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Aspettando la Sgrignettata

Aspettando la Sgrignettata

Nella calura di Agosto si sono aperte nuove vie, compiute nuove esplorazioni e si è dato vita anche ad un nuovo inaspettato “progetto” ancora segreto. Ora, che è giunta finalmente la frescura di Settembre, è tempo di riprendere il viaggio del PitOnTour. Prima tappa dopo l’estate: la Sgrignettata!

La Sgrignettata nasce da un‘idea di Giovanni Viganò, “anima e curoe” dello Sherpa Mountain Shop di Ronco Briantino. Una tre giorni al Pian dei Resinelli per incontrare produttori di materiale alpinistico, guide alpine, appassionati ed alpinisti di rilievo. Venerdì 15 Lecco, Sabato 16 e Domenica 17 Piani dei Resinelli.

L’evento di apertura si terrà a Lecco, nella sala cinematografica del Politecnico, con una serata/incontro con Tom Ballard. Classe 1988, nato in Inghilterra, Tom è uno dei pochi Alpinisti che guardo con grande ammirazione ed una punta di invidia.

Tom è fortissimo: mi piace quello che fa, mi piace il modo in cui lo fa e non posso che fare il tifo per questo “ragazzone biondo” che, in solitaria, ha salito tutte le grandi Nord delle Alpi in un unico inverno. “Starlight and Storm” un progetto che prevedeva di salire le sei grandi pareti nord delle Alpi in solitaria invernale in un’unica stagione: Cima Grande di Lavaredo, Pizzo Badile, Cervino, Grandes Jorasses, Petit Dru e l’Eiger.

Tom Ballard
Venerdì 15 Settembre ore 21:00. Ingresso Libero.
Aula Magna Politecnico Lecco, via Gaetano Peviati 1/C.

Sabato la Sgrignetta si sposta per due giorni ai Resinelli. Qui vi saranno gli stand delle aziende promotrici ed il punto di coordinamento per le numerose attività previste. Test dei Materiali, escursioni con le Guide Alpine, esercitazioni di TreeClimbing, pratiche Yoga e giochi per tutte le età.

Sabato, alle 21:00, una serata di alpinismo al Femminile con Annalisa Fioretti ed Eleonora Delnevo presso la Baita di Laura, rifugio Casimiro Ferrari, ai Piani dei Resinelli, via Carlanta 4. Io ho già avuto occasione di incontrarle e le loro storie, i loro viaggi e le loro sfide, meritano davvero di essere ascoltate e condivise.

Ci si vede alla Sgrignettata!

Davide “Birillo” Valsecchi

Per Info: http://www.sgrignettata.it

Intervista al Birillo

Intervista al Birillo

“In alpinismo con la locuzione via normale si intende il percorso più facile per raggiungere la vetta di una montagna. Spesso, ma non sempre, si tratta della via seguita dai primi salitori”. Questa è la definizione di “via normale” sul dizionario. Sempre sul grande libro delle parole ho scoperto che “Normale”, un termine oggi carico di un universo di sfaccettature sociali, in realtà deriva dal latino normalis, “perpendicolare”.

Ciò che oggi usiamo per definire la consuetudine, la normalità, è in realtà un concetto geometrico legato a rette, piani, triangoli e una “linearità” tanto palese da diventare estetica e facilmente individuabile da chiunque.

E’ sempre piuttosto sorprendente riscoprire come le parole racchiudano davvero una strana magia, una forza che attende solo di essere compresa e liberata. Il termine “intervista” invece deriva dall’inglese, “Interview”, che a sua volta ricalca il francese “entrevue”, incontrarsi.

Così io e Roberto, per ora solo virtualmente, abbiamo avuto occasione di “incontrarci” e di scambiare quattro chiacchiere sul mio progetto legato ai chiodi d’arrampicata. Una chiacchierata da cui è nato un articolo.

Roberto scrive per “VieNormali.it”, uno dei più noi portali Italiani dedicati alla montagna, una piattaforma che in oltre 12 anni ha raccolto migliaia di relazioni e salite fornite da più di seimila utenti. Condividere la mia piccola avventura con così tanti appassionati è davvero un piccolo ma intenso piacere.

Rileggere la propria storia attraverso occhi altrui è qualcosa di curioso e stimolante: davvero c’è un fulminato di nome “Birillo” che nel 2017 vuole mettersi a vendere chiodi da arrampicata e che se ne è messo in spalla un centinaio andando in giro per le montagne? Incredibile, ma pare proprio di sì!

L’articolo di Roberto è davvero ben fatto, affollato di immagini e di riflessioni interessanti. Mi è davvero molto piaciuto. Vi consiglio di leggerlo:

VieNormali.it: RockHound – Il mercante di chiodi.
Intervista a Davide “Birillo” Valsecchi

Grazie ancora a Roberto e a tutti coloro che hanno la pazienza e lo slancio per sostenere le mia curiosa visione di ciò che è “normale”.

