Diario dall’Apocalisse

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Il mio nome è Davide Valsecchi, questo è il diario del mio 8° giorno dall’inizio dell’apocalisse. Prima che tutto questo accadesse scrivevo spesso mentre ora questa è la prima volta che ho la possibilità di raccontare ciò che è successo.

Con me ci sono tre persone. Eravamo riusciti a radunare un gruppo più numeroso, quasi 60 adulti, ma fuggendo attraverso la foresta siamo stati attaccati. Ci hanno inseguito in branchi: vedono al buio e sono terribilmente veloci. Non avevamo nessun riparo dove barricarci, ci hanno disperso e fatto a pezzi nonostante avessimo tentato una difesa con alcuni fucili da caccia. Ci hanno travolto.

Noi quattro ci siamo salvati improvvisando una calata giù da una scogliera rocciosa che scendeva verticale sul fiume. Ho legato i 40 metri di corda che avevo con me ad una pianta e, senza altro equipaggiamento, ci siamo calati. Non avevo alternative, non ho potuto organizzarmi diversamente e due persone, perdendo la presa sulla corda, sono precipitate durante la discesa.

Gli occhi rossi di quelle creature brillavano in cima alla scogliera mentre ci osservavano. Non hanno toccato la corda (che ho dovuto abbandonare) e non hanno usato alcun tipo di arma a distanza: ci hanno semplicemente guardato ringhiando mentre la foresta riecheggiava di urla. Non ho mai provato tanta rabbia e tanta paura in vita mia.

Con il mio piccolo gruppo ho iniziato a fuggire lungo il fiume discendendolo. L’inverno è selvaggio e violento come quelle creature: non possiamo scappare sulle montagne in questo modo, non avremmo scampo contro il freddo. Ho cercato di aggirare il branco che ci inseguiva tornando ai margini del paese: abbiamo bisogno di recuperare quanto più possibile dalle case prima di tornare a nasconderci.

Questo accadeva tre giorni fa. Ora siamo rifugiati nella cisterna vuota di un vecchio acquedotto a nord del paese. E’ una struttura in cemento nascosta tra la vegetazione con un’unica porta d’accesso molto robusta. Il vicino fiume inghiotte ogni rumore e nasconde il fumo del piccolo fuoco che riusciamo ad accendere.

Credo vedano perfettamente al buio e così mi muovo per lo più di giorno, non posso nascondermi ma posso sfruttare al massimo la visibilità della luce. Ho già fatto tre viaggi in paese riempiendo lo zaino di quanto potevo. Non ho incontrato nessuno di loro laggiù: non c’è corrente elettrica, non funzionano né telefoni né cellulari. Non ho trovato cadaveri, né loro né nostri. Non ci sono altri superstiti.

Non credo resisteremo a lungo. Avremmo qualche possibilità di ricominciare se andassero via ma trovo impossibile, nelle attuali condizioni, che si riesca a respingerli. In meno di quattro giorni ci hanno spazzato. Non so se da qualche parte esista una resistenza organizzata.

Credo che tutto sia ormai perduto: tutto il mondo di cui eravamo parte è scomparso e con esso le persone che abbiamo amato. Combattiamo al fianco di sconosciuti in una fratellanza anonima e disperata fatta di paura e di egoismi. Siamo all’inferno e possiamo comportarci solo come demoni dando battaglia per la nostra anima.

Ho con me la carabina di mio padre: è un bellissimo fucile ed il calibro dovrebbe essere sufficiente per abbattere una di quelle creature se riesco a sorprenderla dalla distanza. Domani lascerò la cisterna e ciò che resta dei miei compagni e mi metterò in cammino. Ho quello che mi serve per resistere all’inverno altri tre o quattro giorni. Sono stufo di scappare, domani andrò a caccia. Voglio provare ad ucciderne uno, voglio vedere cosa succede e cosa fanno dei loro morti.

Ho anche disegnato su di una lastra di lamiera la mappa della valle indicando un punto d’incontro che possiamo osservare dalla montagna. Ho riportato poi, in inglese ed italiano, le condizioni del nostro piccolo gruppo. Non credo che le creature possano interpretarlo. Lo lascerò domani in vista sulla via centrale del paese: forse prima o poi qualcuno verrà ad aiutarci.

Davide Valsecchi
«Diario dall’Apocalisse»

Questo è un racconto di fantasia (si spera). Alcuni amici l’hanno letto prima che lo pubblicassi e mi ha divertito osservare come ognuno di loro abbia connotato le “creature” in modo diverso. Io sono stato volutamente vago e qualcuno ha pensato agli zombi, altri agli alieni, altri ancora a creature infernali.

Io li ho immaginati come bestie pelose simili ai lupi, animali da combattimento di una cultura aliena liberati sulla terra così come sì farebbe con i gatti per eliminare i topi: l’avanguardia “low tech” di una spregiudicata conquista extra-terrestre.

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