Che Sbuatta!

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dscf6324“Bentornato a casa!” Ivan dall’alto mi sfotte mentre io sono inchiodato in un nicchia tra grossi ed inquietanti massi di tagliente calcare vergine. C’era voluta un’oretta e mezza d’avvicinamento per mettersi in quel guaio: avevamo superato ghiaioni, boschi infranti e persino un’impegnativa crestina di terzo prima di infilarci nel canale e legarci alla base del pilastro. “Questo canale meno volte lo fai in vita tua e meglio è!” Come dargli torto. Nella nostra peregrinazione era riapparso anche il cordino azzurro che avevo abbandonato legato ad una pianta il giorno che si era fatta male Bruna. Sguero voleva riprenderselo, ma io l’avevo lasciato come una scaramantica offerta alla montagna e non intendevo rompere quel voto.

Ma forse conviene tornare al presente, al calcare che mi circonda, ammucchiato in un caos immobile fatto di incastri, pesi e contrappesi, che sottendono e sostengono questo solido e fragile palazzo di  cristallo. Giorni fa con Josef avevo arrampicato al sole sul compatto Gneiss di Machaby ed insieme avevamo di discusso dei rischi impliciti che la “libera esplorativa” di Ivan comporta. Già. Ivan e Josef, “una scuola, due spade”: che curioso mondo il mio. Alla fine avevo concluso che come in ogni cosa quello che conta è la consapevolezza, il qui ed ora, quello slancio interiore che spinge l’inconscio ad emergere coscientemente rivelandosi come illuminazione.

Eccomi quindi qui, con metà del corpo in una nicchia e l’altra metà che solletica come una lucertola i grandi massi che dal petto in sù mi sovrastano incuriositi. Sono un’artificiere che deve disinnescare una bomba evitando che la montagna mi urli addosso “JINGAAAA!”. Osservo stupito quello che mi circonda catalogando ogni sasso secondo il coefficiente “Bruna”: probabilità che crolli fratto i danni che può causare. Quello che mi stupisce davvero è la serenità dei miei pensieri: “Sì, qui è piuttosto pericoloso, anzi, è significativamente pericoloso. Ma okay, facciamo le cose per bene”. A Machaby avrei cercato una buona presa alta, avrei spinto con una gamba ed avrei imposto la mia forza tanto alla roccia quanto alla gravità. Qui non si può. Qui non puoi sovvertire la natura risalendo d’imperio la goccia d’acqua, qui devi essere una foglia appoggiata, sospinta dal vento. Afferro una presa minuscola sulla roccia più grande tra quelle che mi circondano: mi impongo di pensare che sia troppo grande e pesante per tradirmi muovendosi. Poi striscio verso l’alto, sfioro senza toccare nulla, alzo tutto me stesso riposizionando il peso del capo, poi delle spalle, trasformo trazioni in spinte fino a quando anche le gambe sgusciano dalla nicchia e mi seguono a piccoli passi.

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“Ivan ha la straordinaria capacità di mantenere una posizione, anche incerta, per tempi lunghissimi” Avevo discusso con Josef “Questo è il suo talento e ciò che gli permette di arrampicare su quella roba. Ma chi non ha questa capacità rischia di farsi male, di tirarsi addosso la montagna”. Non conta il proprio equilibrio, conta l’equilibrio di ciò che ti circonda. Se provi ad imporre la tua forza sarai stritolato dalla forza instabile che ti circonda. Trattengo il fiato modulando il respiro in gesti interminabili cercando di trasformare in nebbia i miei 84kg: un soffocante sforzo privo di forza. Strano mondo il mio…

“Ivy! Comincia a gocciolare: serve trovare un’uscita prima della pioggia!” “Va bene, se raggiungiamo il colletto dovremmo poter uscire poi scendendo nel canale” Quaranta metri di corda stesa ad ogni tiro, un friend, una fettuccia, nulla di più. La corda però è per lo più un elemento folcloristico da sfruttare nei passaggi più intensi. La quantità di massi e lame che ci circondano ne limitano le funzionalità. C’è da sperare che, afferrata da qualche balena in fuga, si tranci piuttosto che trascinarci negli abissi. Ma questa è la frontiera: nè io nè il vecchiaccio possiamo concederci errori ed è servito tempo per consolidare l’intesa e la consapevolezza che ci permette di avventurarci insieme quassù.

dscf6373Finalmente in cima ci abbassiamo in un ripido canale. Ivy indica un diedro compatto che rimonta dalla valle sullo sperone successivo: “Quello l’ho fatto da solo nel ‘74. Anche quello vicino si può risalire ma servono giornate lunghe perchè bisogna chiodare”. Fortunatamente arriva la pioggia ed i sogni per oggi sono rimandati. Mi guardo intorno e sgnignazzo “Davvero, perchè sono il figlio di un cacciatore e sono cresciuto accompagnandolo a pesca con una canna corta e venti metri di corda, perchè diversamente un socio per postacci del genere mica lo trovavi!” Ivan sghignazza mentre tra canali, boschi e paglione verticale ci riabbassiamo allegro verso la macchina.

