbe successo ora? Ci avrebbero arrestato? Ci avrebbero fatto pagare una multa tanto terribile da trascinare tutta la mia famiglia nella povertà e nella disperazione? Ero io la causa di tutte le sciagure che ci avrebbero travolto?

Mio padre parlava con l’uomo al di là del vetro, il casellante. Io ero troppo impegnato nella mia mortificata ricerca per comprendere cosa stessero dicendo. La macchina si mise in moto e cominciò ad avanzare.Era tutto apposto o stavamo fuggendo?

Ma il nostro moto fu breve e ci fermammo qualche metro oltre la bariera affiancando una grossa luce gialla. Mio padre accese la luce dell’abitaccolo e si mise a cercare sotto il sedile. Io ero ormai pietrificato, stavo “sabotando” tutto il viaggio: lui si era fidato di me ed io ero venuto meno al mio compito, avevo perso il biglietto!

“Dai, alzati un secondo che vediamo se ti ci sei seduto sopra” E quello stramaledetto biglietto era lì, incastrato tra la spalliera e la seduta del sedile. Mio padre lo prese e scese dalla macchina mentre lo osservavo attraverso il lunotto posteriore avanzare nella notte verso le luci del casello. Alto con le gambe lunghe stava rimediando al guaio che avevo creato sfidando la notte, le auto ed i poliziotti del casello e dell’autostrada. Tutto per colpa mia! Che ne sarebbe stato di me? Avrei potuto superare tanta vergogna?

Quando rientrò in macchina ero in silenzio, non c’era nulla che potessi dire. Prima di spegnere la luce del lunotto lui mi guardò serio. Ci siamo, era il momento, ora tutte le mie colpe sarebbero ricadute giustamente su di me. Lui fermò ancora un secondo a guardarmi: “Tutto bene? Hai una faccia!! Ti sei preoccupato? Ma dai! Succede, capita. Anche io una volta l’ho perso ma non è grave, si risolve. Su, su!”. Spense la luce, accese l’automobile e riprese a guidare ridendo.

Io ero ancora immobile nel mio sedile ma tutta la paura e la colpa erano sparite. Ero felice, felice come sarebbe impossibile descrive: io e lui eravamo di nuovo in viaggio!

Ora ho più o meno l’età che aveva lui allora. Sono seduto su un noiosissimo treno che sende verso sud. In mano ho nuovamente un biglietto di cartone mentre il sonno si fà pesante sui miei occhi. Lo stringo tra le dita mentre i ricordi riemergono dal passato aprendosi in un sorriso: “No, questa volta non perderò il mio biglietto“.

Davide Valsecchi

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