Davide “Birillo” Valsecchi

PitOnTour: ResegUp

PitOnTour: ResegUp

La sveglia strilla alle cinque: il piano è caricarsi in spalla 110 chiodi fino in cima al Resegone per presenziare alla ResegUp, l’annuale Skyrace della città di Lecco. I partecipanti alla gara partono dai 214 metri del lago per scollinare ai 1875 del Rifugio Azzoni: andata e ritorno!

Mezzo addormentato mi infilo nella mia malmessa Subaru e salgo a Ballabio, poi la strada provinciale per Morterone fino alla Forcella di Olino. Mi attendono settecento e passa metri di dislivello con venti chili di “ferraglia” nello zaino ed i pali sulle spalle. Lo confesso: qualche giorno prima ero tentato di desistere. Qualcuno mi aveva proposto di salire ai Piani d’Erna in funivia e di fermarmi lì: “Non fai fatica e c’è più gente”, mi dicevano gli amici.

“Però un’avventura itinerante come il PitOnTour” – aveva sussurrato qualcun’altro – ”merita qualcosa di meglio che un giro in funivia tra i milanesi in gita”. Come dargli torto! Casualmente mi è capitata in mano una vecchia fotografia, un’immagine che mostrava gli oltre cinquanta chiodi che Walter Bonatti aveva nel suo zaino per la celebre solitaria sulla Nord del Cervino. Guardando quella foto, dopo aver accuratamente contato i chiodi presenti, non ho più avuto dubbi sul da farsi: “Si va!”

Da Olino, dopo due ore e venti attraverso un bellissimo bosco di faggi, mi sono ritrovato sulla cima Cermenati, sotto la grande croce del 1925, davanti al grande diedro in cui corre, sulla cima Stoppani, una delle primissime e meno conosciute vie di Walter Bonatti. Il ricordo di una via che ho ripetuto lo scorso autunno e che, insieme a quella foto in bianco e nero, aveva spazzato ogni mio pigro tentennamento.

Mi infilo al rifugio per salutare il suo Capanat, Stefano Valsecchi. Infilo la testa nella finestra della cucina: “Hey rifugista! Posso montare il mio trespolo qui fuori?” “Allora ce l’hai fatta a venire! Mettilo dove vuoi: poi passo a vedere!”. Stefano era impegnato ai fornelli ma ero contento di incontrarlo di nuovo. Oltre ad essere il “giovane” rifugista dell’Azzoni è un membro dei “Gamma” ed uno tra i più esperti arrampicatori del Resegone …comprese la “Bonatti” ed “Altri tempi”.

E’ ancora presto, da poco sono passate le nove del mattino, attorno alla cima ci sono solo gli escursionisti che hanno dormito al rifugio e gli organizzatori. La maggior parte dei “tifosi”, la consueta folla che attende il passaggio dei corridori, salirà quassù solo più tardi. Mi godo la quiete e scatto qualche foto sullo spiazzo della Croce, poi sposto l’albero dei Chiodi sulla terrazza del Rifugio. Un ragazzo, uno sui vent’anni con un curioso paio di baffetti a punta, mi si avvicina con uno strano scintillio negli occhi: “Ma come mai tutti questi chiodi? E’ uno spettacolo!” Così attacchiamo bottone e salta fuori che è il figlio del “Mela” e che sta dandosi da fare a ripetere una via del padre sulla bastionata del Gavatoio.

“Guerini è venuto su a ripetere la Bonatti, ma Stefano l’aveva già ripetuta in solitaria” Mi racconta il ragazzo stendendo le lodi del suo giovane amico. Io scoppio a ridere divertito: “Accidenti cucù! Ma non l’hai capito? Ero io con Ivan sulla Bonatti!” – sghignazzo – ”Stefano è davvero forte e lo considero un amico. Ma se quel giorno avessi visto l’emozione e la commozione di Ivan capiresti come quella sia stata molto di più della semplice ripetizione di una via dimenticata”. Come due comari complici continuiamo a confabulare di storie di media-montagna e di ravanate domestiche. Ma chissà se poi avrà davvero capito: per la gioventù la vita è una meravigliosa corsa inarrestabile, ci vuole tempo ed esperienza per comprenderla e trasformarla in un grande ed intenso viaggio.

Alle undici posso finalmente riempirmi una tazza di birra e gazzosa, sdraiarmi all’ombra, ed osservare distratto chi si avvicina al mio albero di chiodi: mi affascina vedere come in modo irresistibile attragga i passanti: anche solo di sfuggita tutti si fermano a “toccare” i miei chiodi appesi. “Ma cosa sono?” Chiede una sorridente signora con ingenuità autentica. “Chiodi d’arrampicata” risponde competente il suo aitante accompagnatore. Davvero si può salire in cima al Resegone senza avere la minima idea di cosa sia un chiodo da roccia? In effetti qualcosa che mi lascia davvero stupito…

Un paio di papà si avvicinano con i figli, si chinano sugli “stecchetti di acciaio” e spiegano loro come, usando il martello, quei chiodi si usino per arrampicare sulla roccia. Guardando quei bambini mi è tornata alla mente un intervista in cui Bonatti raccontava come, alla sua primissima fanciullesca esperienza con l’arrampicata, fosse ansioso ed eccitato che gli adulti finalmente gli lasciassero “piantare un chiodo”. Ripensandoci mi sono ritrovato a sorridere sornione nel mio angolo all’ombra: alla fine sono anche questi piccoli momenti a rendere meno pesante lo zaino del PitOnTour.