La pioggia ha ristretto i nostri programmi e così alle due ci infiliamo diretti al Pub, “Dalla Vecchia”. Due giovani nuove cameriere, Anna e Noa, ci servono da ordinanza una media chiara per il pischello ed una rossa per il vecchiaccio. Già, primo giro. Ivan è stato chiuso in casa una settimana con la tosse: è ora felice della salita ed ha voglia di festeggiare. Secondo giro. La birra e le chiacchiere lavano via le tensioni, l’ansia e le incertezze della frontiera. Quando stiamo iniziando i primi giri di piccole nel pub fa il suo ingresso l’inaspettato: scatta un boato di applausi e trema il teatro della realtà. Quasi come evocato da una magia imprevista, eccolo: Gigi che Sbatta!

Per quanto mi riguarda Gigi è una delle figure più significative del panorama indigeno, una vera e propria fonte d’ispirazione. Lui ed il suo collega (di cui ahimè non ricordo il nome) si siedono con noi a chiacchierare mentre sfruttano la loro pausa pranzo: mi piace osservare Gigi ed Ivan parlare, ascoltarli descrivere di luoghi e nomi per me sconosciuti. Conoscendo Ivan è curioso come siano andati subito d’accordo. Gigi gli mostra alcune foto sul cellulare, Ivan, una talpa senza occhiali, gli fa comunque domande sinceramente interessato e curioso. Sarebbe davvero interessante vederli insieme sulla roccia: toccherà darmi da fare.

Un ultimo giro di piccole, per annaffiare il nostro pranzo a base di patatine, e ci avviamo verso la stazione. Manca ancora un’ora al treno e Lecco è in festa per l’RBL, l’arrampicata cittadina organizzata dagli AsenPark e dai Gamma. Io e Sguero vaghiamo divertiti tra le stradine osservando i ragazzi che arrampicano e salutando gli amici che capita di incontrare. Ivy all’inizio storce il naso citando decaloghi di arrampicata urbana dell’800, ma alla fine il clima generale di festa coinvolge anche lui (potere della birra!)

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Cerchiamo TeoBrex, che partecipa alla competizione, ma senza successo. Stremato, con un abbraccio consegno Ivan al treno e torno a cercare gli amici. “Birillo!! Birillo!!” Una voce mi chiama da lontano: fortunatamente gli amici hanno trovato me! Leggero mi attacco ad un blocco fuori gara, felice di come la birra e le scarpe da trekking infangate mi tengano alla pari con i concorrenti muniti di scarpette e magnesite. Ma il mio momento di vanagloria dura poco perchè Davidino, divertito, inizia a scimmiottarmi inseguendomi in ciabatte sui cordoli: d’altronde dal socio del Guerra, uno dei Corni, uno di Civate allevato a Valmadrera e Calolzio, ci si deve aspettare questo ed altro!

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La mia molesta presenza trasfigura la competizione in un pick-nic e mezz’ora prima che la gara termini gli amici sono più interessati alla torta di Veronica che ai blocchi che ancora mancano. Così, vagabondando sempre più leggeri arriviamo finalmente in piazza, nel cuore della festa. Gianni, Giacomo, il Giarletta, il Panz, la mia cuginetta ed il moroso, Ben Affleck, Davidino Com’Era, il Morezt Ben Pettinato, AkaPanizza, Luca, Andrea, Tiziano, Federico, il Tarlo che sbraccia con la bandana gialla da Sandokan, e tutti gli altri: nomi, volti e storie che scorrono in un susseguirsi di abbracci, pacche e strette di mano.

Con le monetine che mi restano in tasca addento un panino con la salamella mentre i finalisti della gara assaltano un pannello deserto di prese che manco con le picche nel compensato. Sorrido mentre il fresco della sera mi solletica attraverso i buchi e gli strappi del mio equipaggiamento da esplorazione: “Bhe, Birillo, come giornata da vivere direi che è stata piuttosto interessante!”

Davide “Birillo” Valsecchi

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