«Sono dieci giorni che sono malato!» Racconto al telefono a Mattia. «Anche io sto uno schifo da Venerdì» mi risponde lui. «Bhe, allora al diavolo tutto ed andiamo ad arrampicare!» la buttò là. «Bene, domani alle due sotto al SEV ai Corni!». Risponde lui. Andata!
Alle undici mi metto in cammino. Risalgo a piedi la cresta di Cranno, uno degli itinerari in assoluto più lunghi, con la speranza che una sana sudata mi dia un po’ di tregua dalla tosse che mi tormenta. Due ore più tardi ho nelle gambe sei chilometri in salita e quasi mille metri di dislivello: se resto caldo qualcosa sembra migliorare ma non ho idea fino a quando le endorfine ed il panorama terranno a freno la mia tosse da anziano.
Puntuale al rendezvous incontro Mattia. «Facciamo il camino? Hai un po’ di Friend?» Mattia, per tutta risposta estrae dalla sacca speleo due enormi AirCam. Io rido di gusto perché sono quasi sicuro che questi siano gli unici che abbia comprato, gli altri, per lo più, li ha recuperati in parete lavorando pazientemente dove altri si erano affrettati a battere in ritirata.“Sulle vie lunghe e famose, specie quelle un po’ difficili, è come fare la spesa a gratis: qualcosa porti sempre a casa”.
La Via del Camino è una classica dei Pilastri dei Corni e percorre l’evidente spaccatura scura che attraversa tutto il versante nord del Pilastro Minore. Sulla guida, la splendida “L’isola senza nome”, è descritta così: “Evidentissimo camino a sinistra della spaccatura. Splendida arrampicata da non prendere alla leggera per le difficoltà a proteggersi. Un test serio per chi desidera provare la tecnica di camino.”
Attacchiamo la via, Mattia ovviamente da primo. Per la roccia dei Corni è in vigore la legge 626: nessuno spigolo vivo! Come al solito ogni asperità è smussata e gli appigli sono tutti al contrario. Nel camino si lavora però in opposizione ed ogni parte del corpo, anche le meno nobili, vengono comode per star sù.
A metà camino c’è un grosso anello su cui fare la prima sosta (si potrebbe fare tutto in un unico tiro ma rischia di diventare lungo). In questo primo tratto c’è un solo un vecchio chiodo ed il bullone, pericolosamente sporgente, di un fix che è stato rimosso (su cui abbiano agganciato a strozzo ed in modo sbarazzino un piccolo nat). I Corni sono terra di confine tra “Clan” di alpinisti: non c’è una linea guida o una filosofia condivisa, c’è chi mette e c’è chi toglie in un infinito pisciarsi sulle scarpe che dura da generazioni (ma che forse i giovani sapranno superare).
Sempre alla prima sosta, su un terrazzino formato da sassi incastrati, ci si può addentrare nella spaccatura che affonda per oltre un paio di metri creando una specie di profondo e buio camino interno. Abbiamo provato ad esplorare ma, senza pila, era difficile studiarne la forma a colpi di Flash (toccherà tornarci!).
Nel secondo tiro c’è un passaggio che sembra “ostioso” visto che la roccia, nello spigolo di sinistra, spancia costringendo a passare all’esterno del camino. In realtà nell’interno dello spigolo di sinistra vi è un lunga spaccatura verticale che, come una maniglia, permette agevolmente di montare la spalla del camino. Superata quella parte Mattia piazza il “mega-friend” (se no cosa l’avremmo portato a fare?) assicurando l’ultimo tratto del camino prima dell’uscita alla sicura sosta sotto la cuspide del Pilastro.
«Bhe, ora ti tocca andar sù» mi dice Mattia. Già, mancano solo gli ultimi quattro metri per raggiungere la croce, i famosi quattro metri dove, con il mio socio Fabrizio, avevo desistito la settimana prima. Mattia mi fa sicura sulla sosta: per lui era la prima volta sulla via del Camino ma in cima al Pilastro Minore c’è già stato e se la ride dal basso.
Io provo ancora a destra ma, oltre ad un sottostante ed inquietante vuoto, non trovo nulla. Così mi alzo ancora un po’ sui piedi e provo ad esplorare a sinistra, a strapiombo sul canyon, e scopro l’arcano: un netto spigolo di roccia offre un più che solido appiglio per forzare il passo. Rido, affogavo in un bicchiere d’acqua: in un movimento e mezzo sono in cima. Finalmente!
La cima è grande a malapena per un persona e nel centro s’innalza la curiosa croce ad anello che fino a quel momento ero stato costretto a guardare mestamente dal basso. Sul lato che guarda verso il rifugio è incisa la scritta “Ruggero Dell’Oro”. Sono contento come un bambino a Natale!!
Davide “Birillo” Valsecchi