Poi il piazzale inizia a riempirsi di gente. Si raduna una una delegazione dei “Beck” guidati da un accanito Maver armato persino di vuvuzela: tutti si preparano ad attendere l’arrivo dei corridori sempre più eccitati. Un drone vola sulla folla, i fotografi si appostano nelle posizioni migliori. Io ed il mio pesante carico siamo piuttosto ingombranti, la corsa ripercorre la mia strada di ritorno e così, per non intralciare e non attendere la chiusura della gara alle sei del pomeriggio, smonto il mio albero e mi abbasso alla sorgente delle Forbesette. Riempio la borraccia di acqua fresca e mi appoggio placido ad un faggio.

Non mi resta che attendere: la mia corsa è conclusa, ora tocca ai corridori. Testato lo zaino, vinta l’incertezza del peso, non posso far altro che fantasticare sulle prossime tappe del PitOnTuor: sogni di calcare e di granito.  Alla prossima!

Davide “Birillo” Valsecchi

Un sentito ringraziamento a Luigi e tutti gli organizzatori della Resegup per la magnifica organizzazione e per aver dato spazio, durante una Skyrace tanto importante, anche ai miei chiodi e all’arrampicata. Grazie!

PitOnTour: Serata Maglioni Rossi

PitOnTour: Serata Maglioni Rossi

Onestamente non sapevo cosa aspettarmi. Quella di Lecco è la prima tappa “cittadina” dello strano viaggio dei miei chiodi: una città particolare, che l’alpinismo ha reso celebre e famosa nel mondo. Per di più in un teatro, in una serata di “gala”: la serata dei Ragni della Grignetta. Il mio “alberello”, con quel suo curioso aspetto un po’ zingaro, come se la sarebbe cavata? Già, davvero non sapevo cosa aspettarmi, e probabilmente era proprio questo “ignoto” a rendere la faccenda intrigante.

Prima di andare a teatro mi ero dato appuntamento con Fabio Elli, autore del recente libro dedicato all’arrampicata artificiale: “Intelligenza Artificiale”. Ci eravamo sentiti spesso via Internet e la serata dei Ragni era diventata l’occasione per mangiare una pizza insieme e fare finalmente due chiacchiere faccia a faccia. Dietro una birra avrei potuto chiedergli della Yosemite o delle sue salite più importanti ma, come al solito, mi sono lasciato trasportare raccontandogli invece dei Corni e delle avventure che attendono ancora nel cuore dell’Isola senza Nome.

Alle otto, quaranta minuti prima dell’inizio della serata, l’albero dei chiodi era pronto mentre gli spettatori alla spicciolata iniziavano già ad entrare nel teatro. I primi a dare un’occhiata ai miei chiodi sono stati due noti e storici rappresentanti dei “Corvi” di Mandello: Martino, la vedetta delle Grigne, e Benigno, celebre araldo del Sasso Cavallo e del Disgrazia. Dopo una stretta di mano abbiamo chiacchierato di “spessori di legno” e vecchi “cunei”. Poi da Valbrona Pietro e suo figlio Giovanni, il trascinante sorriso di Luigino ed un susseguirsi incalzante di strette di mano ed alpinisti che si affrettavano a prendere posto nella sala sempre più gremita. “Birillo!!!” urla un giovinastro amico, ormai in ritardo, salutando di corsa prima di fiondarsi dentro la sala: gli “Asen” hanno il loro inestimabile ed inconfondibile stile.

Una piccola adunata che aveva raccolto nella sala del Cenacolo oltre cinquecento persone. Le luci del loggione si spengono mentre i riflettori illuminano il palco. “Giga” entra in scena armato di microfono, partono gli applausi, inizia lo spettacolo.

Io e mio fratello ci sediamo su un muretto all’ingresso, di guardia all’albero. In modo curioso il nostro ritmo si mischia con quello della serata e sul nostro palco minore, che è un angolino dell’ingresso del teatro, cala la quiete per un po’. Ascoltiamo la musica che accompagna le immagini sfuggendo oltre le mura della sala. Mio fratello, più giovane di sedici anni, studia musica all’accademia. Lui ed il resto della banda, 100% Tassi del Moregallo, dopo anni erratici tra il punk, il rock, il jazz sono rotolati nella musica elettronica specializzandosi nelle “colonne sonore”. Insieme, con una fresca “Corona” in mano, lasciamo che quei suoni trascinino la nostra fantasia in mondi lontani.

“Scusatemi, mi date una mano: tenete voi la piccola?” Un ragazzone con la barba, i rasta e la maglietta dei ragni si avvicina con una cagnolina al guinzaglio: Lola. Il nostro privè all’aperto è ormai un piccolo viavai. Chiacchieriamo ancora un po’ quando poi qualcuno gli urla: ”Bubu! Tocca a te! Spicciati!” Una strizzata d’occhio e lo vediamo correre sul palco con i giovanissimi ragazzi della squadra giovanile.

