Il Pozzo del Bambino

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[TeoBrex] Sabato sette gennaio duemiladiciassette: è ancora buio fuori, attorno regna il silenzio, nessuna macchina per strada. Adoro l’inverno! In casa c’è trambusto ed attrezzatura ovunque, devo solo chiudere la sacca speleo e la casa per poi partire alla volta della Grigna. L’amico felino si è nascosto dentro lo zaino, lo faccio dolcemente uscire dal suo improvvisato giaciglio salutandolo, preparo tutto e parto. Abbiamo in ballo una bella esplorazione ipogea, interessante sotto molti punti di vista. Ieri mattina, purtroppo, Pier, Tiziano e Maurizio, ovvero gli uomini di punta della spedizione, comunicavano la loro assenza. Giro di telefonate e scambio di messaggi tra noi “novelli speleo” (tranne Max), non mi sembrano molto convinti i miei soci dalle risposte, dovremmo armare l’ultimo pozzo inesplorato e rilevare gli ultimi tiri della grotta, inoltre le previsioni danno almeno dieci gradi centigradi sotto lo zero e l’avvicinamento sarà lungo e sempre in ombra e gli zaini saranno carichi!

Mando uno dei miei soliti messaggi spronanti per smuovere i sentimenti della truppa sperando che sortisca l’effetto desiderato, concludo dicendo di essere in uscita in direzione Monte Boletto per una camminata defaticante e che quindi spegnerò la ricezione dati del telefono per poi riattivarli in serata al mio ritorno a casa. Si perché quando vago per monti il telefono serve solo in caso di emergenze o per fare qualche foto e non voglio essere disturbato durante le mie camminate da email o messaggi dai social, solo chiamate e gloriosi sms, come una volta. Giunto a casa arrivano i messaggi che attendevo: Teo se tu te la senti di arrivare all’ultimo pozzo, armare la partenza e scendere ad esplorare, domani si va! Vi pare che io possa non aver voglia di mettere piede in luoghi sconosciuti ed ancora inesplorati? Armiamoci e partiamo!!!

Ore 6.30 di sabato carico in macchina la “ferramenta” e parto alla volta del luogo dell’appuntamento. Il cielo invernale è forse la cosa più stupenda che esista! Lungo la strada, come sempre, mi ritrovo a rimirare le montagne che circondano i luoghi in cui vivo, ma la mia espressione non sarà la solita… Il Monte Due Mani è drammaticamente avvolto dalle fiamme, il buio rende ancora più terribile quella tragica visione. Purtroppo in queste ultime settimane molti degli amati monti della zona sono stati dati alle fiamme e la matrice sembra essere sempre dolosa. Uno scempio!

Tutti puntuali al parcheggio di Lecco-Bione: Veronica, Giusi, Serena, Giuliano Max ed io. Si parte in direzione Cainallo. Ci compattiamo cercando di usare meno vetture possibili e salendo lungo la strada iniziamo a tracciare il piano esplorativo. Suggerisco di creare due squadre formate ciascuna da tre persone. Gli unici che conoscono quasi tutta la grotta sono Giuliano e Serena, quindi propongo di formare la prima squadra composta da Giuliano, Veronica ed il sottoscritto e la seconda che entrerà in grotta da Serena, Giusi e Max.

Arrivati a destinazione, constatiamo che le previsioni meteo non hanno sbagliato nemmeno di un grado: -10°C! Scendiamo dalle auto e partiamo al volo in direzione del Rifugio Bogani per evitare di surgelare! Dopo una bella tritata di metri di dislivello eccoci accolti calorosamente (in tutti i sensi) dai gentilissimi gestori del rifugio che ci mettono in tavola grandi tazzone di thè bollente e torta fresca fatta in casa! Serena ci mostra un disegno fatto a mano da Pier per spiegarmi l’ultimo punto conosciuto della grotta da cui dovrò scendere dopo aver armato posizionando fix, piastrine, moschettoni e corda. Ci cambiamo al rassicurante e rinvigorente caldo della stufa, mi infilo il disegno nella tasca della mia nuova tuta (si, ho una tuta nuova… Chi mi conosce si farà grasse risate pensando alle condizioni di quella vecchia…) e parto con i miei compari della prima squadra. Entreremo lasciando un buon margine temporale tra un gruppo e l’altro perché i frazionamenti dei pozzi sono sulle verticali dei tiri e rischiamo seriamente di tirarci addosso dei sassi, la grotta è particolarmente “delicata”.

Arrivati all’ultimo punto esplorativo conosciuto e scoperto nelle punte precedenti, io e Veronica prepariamo trapano, piastrine, fix, maglie rapide, moschettoni e corde per armare la discesa, Max e Giuliano sistemeranno una paio di corde e di frazionamenti precedenti mentre Serena e Giusi si occuperanno di rilevare la grotta. Piazzo una piastrina, attacco la corda e mi sporgo sul bordo del pozzo pulendo e gettando di sotto i pericolosissimi sassi presenti sulla cengia di partenza. Tiro fuori il disegno di Pier per essere sicuro e comincio a valutare la situazione. Cerco la roccia migliore e la zona perfetta per forare ed armare il tiro di partenza cercando di mettere la corda il più possibile sulla verticale del pozzo. Dopo pose funanboliche nel vuoto, l’armo è pronto e la corda e tesa nel buio, ok è giunto il momento di attaccarsi e vedere se tutto tiene, scendo per primo verso l’ignoto, ora è vera esplorazione! Vado!

