La sveglia strilla alle cinque: il piano è caricarsi in spalla 110 chiodi fino in cima al Resegone per presenziare alla ResegUp, l’annuale Skyrace della città di Lecco. I partecipanti alla gara partono dai 214 metri del lago per scollinare ai 1875 del Rifugio Azzoni: andata e ritorno!
Mezzo addormentato mi infilo nella mia malmessa Subaru e salgo a Ballabio, poi la strada provinciale per Morterone fino alla Forcella di Olino. Mi attendono settecento e passa metri di dislivello con venti chili di “ferraglia” nello zaino ed i pali sulle spalle. Lo confesso: qualche giorno prima ero tentato di desistere. Qualcuno mi aveva proposto di salire ai Piani d’Erna in funivia e di fermarmi lì: “Non fai fatica e c’è più gente”, mi dicevano gli amici.
“Però un’avventura itinerante come il PitOnTour” – aveva sussurrato qualcun’altro – ”merita qualcosa di meglio che un giro in funivia tra i milanesi in gita”. Come dargli torto! Casualmente mi è capitata in mano una vecchia fotografia, un’immagine che mostrava gli oltre cinquanta chiodi che Walter Bonatti aveva nel suo zaino per la celebre solitaria sulla Nord del Cervino. Guardando quella foto, dopo aver accuratamente contato i chiodi presenti, non ho più avuto dubbi sul da farsi: “Si va!”
Da Olino, dopo due ore e venti attraverso un bellissimo bosco di faggi, mi sono ritrovato sulla cima Cermenati, sotto la grande croce del 1925, davanti al grande diedro in cui corre, sulla cima Stoppani, una delle primissime e meno conosciute vie di Walter Bonatti. Il ricordo di una via che ho ripetuto lo scorso autunno e che, insieme a quella foto in bianco e nero, aveva spazzato ogni mio pigro tentennamento.
Mi infilo al rifugio per salutare il suo Capanat, Stefano Valsecchi. Infilo la testa nella finestra della cucina: “Hey rifugista! Posso montare il mio trespolo qui fuori?” “Allora ce l’hai fatta a venire! Mettilo dove vuoi: poi passo a vedere!”. Stefano era impegnato ai fornelli ma ero contento di incontrarlo di nuovo. Oltre ad essere il “giovane” rifugista dell’Azzoni è un membro dei “Gamma” ed uno tra i più esperti arrampicatori del Resegone …comprese la “Bonatti” ed “Altri tempi”.
E’ ancora presto, da poco sono passate le nove del mattino, attorno alla cima ci sono solo gli escursionisti che hanno dormito al rifugio e gli organizzatori. La maggior parte dei “tifosi”, la consueta folla che attende il passaggio dei corridori, salirà quassù solo più tardi. Mi godo la quiete e scatto qualche foto sullo spiazzo della Croce, poi sposto l’albero dei Chiodi sulla terrazza del Rifugio. Un ragazzo, uno sui vent’anni con un curioso paio di baffetti a punta, mi si avvicina con uno strano scintillio negli occhi: “Ma come mai tutti questi chiodi? E’ uno spettacolo!” Così attacchiamo bottone e salta fuori che è il figlio del “Mela” e che sta dandosi da fare a ripetere una via del padre sulla bastionata del Gavatoio.
“Guerini è venuto su a ripetere la Bonatti, ma Stefano l’aveva già ripetuta in solitaria” Mi racconta il ragazzo stendendo le lodi del suo giovane amico. Io scoppio a ridere divertito: “Accidenti cucù! Ma non l’hai capito? Ero io con Ivan sulla Bonatti!” – sghignazzo – ”Stefano è davvero forte e lo considero un amico. Ma se quel giorno avessi visto l’emozione e la commozione di Ivan capiresti come quella sia stata molto di più della semplice ripetizione di una via dimenticata”. Come due comari complici continuiamo a confabulare di storie di media-montagna e di ravanate domestiche. Ma chissà se poi avrà davvero capito: per la gioventù la vita è una meravigliosa corsa inarrestabile, ci vuole tempo ed esperienza per comprenderla e trasformarla in un grande ed intenso viaggio.
Alle undici posso finalmente riempirmi una tazza di birra e gazzosa, sdraiarmi all’ombra, ed osservare distratto chi si avvicina al mio albero di chiodi: mi affascina vedere come in modo irresistibile attragga i passanti: anche solo di sfuggita tutti si fermano a “toccare” i miei chiodi appesi. “Ma cosa sono?” Chiede una sorridente signora con ingenuità autentica. “Chiodi d’arrampicata” risponde competente il suo aitante accompagnatore. Davvero si può salire in cima al Resegone senza avere la minima idea di cosa sia un chiodo da roccia? In effetti qualcosa che mi lascia davvero stupito…
Un paio di papà si avvicinano con i figli, si chinano sugli “stecchetti di acciaio” e spiegano loro come, usando il martello, quei chiodi si usino per arrampicare sulla roccia. Guardando quei bambini mi è tornata alla mente un intervista in cui Bonatti raccontava come, alla sua primissima fanciullesca esperienza con l’arrampicata, fosse ansioso ed eccitato che gli adulti finalmente gli lasciassero “piantare un chiodo”. Ripensandoci mi sono ritrovato a sorridere sornione nel mio angolo all’ombra: alla fine sono anche questi piccoli momenti a rendere meno pesante lo zaino del PitOnTour.
Poi il piazzale inizia a riempirsi di gente. Si raduna una una delegazione dei “Beck” guidati da un accanito Maver armato persino di vuvuzela: tutti si preparano ad attendere l’arrivo dei corridori sempre più eccitati. Un drone vola sulla folla, i fotografi si appostano nelle posizioni migliori. Io ed il mio pesante carico siamo piuttosto ingombranti, la corsa ripercorre la mia strada di ritorno e così, per non intralciare e non attendere la chiusura della gara alle sei del pomeriggio, smonto il mio albero e mi abbasso alla sorgente delle Forbesette. Riempio la borraccia di acqua fresca e mi appoggio placido ad un faggio.
Non mi resta che attendere: la mia corsa è conclusa, ora tocca ai corridori. Testato lo zaino, vinta l’incertezza del peso, non posso far altro che fantasticare sulle prossime tappe del PitOnTuor: sogni di calcare e di granito. Alla prossima!
Davide “Birillo” Valsecchi
Un sentito ringraziamento a Luigi e tutti gli organizzatori della Resegup per la magnifica organizzazione e per aver dato spazio, durante una Skyrace tanto importante, anche ai miei chiodi e all’arrampicata. Grazie!