Io, mio fratello e la piccola Lola. Noi non siamo nè spettatori nè protagonisti, ma questa è la magia del teatro: il nostro è un mondo sospeso dietro le quinte. I filmati si alternano sullo schermo d’argento, mentre i suoi “attori” fuggono da noi per riprendere fiato e sottrarsi al caldo dei riflettori. In sala il suono di un violino, stridente e sospeso su una lontana parete canadese, massacra l’inno nazionale mentre il suo “musico” è seduto sorridente con noi e ci racconta quello che il copione non mostra.

Finalmente anche Bruna ci raggiunge: “Come sta andando?” “Esattamente come speravo: nuovi amici, nuove storie. Ci si diverte”. Poi i Maglioni Rossi, come da tradizione, si raccolgono tutti insieme sul palco per l’annuale foto di gruppo. Un ultimo lungo applauso e la folla, come un’onda che errompe da una chiusa, si riversa come una fiumana attraverso le porte del teatro.

Lo spettacolo sembra continuare ora nella piazza: a gruppetti volti noti e sconosciuti si salutano tra loro. Sorrisi, strette di mano, pacche sulle spalle ed anche qualche sguardo in cagnesco: gli alpinisti, nell’era di Internet, hanno ancora più bisogno di trovarsi, di incontrarsi, di parlare, di affollare un bar brindando a casaccio con chi capita. La serata dei Ragni è stata anche questo.

Ringrazio “il Presidente” per avermi dato la possibilità di partecipare, a modo mio, ad una serata tanto speciale: mi sono davvero divertito, grazie Fabio!

Davide “Birillo” Valsecchi
Nostromo dei Tassi del Moregallo

Birillo e Keko
Un Tasso alla corte dei Ragni

Un Tasso alla corte dei Ragni

Lunedì 29 Maggio si terrà la consueta serata annuale dei Maglioni in Rosso, un consolidato appuntamento cinematografico in cui i Ragni di Lecco presentano l’attività svolta durante l’anno precedente. Anche questa serata catapulterà lo spettatore in luoghi remoti, sul granito verticale e sperduto oltre baie ghiacciate da superare pagaia alla mano: hanno davvero stuzzicato la mia fantasia le recenti spedizioni dei Ragni. Ho già avuto occasione di vedere le foto dell’Isola di Buffin ma sono curioso di vedere il film/documentario che hanno realizzato insieme a Sean Villanueva O’Driscoll e Nicolas Favresse (Quelli di “Asgard Jamming” per intenderci!).

Fare un “bilancio” della propria attività alpinistica e presentarlo pubblicamente, anno dopo anno, non è affatto una cosa facile. Noi Badgers, ad esempio, quest’anno abbiamo aperto una decina di nuove vie su roccia: mai così tante, mai così belle e per noi così difficili. Questo soprattutto grazie all’aiuto e all’amicizia di arrampicatori eccellenti (Grazie!). D’altro canto quest’anno abbiamo ripetuto pochissime vie note, un “confronto” che a noi serve soprattutto per crescere. Non abbiamo fatto purtroppo quasi nulla sulla neve, sia perchè non ce n’era sia perchè siamo davvero mal equipaggiati per l’inverno. TeoBrex sta completando l’addestramento per il soccorso alpino speleologico e diversi di noi sono diventati istruttori presso scuole d’alpinismo (insegnare è il modo migliore per imparare!). Le capacità di tutti sono migliorate ma abbiamo avuto diversi infortuni e persino un incidente in parete: il guaio capitato a Bruna ha segnato forse un po’ tutti noi e non solo il suo piede. Ma le cicatrici sono i ricordi più preziosi: siamo di nuovo in sella, anche sulla roccia fragile. Un’anno di alti e bassi vissuti tra i soliti problemi: famiglia, lavoro, salute, montagna e giornate di pioggia.

Anche quest’anno, tocca ammetterlo, i Ragni della Grignetta superano i Tassi del Moregallo …ma ai punti e di stretta misura! Già …ma ovviamente scherzo. Al Mello Blocco ho avuto l’opportunità di chiacchierare e conoscere meglio alcuni dei giovani di punta dei maglioni rossi: oltre ad essere dei talentuosi spilungoni si sono dimostrati davvero dei bravi ragazzi, alpinisti alla mano con cui è stato facile andare d’accordo. Hanno la metà dei miei anni, dieci o venti volte la mia esperienza: difficile non provare simpatia per la spontaneità della loro gioventù.

Qualche anno fa discutevo con uno sconosciuto via internet, parlavamo di montagna, avventura ed esplorazione. Solo poi ho scoperto che il mio interlocutore misterioso era nientemeno che il Presidente dei Ragni di Lecco. Quando ho realizzato la cosa me ne sono uscito con una sciocchezza delle mie: “Voi Ragni siete il Mazinga-Zeta, noi Tassi il Boss-Robot, ma nella puntata finale anche noi avremo un ruolo fondamentale nel salvare la situazione!” Credo che la cosa l’abbia divertito e da allora è capitato spesso di scriverci ancora.

