Dovrete perdonarmi ma ci vorrà un po’ perché riesca a superare l’emozione e a raccontarvi tecnicamente ciò che è stata la nostra più recente salita. La “Luigi Paredi”, la via che il fortissimo Pietro Paredi, guida alpina emerita di Valbrona, dedicò nel 1970 a mio nonno materno. Una via tra le più ardite e meno ripetute di tutti i Corni di Canzo. Non pensavo avrei mai osato avventurarmi tra quelle onde di roccia, tra il vuoto di quegli abissi verticali.
La “Luigi Paredi”, qualcosa di impensabile. Due giorni dopo il settimo anniversario della prematura scomparsa di mia madre ero all’attacco della parete: al collo, non a caso, il fazzoletto azzurro che lei usava per legare i capelli nelle gite in montagna. Ai piedi di quella parete c’ero io, i miei nonni, mia madre, Walter Bonatti (che dicono l’abbia percorsa), Marco Anghileri (caduto sul Bianco il giorno in cui abbiamo percorso la vicina “Stella Alpina” trovando all’uscita una vecchia bottiglia di vetro con il suo nome), Giuseppe Ravizza (amico e socio della nostra sezione scomparso nel 2011) e le sue staffe prese a prestito. Il martello e i chiodi che mi ha regalato Renzo Zappa, il pile rosso che mi diede Angelo Rusconi in Pakistan, i moschettoni a pera ed il casco rubati a Simone. Sotto quella parete c’ero io, le mie mille paure e le mie mille speranze, i miei mille ricordi fatti di incubi e sogni.
Davanti a me il più talentuoso e determinato alpinista con cui abbia mai avuto il privilegio di arrampicare. Solo grazie a Mattia, alla sua persistenza e serenità, è stato possibile ripercorrere insieme la storia alpinistica delle nostre montagne. La Fasana, l’Attilio Piacco, la Dell’Oro, la Stella Alpina, Valbrona89, la Cris, la Torre Desio, la Corvara, Attenti a quei Due ed ora anche la Luigi Paredi: che grande e magnifica avventura!
Quello che posso dirvi è che faceva un freddo terribile: nonostante sia Maggio ed il sole si sia fatto caldo, noi abbiamo arrampicato per dieci ore all’ombra, spazzati dal vento freddo che dal lago risale le moregge e scavalca verso Valmadrera. Non ho mai avuto tanta paura e tanto freddo come ne ho avuto sulle pareti dei Corni nell’ultimo anno. Aggrappato alle vestigia di un passato antico ci siamo avventurati attraverso spazi immensi e quasi dimenticati, tra le onde di un mare fatto di roccia ed intriso di storia: è casa mia, casa nostra, eppure non avevo mai fatto un viaggio tanto intensamente bello. Scusate, ma piango e rido perdendomi nei ricordi: ci vorrà un po’ perché riesca a superare l’emozione.
Davide “Birillo” Valsecchi