L’Isola dei Bambini

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Bruna aveva bisogno di riposare, in qualche modo la luna piena aveva reso inquieto il sonno di tutti. Così, per lasciarla un po’ quieta, ho preso la nanerottola, l’ho infilata nello zainetto e sono uscito a far due passi. Quattro anni fa, appena arrivati a Valmadrera, un amico di Bruna venne a farci visita, con la moglie ed un bimbetto neonato. Aveva appena comprato uno zainetto porta-bebè e voleva provarlo con una piccola escursione. Non sapendo dove andare tutti insieme – disertando la supergettonata SanTomaso – avevo proposto di andare fino a Preguda per osservare Lecco ed il lago dall’alto. Il ragazzo è un coscritto di Bruna e quindi aveva circa dieci anni in meno di quanti ne abbia io oggi. Nonostante questo ricordo che arrivò alla chiesetta di San Isidoro completamente demolito e stravolto dalla fatica. “Vecchio, non obsoleto!”. Bene, io credo che i vecchi abbiano un istintivo bisogno di dimostrare ai giovani di non essere obsoleti. Questo istintivo bisogno li spinge a fare le cose più insensate e spesso dannose – tra queste vi è sicuramente arrampicare con il trapano sentendosi ganivelli di talento. Tuttavia, per quanto esecrabile, questo istinto colpisce più o meno tutti, me compreso. Infatti, da quel giorno, quando ho un paio d’ore per andare a spasso con la nana in spalla, la mia prima meta è sempre Preguda, ovviamente cerco di arrivarci sempre prima, sempre più in fretta, sempre più fresco ed ovviamente non faccio la “normale”, ma la diretta dal lago, quella “bella ripida”. Ormai anche la nanetta l’ha capito e si gode il tratto in piano osservando le pecore, le piante, i fiori. Quando iniziano i ripidi tornanti, quando la “giostra-umana” comincia a rimbalare sempre più lentamente tra sbuffi e sospiri, semplicemente si appoggia in avanti, con la testa sulla mia nuca, e si addormenta. Si sveglia solo sul prato di Preguda quando, appoggiato lo zaino, la sdradio sull’erba preparandole qualcosa da mangiare. Francamente non c’è un sentiero “sensato” da fare per raggiugnere Preguda con un carico “pesante” e “fragile” sulla schiena: il sentiero è troppo sconnesso, in alcuni punti sassi e rocce affioranti richiedono passo saldo e, nel caso del sentiero del lago, cadere e perdere l’equilibrio significa “rotolare abbasso”. Quindi non prendete il mio come un consiglio. Tuttavia la cappelletta di San Isidoro è stata costruita a ridosso di un grosso masso erratico che, in epoca antica, era sede di un culto pagano, un idolo alla fecondità. Il prato è sempre ben tenuto e siamo sulle pendici orientali del Moregallo. Quindi, per quanto mi riguarda, è un decisamente un buon posto. La nana apre da sola la tasca dello zaino e  si sbaffa una confezione intera di tarallucci accompagnandola con un succo di frutta. Di fatto è stata semplicemente seduta sulle mie spalle ma, a quanto pare, la faccenda le ha fatto venire un appetito da lupi. Così, finita la merenda, ci siamo fiondati verso casa fischiettando il motivetto di “Yellow Submarine” come una trionfale ed inarrestabile marcetta! We all live in a yellow submarine, yellow submarine, yellow submarine.

“…the Beatles were hard men too. Brian Epstein cleaned them up for mass consumption, but they were anything but sissies. They were from Liverpool, which is like Hamburg or Norfolk, Virginia – a hard, sea-farin’ town, all these dockers and sailors around all the time who would beat the piss out of you if you so much as winked at them. Ringo’s from the Dingle, which is like the f***ing Bronx. The Rolling Stones were the mummy’s boys – they were all college students from the outskirts of London. They went to starve in London, but it was by choice, to give themselves some sort of aura of disrespectability. I did like the Stones, but they were never anywhere near the Beatles – not for humour, not for originality, not for songs, not for presentation. All they had was Mick Jagger dancing about. Fair enough, the Stones made great records, but they were always s**t on stage, whereas the Beatles were the gear.” ― Lemmy Kilmister (Motörhead), White Line Fever: The Autobiography

Davide Birillo Valsecchi

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