“Fabio, proposta indecente! Posso montare il mio albero dei chiodi all’ingresso del teatro quando fate la serata maglioni in rosso? Vorrei vedere quali alpinisti passano, chi si ferma e quali storie raccontano guardando i chiodi.” Un’idea bislacca nata alle nove del mattino e che si è materializza in una richiesta decisamente spudorata giusto cinque minuti dopo. Credo che Fabio abbia letto il messaggio, abbia riflettuto solo mezzo secondo ed abbia replicato di getto come capita spesso: “Mi piace, è un idea simpatica. Porta anche i tuoi amici dai Corni”. Leggendo la risposta, tutt’altro che scontata, sono scoppiato a ridere stupito mentre una vocina interiore sussurrava divertita: “Accidenti Cenerentola: ti sei imbucato nel ballo di gala di uno dei gruppi alpinistici più famosi al mondo!”

La serata “Maglione in Rosso” si terrà lunedì 29 maggio alle ore 20:45 presso il Teatro Cenacolo Francescano, Piazza dei Cappuccini. Troverete Birillo (vestito a festa!) ed i suoi 110 chiodi all’ingresso del teatro già un oretta prima che inizi la serata: passate a trovarmi!!

Davide “Birillo” Valsecchi

PitOnTour: MelloBlocco

PitOnTour: MelloBlocco

“Il chiodo è vivo, lunga vita al chiodo”. Il MelloBlocco è il più importante evento al mondo di arrampicata sportiva su sassi in ambiente naturale, inaspettatamente il posto più improbabile dove scoprire di quanta passione e quanto affetto goda ancora il chiodo e l’approccio all’arrampicata che esso rappresenta.

Il sole nella valle faceva a braccio di ferro con nuvole gonfie di pioggia mentre un vento freddo da nord faceva spudoratamente il tifo per il ritorno dell’inverno. Nei prati sotto il Centro Polifunzionale della Montagna si allestivano bancarelle provenienti da tutta europa: Spagna, Cecoslovacchia, Bulgaria oltre ai Brianzoli ed agli indigeni della Valle. Con un inglese improbabile e grandi sorrisi ci si dava tutti una mano arginando il fango ed asciugando i tendoni carichi di acqua piovana.

Stavo spostando degli scatoloni quando un uomo si blocca all’improvviso davanti all’albero dei chiodi, la mia estemporanea installazione ambulante di Piton. “Chiodi?! Ma io amo i chiodi! Guarda che bello! Guarda quanti!”. E’ un tipo alto, magro e slanciato: le mani e lo sguardo la dicono lunga su quello che sembra capace di fare. Appoggio gli scatoloni ed attacco bottone. Lui si china sorridente ed inizia a curiosare tra i chiodi. “Questo! Oh, ma anche questo! Questo è bello, ma io lo accorcerei perchè rischia di battere in punta”. Attorno a noi si fermano tutti ad osservare e mi rendo conto di essere probabilmente l’unico a non sapere chi sia. “L’anno scorso ho fatto una spesa folle e ne ho comprati 300. Poi immaginare che spesa!” Armeggia ancora e mi indica quali modelli, curiosamente tutti da calcare. Chiacchieriamo ancora un po’: gli racconto del mio progetto e del PitOnTour. Poi qualcuno lo chiama, si volta, ci diamo la mano e se ne va dopo un’ strizzata d’occhio ed un in bocca al lupo.

Riprendo lo scatolone ed un amico mi si avvicina. “Birillo, ma hai capito chi era?” Accidenti, cosa volete che ne sappia!? Sono uno dell’Isola Senza Nome, per lo più conosco quelli che arrampicano sul nostro calcare e, ad occhio e croce, dalle nostre parti non l’ho mai visto (…anche se forse gli piacerebbe). Così, dato che anche il nome è per me un “non pervenuto”, mi raccontano la sua storia, le salite di questo vicentino dallo sguardo acceso ma simpatico, guida alpina sulle dolomiti ed “Ambassador” (si dice così?) di una delle più importanti marche italiane di scarpette da arrampicata. Sghignazzo divertito: “Bhe, allora se è così forte bisogna proprio invitarlo ai Corni!”

Più tardi, cercando di imparare qualcosa, mi aggiro tra gli stand dei MainSponsor. Un signore simpatico e cordiale mi si avvicina e si presenta. Ha riconosciuto me ed il mio albero dalle foto che, sfacciatamente, gli avevo inviato via email senza averlo mai nemmeno incontrato. Mi fa i suoi complimenti per la mia idea e, confesso, per me non è una soddisfazione da poco, specie se ricevuta dal titolare di uno dei più storici ed importanti marchi italiani di materiale alpinistico al mondo.

