Anti-Etica dell’Arrampicata Vincolata

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L’EPOCA ANTI-ETICA DELL’ARRAMPICATA VINCOLATA – 1984 – 2016
La ragion d’essere della Vincolata

Chiunque abbia vissuto riflettendo con un minimo di senso critico le vicissitudini che hanno caratterizzato la Storia dell’Arrampicata dei quattro decenni trascorsi, non può non considerare che l’avvento dell’infisso permanente (spit) utilizzato per praticare l’arrampicata vincolata, sulle placche della val di Mello ha avuto un significato di impatto innegabilmente drammatico: sia ambientale in rapporto allo stato di compattezza della natura verticale, sia storico in rapporto alla storia avvenuta e alle possibilità future, sia rispetto all’etica di salita per quanto concerne la natura della difficoltà.

Tutto questo ha condotto sempre più chi si arrampica, nei luoghi attrezzati, a trovarsi a una distanza astronomica dalla possibilità di interagire con l’integrità delle componenti geologiche e la difficoltà naturale su cui i più agiscono senza più interagire. In senso Antropologico è il trionfo della superficialità laica che considera la natura con la ristrettezza mentale di un’ottica fattiva e dell’ego parrocchiale con il culto della condivisione posticcia trasferita all’arrampicata. La maggioranza ignara e consenziente ha agito giostrata da mentalità che hanno portato a trasformare gli elementi di geo-diversità dei Litotipi in un oggetto di autocompiacimento: l’arrampicata libera imprigionata nella “via crucis” di un’arrampicata vincolata da infissi permanenti e la progressione istintiva trasformata in una progressione meccanica e abitudinaria.

Con la vincolata si consolidò l’idea di salire anche i settori naturalmente impercorribili e a quel punto le placche ripide percorribili in aderenza con una dinamica di salita spontanea, istintiva sia facile che difficile, divennero placche a muro ancor più ripide, sulle quali costruire una progressioni deduttive necessarie a trasferire l’equilibrio da posizioni aleatorie a ristabilimenti temporanei che permettono di procedere in funzione ai riferimenti costanti degli infissi, vicini o lontani che siano. E’ la sostituzione distruttiva del Mondo sconosciuto con un altro Ri-costruito.

Se è vero che gli approfondimenti storici di questi ultimi anni hanno dimostrato che la Libera Esplorativa è sempre stata saldata all’Etica di salita, è evidente che l’arrampicata vincolata, non può essere considerata la sua continuazione attualizzata, ma una tipologia di salita Antietica che ha realizzato un’anti-storia. In tre decenni, l’Arrampicata Vincolata da infissi permanenti, ha inesorabilmente omologato anche i suoi praticanti, suddividendoli in tecno-esteti e tecno-cottimisti assuefatti alla tecno-bellezza che offre tecno-soddisfazioni di movimenti vincolati e in più obbedienti alle tecno possibilità delle placche-attrezzate, dove potenziare tecno capacità per superare difficoltà alterate.

Va detto che la vincolata è realizzata da attrezzatori forti della loro superficialità, incongruenza e insensibilità naturalistica e per lo più mossi da un’ambizione realizzativa che rivela una metodologia da contabili. La vera preoccupazione che ne deriva è l’assoluta mancanza di scrupoli nei confronti dell’Ecosistema Verticale unitamente alla mancanza di senso critico nei confronti della storia esplorativa avvenuta come ad approdare all’assoluta dubbia convinzione che: “Il Trapano non si discute”!

Come si nota nel parere di Paolo Vitali: “non c’è differenza tra il miglioramento del materiale tecnico e l’impiego degli infissi su roccia”, come a dire che non c’è differenza tra la produzione della plastica e la “nazione di sacchetti” che galleggia nell’Oceano. Un esempio di ragionamento: innovativo, regressivo o inetto?

NO SPITZONE – per la preservazione della Natura Verticale
La roccia non è uno specchio dell’azione umana ma una espressione della natura verticale alla vitalità dell’azione.

Cinque decenni trascorsi a stretto contatto con la condizione sconosciuta della roccia durante i quali: gli anni, i mesi, i giorni e le ore vissuti sono divenuti “momenti di pietra”, mi hanno permesso di capire che la roccia non è soltanto quella superficie immobile o cedevole, facile o difficile, attraente o repulsiva che tutti conosciamo, ma è materia formata da componenti che possono suscitare emozioni che intervengono sulle azioni.

La compattezza e l’instabilità della roccia sono componenti geologiche che insieme agli alberi, l’erba e la terra formano la natura verticale originando anche la natura della difficoltà che deve affrontare chi arrampica.

A metà degli anni ’80 è attecchita l’idea anti-naturalista che proprio quelle componenti fossero le principali responsabili del rischio in arrampicata, fino a considerarle estranee al contesto naturale cui appartengono. Fu così che fu escogitato l’alibi della “messa in sicurezza” per utilizzare deliberatamente mezzi tecnici permanenti (spit-fix) nella natura verticale, realizzando tracciati pre-costruiti di arrampicata vincolata che fossero in tal modo accessibili ai diversi livelli d’incapacità di ognuno.

Con l’andar del tempo la tendenza a servirsene si è rivelata “pericolosa” proprio perché il rischio di incidenti non fa parte delle componenti geologiche, ma è insito nell’incapacità degli scalatori resi dipendenti da una attrezzatura inamovibile e completa che intacca l’autonomia psicofisica. Questo spiega quanto l’integrità delle componenti sia indispensabile per interagire sensibilmente e consapevolmente nel contesto ambientale in cui si agisce sempre con autonomia e sicurezza: in Natura come nella vita quotidiana è di vitale importanza essere costantemente attenti.

Praticare l’arrampicata vincolata da infissi permanenti non solo è incompatibile con l’Ecosistema Verticale, ma annulla nei praticanti 8 capacità sostanziali:

  • interagire con le componenti geologiche di compattezza e instabilità.
  • affrontare la difficoltà intatta insita in loro.
  • percepire il rischio che dipende da noi.
  • valutare il pericolo presente attorno a noi.
  • mantenere l’autonomia psicofisica.
  • riconoscere la storia avvenuta.
  • rispettare le possibilità esplorativa.
  • preservare la natura verticale.

Gli infissi permanenti sono mezzi tecnici geo-incompatibili

Occorre riflettere: mentre i chiodi, i nuts e i friends sono mezzi tecnici geo-compatibili perchè lasciano pressochè intatte le componenti geologiche di compattezza e instabilità della roccia, gli infissi permanenti risultano mezzi tecnici geo-incompatibili proprio perchè incidono sulla integrità di queste componenti con linee parallele e ravvicinate di tracciati metallici che, nelle zone più accessibili sono addirittura sovraffollati.

Alla luce di queste chiarificazioni risulta evidente che gli infissi permanenti NON SONO mezzi tutelativi che preservano la sicurezza degli scalatori, ma mezzi ottenitivi che determinano l’inesorabile impatto ambientale che ha concorso a modificare la natura verticale in una verticale attrezzata. Riducendo gli Ecosistemi Verticali intatti in ciò che già nel 1930 Renzo Videsott, l’inventore dei Parchi Nazionali Alpini, definiva dei veri e propri “Cantieri provvisori per lavori di varia emergenza”.

Ivan Guerini

Articoli tratti dal libro: La valle degli specchi di pietra: Storia esplorativa inedita della Val di Mello

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