Scendo lentamente cercando di guardarmi attorno il più possibile smuovendo e gettando di sotto i sassi instabili presenti sulle pareti del pozzo. Arrivato su un balconcino stupendamente lavorato dall’acqua, provo a scendere ancora cercando di evitare di creare un frazionamento, ma giunto a pochi metri dal fondo mi trovo costretto a fare un cambio attrezzi su corda nel vuoto e ritornare più sopra per frazionare a parete onde evitare che la corda sfreghi pericolosamente sulle taglientissime rocce che caratterizzano il pozzo. Arrivato alla base della verticale, urlo agli altri di scendere stando molto attenti alla roccia, mi infilo in un tagliente meandro e, armando su naturale con la sola corda, scendo un saltino di un poco più di un paio di metri arrivando ad una forra molto stretta dove ritrovo una minima circolazione d’aria ed un passaggio d’acqua. Tolgo il casco e guardo oltre, la testa ci passa appena, vedo un pozzetto nero e l’acqua che si getta di sotto, ma essendo troppo stretto e non avendo intenzione di incastrarmi desisto un attimo.

Giunta Veronica valuta la situazione e decide di provare lei a spalmarsi lungo la frattura per tentare di passare. Dopo alcuni tentativi e dopo essersi tolta imbrago e ferramenta varia ha la meglio sulla frattura della forra e passa al di là trovando altri ambienti ambienti e proseguendo di qualche metro. Che strettoista! Ci descrive ciò che vede e Max la aiuta dandole consigli, mentre io comincio a recuperare la corda avanzata che servirà per la prossima punta. Giuliano, intanto, esplora un altro ramo che partiva in direzione dell’arrivo del pozzo. Guardo l’orologio e comunico agli altri che è meglio cominciare ad uscire a gruppi di due alla volta, perché da dove siamo ora il ritorno, risalendo la corda, sarà lungo e siamo in sei. Veronica vorrebbe continuare ad esplorare, ma percepisco dalla sua voce una certa incertezza nell’affrontare un laminatoio molto stretto. Le “consiglio” di tornare indietro e di prepararsi per le risalite. Incrociamo Serena e Giusi che scendono rilevando gli ultimi ambienti scoperti, comunico la mia idea per uscire e ci apprestiamo a ritornare in superficie.

Usciamo ed il freddo fuori è pungente, inoltre siamo già infreddoliti e bagnati dalla grotta, la tuta comincia a ghiacciarci addosso, ma io ormai non percepisco più nulla perché la vista di Orione stagliato nel cielo invernale, la Luna che col suo riverbero generato dalla luce del sole illumina le alte vette circostanti mi fanno sentire vivo ed in perfetta armonia con ciò che mi circonda. Velocissimi camminiamo verso il Rifugio Bogani dove in mattinata, Simona, ci aveva fatto lasciare gli zaini dietro alla stufa in modo da trovare al nostro ritorno i vestiti di ricambio caldi. Grande Simo, grazie!

Dal buio vediamo spuntare le luci delle finestre del rifugio, sappiamo cosa significa questa visione: salvezza, caldo, vestiti puliti, panini, risate e buon vino. Una squadra affiatata e vincente. Salutiamo e ringraziamo i rifugisti e ce ne torniamo al sentiero chiacchierando, ma come sempre mi capita, devo avere il mio momento di solitudine, di riflessione: distacco gli altri e comincio a scendere da solo con la frontale spenta ed accompagnato dalla Luna, è come entrare in un’altra dimensione, come connettersi completamente al cosmo. So bene che è un poco da incoscienti scendere dai sentieri della Grigna senza luci di notte, ma quando una cosa te la senti davvero, già quasi ti sembra di sapere che tutto andrà bene.

Giunto alle auto, butto lo zaino a terra e mi ci sdraio sopra attendendo gli altri, lo sguardo sempre rivolto al grande cacciatore del gelido cielo invernale. Al di là del risultato esplorativo che è senz’altro notevole ed interessante, ciò che mi ha davvero fatto piacere è stato che, nonostante l’assenza degli uomini di punta che sono un po’ come delle guide per noi, ci siamo presi le nostre responsabilità ed abbiamo portato avanti l’esplorazione di questa grotta in autonomia creando una squadra di “speleo cattivi”. Penso non sia cosa da poco, viste le condizioni meteo e la morfologia della grotta, davvero felice di esserci stato. Grazie a tutti per questa magnifica esplorazione!

E non finisce qui…
Sempre Scomodi!

Matteo “TeoBrex” Bressan

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