Chiacchieriamo un po’ e gli racconto di uno degli argomenti che maggiormente mi stanno a cuore. La comunicazione, la pubblicità, punta sui grandi atleti, sulle performance estreme, sui materiali hi-tech, quasi dimenticando che l’assoluta maggioranza degli alpinisti (me compreso!) sono “arrampicatori della domenica”, appassionati che fuggono nei ritagli di tempo, che non possono allenarsi come un professionista e che spesso impiegano anni e sacrifici per “completare” il proprio equipaggiamento. In questo senso oggi un super-campione può non aver bisogno dei chiodi, può cavarsela a friend apprezzando materiali ultra-ligth, ma per un “arrampicatore medio” un buon chiodo è ancora una manna quando, esplorando fuori dagli schemi, non se la sente di tirare il passo a corda libera o affidandarsi solo ai friend. Stessa cosa quando, da inesperti, non trovano la calata per tornare a casa e rischiano di rimanere incrodati fuori via. Con un martello ed una manciata di chiodi forse non passi, ma di sicuro torni a casa. Per questo è incredibile come oggi la stragrande maggioranza di chi si considera alpinista o arrampicatore purtroppo non abbia “mai battuto chiodo”, nè sarebbe in grado di farlo.

Vediamo i grandi campioni superare in libera passaggi impossibili con disinvoltura olimpica, ma difficilmente li vediamo batter chiodi, risolvere alla spiccia, dare una mano a conservare una tradizione che è vitale soprattutto per coloro che campioni non lo sono. Tuttavia, con grande soddisfazione, ho scoperto una sensibilità completamente inattesa per questi aspetti: ho ascoltato di iniziative in tal senso, soprattutto di comunicazione, che mi hanno fatto davvero ben sperare!

Tornando al mio alberello ha cominciato a piovere e riparandomi sotto la tettoia mi sono ritrovato spalla a spalla con un giovane biondo dagli occhi chiari. Di sfuggita ci siamo già incontrati in passato ed attacchiamo bottone mentre, inevitabilmente, anche lui curiosa tra i miei 110 chiodi appesi. Con una complicità inspiegabile io gli parlo delle pareti dei Corni, della Nord del Moregallo e lui mi fa eco con pareti patagoniche alte tre volte il Badile.”Tu non abiti troppo lontano, quanto ti annoi passa dalle mie parti, facciamo due passi e senza impegno andiamo dietro casa a vedere insieme qualche pilastro dell’Isola ”. Il giovinetto ha la metà dei miei anni, dieci volte la mia esperienza, ma la stessa sincerità alpinistica quando ci diamo la mano salutandoci. Un’oretta più tardi un’altro spilungone biondo, compagno di cordata del primo, passa a curiosare tra i chiodi. E’ stato un piacere conoscerli entrambi attorno al mio “alberello” prima che salissero sul palco come “ospiti speciali” della serata.

Nonostante la pioggia passano anche due “arruffati” da Uskione, amici da Milano, istruttori dalla Vallassina, da Finale, dal Val Camonica, chiodatori da Tolmezzo, dalla bergamasca e perfino dalle pareti del meridione d’Italia. Uno spagnolo mi racconta della fila di dieci RURP (“Realized Ultimate Reality Piton”) su cui si appendeva con le staffe prima di diventare papà di una bambina. In inglese mi spiega anche un metodo sagace per riparare il cavetto metallico con quello dei freni della bicicletta. Passano due tedeschi e riconoscono divertiti i chiodi austriaci. La pioggia va e viene, con qualsiasi tempo i chiodi appesi continuano a tintinnare tra le dita dei passanti.

Poi arrivano i boulderisti, ragazzi che nelle braccia hanno gradi impossibili e che osservano con stupore palpabile i miei “stecchetti” d’acciaio. “Ma si usano ancora?” Mi chiedono increduli. “Bagai! Certo che si usano! Spesso sono l’unica chiave capace di aprire porte rimaste ancora segrete”. I giovani figli della plastica forse non capiscono, ma le loro dita coperte di magnesite sembrano irresistibilmente attratte dal fascino “atavico” di quell’oggetto sconosciuto.

Per tre giorni ho dormito nel baule della mia macchina, stretto tra la pioggia e gli scorci di sole, montano e smontando bancarelle. Sono riuscito a “rubare” solo un oretta per rendere omaggio al granito della Valle arrampicando tra i blocchi ancora coperti di muschio. Troppo poco forse, ma per me il MelloBlocco è stata soprattutto l’occasione di confrontarmi con un mondo di persone e di idee ancora tutte da scoprire. Un piccolo sacrificio, una grande rinuncia, ma di cui credo ne sia valsa la pena.

Un ricordo del mio primo MelloBlocco? Un’istantanea da cartolina? L’ultimo giorno, sotto una pioggia battente tornavo alla mia macchina mentre nel “polifunzionale” si concludevano le premiazioni ed i discorsi di rito. Avevo finalmente smontato l’albero, in spalla come un paio di sci avevo i paletti e nello zaino il peso di 110 chiodi. Camminavo fradicio lungo il fiume mentre in un baretto improvvisato, sotto un precario telone azzurro teso tra due massi, una ventina di ragazzi provenienti da tutta europa cantavano insieme accompagnati da una chitarra. “Country Roads, take me home, to the place I belong. West Virginia, mountain mama, take me home, country roads.” Credo che Il coro allegro di quei ragazzi, accampati sotto un telone azzurro nella pioggia, sia lo spirito migliore del MelloBlocco. Stanco ed acciaccato ho lasciato la valle con un sorriso: alla prossima!

Davide “Birillo” Valsecchi

Un sentito ringraziamento a Giovanni Viganò, del negozio Sherpa di Ronco Briantino, che ha permesso alla mia stramba idea di “imbucarsi” al MelloBlocco. Agli Spagnoli e ai “Ragni” che mi hanno regalato le birre! A tutti gli amici che sono passati a trovarmi! Grazie 😉

Operazione Mello

Operazione Mello

“Birillo è la Val di Mello, non è il VietNam! Ci sono delle regole!” Okay, in vita mia sono stato in cinque continenti, ho portato a casa la pelle da posti davvero discutibili. Ho fatto cose, visto gente… “Io sono il sergente Gunny Highway e ho bevuto più birra, pisciato più sangue e chiavato più mignotte e dato più cazzotti di tutti voi stronzetti messi assieme.” Eppure questa mattina, preparando lo zaino, ho acceso lo stereo e cercato qualche vecchia canzone hardcore per darmi la carica. Birillo, hai paura del MelloBlocco?

Domani mattina io, quel carrozzone sgangerato del Subaru Impreza e 110 chiodi appesi ad un trespolo di legno andiamo in Val di Mello. “Ma sei al Centro Polifunzionale della Montagna? Bello! Quello è il centro della manifestazione: tutto passa da lì!” mi ha detto qualcuno ieri. Evviva, non ho idea di cosa sia un “polifunzionale” ma mi è ormai chiaro che sono finito nel bel mezzo dei guai.

Già, cinquemila persone, campioni da tutto il mondo, aziende, giornalisti, telecamere, gente ammassata un po’ ovunque ed io con un centinaio di stecchetti di ferro ad una gara di arrampicata a mani nude. Alle volte mi vengono idee davvero strane…

Che poi se fosse successo un anno e mezzo fa, quando ero super in forma, quando avevo infilato una dietro l’altra una decina di vie ai Corni ed il camino dell’Eghen, già, allora sì che sarei stato pronto a mangiarmi la Valle. Ma oggi? Oggi i miei quarantanni suonati mi sono esplosi in faccia come una bomba: sono fuori livello, sono brutalmente sotto il Par, sono un veterano acciaccato accerchiato da giovani professionisti. Che devo dirvi: “Charlie attacca sempre quando sei con le braghe calate!” Combatto con ciò che ho, combatto per quello che sono…

“Un tempo andavo all’avventura, oggi vado per fiere.” Sgnignazzavo con Mattia. Eppure questa cosa del “Mercante di Chiodi” mi intriga, mi inquieta. Mi guardo attorno in un mondo pieno di numeri, di grosse aziende, di sponsor ed investimenti. Pubblicità, atleti, competizione. Un mondo mastodontico e complesso. “Attenzione! Io ho cento chiodi e non paura di usarli!” Io ho uno zainetto strappato, un sacco a pelo, dei pali di legno e degli economici occhiali viola con la montatura leopardata. Ma forse è proprio questo che mi attrae: un perenne svantaggiato che ingaggia la grande sfida impossibile, insensata. 

Fuori luogo, fuori tema, fuori tempo. “L’uomo ragionevole adatta se stesso al mondo, quello irragionevole insiste nel cercare di adattare il mondo a se stesso. Così il progresso dipende dagli uomini irragionevoli”. Qualcuno una volta disse che sono dotato di una spiccata intelligenza… probabilmente è compensata dalla stupidità con cui mi infilo costantemente nei guai.

Sì, probabilmente quella che si agita sul fondo del mio stomaco è paura, quell’inquietudine propria dell’attesa, dello sconosciuto. Sono il toro che attende spaventato al buio dietro le porte dell’arena. Forse il MelloBlocco non si rivelerà neppure lontanamente all’altezza delle mie aspettative, forse sarà solo una WoodStock2009 di ragazzini, debitamente incelofanata e confenzionata in porzione singola take-away. Forse invece si rivelerà qualcosa di assolutamente inatteso. Ma questa sensazione, quest’eccitazione vibrante, è qualcosa di davvero prezioso: forse questa paura è la sensazione migliore che possiamo provare, la stessa che ci spinge nell’ignoto delle grandi montagne.

Beh andiamo a far benzina al Vampiro! Da domani a Domenica sono “in Valle”: se passate da quelle parti venite a salutarmi!

Davide “Birillo” Valsecchi

“Streetlight people
Livin’ just to find emotion
Hidin’ somewhere in the night.
Oh, the movie never ends. It goes on and on, and on, and on”

 

Birillo al MelloBlocco!!

Birillo al MelloBlocco!!

“Questa valle assomiglia incredibilmente alla Val di Mello”. Curioso come una frase possa rimanere scolpita nella mente per decenni. La pronunciò uno dei miei compagni di spedizione mentre risalivamo la verdeggiante valle di Mathan-Ther verso il lago Bhari, ai piedi della montagna di cinquemila metri che oggi porta il nome “Cima Asso”. Mi colpì perchè ero in Pakistan, ero ventenne, ma non avevo mai visto la Val di Mello, nonostante negli anni 90 fosse già decisamente famosa. A tremila metri di quota quella valle Pakistana era un giardino verde di pareti di granito, abitato solo da pastori che, vivendo in capanne di legno nell’ansa del fiume, non avevano mai visto nessuno straniero prima di allora.

Oggi, con una punta di tristezza, so che forse non rivedrò mai quella valle. La guerra in Afghanistan dopo l’11 Settembre ha travolto ogni cosa e la “mia” valle, che conduce ad un valico di confine, divenne un luogo di transito per i combattenti. Se un giorno riuscirò a tornarci sarà comunque impossibile rivivere quel luogo come un giardino incantato: uno spazio ignoto ed incontaminato dove, nel fiore speranzoso della giovinezza, la natura più intensa era cornice dell’incontro tra due culture. 

La mia esperienza in val di Mello è davvero limitata, negli anni ho percorso solo due vie: “Il Risveglio di Kundalini” e “Luna Nascente”. Da perfetti villici allo sbaraglio proventienti dall’Isola Senza Nome, Mattia ed io abbiamo tirato in conserva vincolata il tiro dell’Occhio del Falco ed il successivo perchè avevamo “mancato” una sosta (…che strana coppia siamo alle volte!). Il granito era stata un’esperienza affascinante, a volte inspiegabilmente facile, a volte curiosamente difficile: nonostante sia il tipo di roccia più diffusa al mondo io non ne sono affatto un esperto.

Arrampicare nella valle era per noi un’esperienza particolare: non eravamo abituati ad incontrare altre cordate, ad avere gente a spasso che ti tiene d’occhio dal basso. Ai Corni eravamo l’unica cordata in parete, spesso gli unici umani in tutta la montagna. In Valle mi sentivo sempre osservato, sempre a confronto con gli altri, innervosito da un ambiente sconosciuto con cui non riuscivo a trovare intimità. Poi tanta strada da fare in macchina, parcheggio a pagamento, coda in superstrada al rientro: no, non ho mai considerato la Val di Mello un luogo a cui legarmi.

Tuttavia un legame, ancora tutto da comprendere, probabilmente esiste. Il destino, forse divertito da tutti questi dettagli, ha infatti rimescolato le sue carte e realizzato l’improbabile: Birillo al MelloBlocco!

Il MelloBlocco, per chi non lo sapesse, è per eccellenza il più importante e conosciuto raduno internazionale di bouldering in Italia, una manifestazione che si svolge annualmente Val di Mello dal 2004. Una competizione che ha visto protagonisti i nomi mondiali più prestigiosi di questa disciplina …ed ora arrivo io, Birillo, nostromo di una ciurma di pirati dal calcare dell’Isola Senza Nome! Davvero incredibile!

Ovviamente non parteciperò come atleta, di certo questo no, ma il mio punto di vista sarà curiosamente interno all’evento. Dopo avere presentato l’Albero dei Chiodi al ValmaStreetBlock l’iniziativa del progetto RockHound.it ha riscosso davvero molto interesse. Con un semplice trespolo in legno avevo portato in mostra oltre un centinaio di differenti chiodi d’arrampicata. Probabilmente la collezione contemporanea più completa in circolazione.

Giovanni Viganò del negozio Sherpa di Ronco Briantino, incuriosito (e forse anche divertito) da questa mia stravagante idea di mostrare chiodi ai “sassisti”, mi ha invitato a partecipare nel suo stand durante i quattro giorni della manifestazione. Giovanni è un attento appassionato di montagna ed in questi mesi mi ha aiutato davvero molto nel mio progetto: non posso che essergli ulteriormente grato!

Beh, “Chiodi al Melloblocco”: sulle prime può sembrare un’idea strana, anche se a pensarci bene è incredibilmente sensata. Forse il chiodo rappresenta l’oggetto capace di simboleggiare il punto di unione e di passaggio del “gioco arrampicata” sui grandi massi con il suo successivo evolversi sulle grandi pareti che abbracciano la valle. Ancora oggi, sulle vie classiche, è il chiodo ad essere testimone di una storia che ha caratterizzato l’evoluzione dell’arrampicata italiana. Credo che l’esempio più eclatante possano essere alcune “soste in ferro battuto” delle classiche più famose, gioielli della tradizione destinati a diventare eterni, intoccabili e monumentali.

Confesso di essere intimorito per alcuni aspetti, la folla ed il clamore di una competizione di tale portata non sono certo il mio ambiente, sono abbastanza certo che a tratti mi sentirò spaesato come un pesce fuor d’acqua. D’altro canto sono incuriosito ed intrigato dagli incontri che il mio albero di chiodi saprà attrarre, dalle storie e dai racconti che mi permetterà di raccogliere. Fantastico sui “giovani” ed i “vecchi” che potrebbero venire a curiosare attorno ai miei chiodi. Davvero non ho idea di cosa accadrà: sarà un’esperienza decisamente inconsueta!

Quindi se partecipate al MelloBlocco passate a cercarmi: una chiacchiera amica sarà per me un grande supporto e sarò ben felice di mostrarvi i miei tintinnanti stecchetti! Onestamente non credevo avrei mai scritto una cosa simile ma… ci vediamo in valle!

Davide “Birillo” Valsecchi

www.rockhound.it – Il mercante di chiodi

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